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Testimonianze della vacanza estiva

da Nel Frammento anno XVI numero 3

“Se non siamo qui nella pressante emergenza del nostro bisogno, non saremo nemmeno con quell’apertura adeguata, con quell’attesa trepidante, con quell’urgenza di lasciarci incontrare ed afferrare dalla presenza di Gesù che ancora una volta ci sta venendo incontro. Ancora una volta, attraverso questo gesto, si china su di noi, chiedendo semplicemente di essere accolto, di essere accolto così come siamo, pieni solo del bisogno di lui” (Nicolino Pompei, Lui tagliò corto…).
Con questa amorevole insistenza sulla coscienza del nostro bisogno, sulla nostra fame e sete di Lui, siamo stati accolti e accompagnati da Nicolino nei giorni della vacanza estiva a Nocera Umbra. È stato un dono speciale della Grazia vivere giornate normali alla luce e in compagnia dell’Eccezionale, ridestati ad una continua vigilanza rispetto al “male” dell’abitudine, dell’assuefazione, definito da Péguy, ben peggiore dell’avere un’anima malvagia e perversa. È stata una vacanza che ha avuto interesse solo a “con-vertere” tutto di noi e della realtà, che ha tenuto dentro tutta la vita (fino al crollo del ponte di Genova o la morte di un caro amico accaduta proprio in quei giorni…) piuttosto che “di-vertere” da qualcosa da cui, comunque, non si può mai “staccare”, nonostante tutti i tentativi per riuscirci. Aver visto, vissuto di più l’esperienza di impareggiabilità di “attaccare” la vita a Cristo, è stata, per chi lo ha favorito, un’esperienza di entusiasmo, gratitudine e commozione, da cui scaturiscono anche queste testimonianze che desideriamo pubblicare.

ANGELA: La vacanza di quest’anno per me è stata un dono inaspettato. Nei mesi estivi ho desiderato tantissimo essere presente; il pensiero economico, la paura di non riuscire ad andare, la provocazione di fatti accaduti – come il crollo del ponte a Genova (potevo essere io una di quelle vittime) – hanno fatto sì che il mio cuore comprendesse quale tesoro fosse già questo gesto per me ancor prima di viverlo, chiarendo di più il bisogno che avevo di esserci per ME. L’insistenza dei miei figli (“Mamma ma andiamo in vacanza?”, “…Io voglio andare!”) sono stati per me un grande aiuto perché per loro non c’era altra priorità se non essere lì dov’erano i loro amici. E Gesù, si è chinato ancora su di me, ha ripreso l’iniziativa e, come ci ha detto Nicolino in quel “Vieni e vedi se c’è qualcosa di più grande di ME”, ha stimato e scommesso tutto sul mio cuore. Vivere la vacanza in tutto, dai giochi alla fraternità, dal cammino in montagna fino al ricevere, quei giorni, la notizia dalla morte del carissimo Franco (il papà di Cesare), faceva emergere di più il mio bisogno di Lui. Quanto vissuto è un aiuto oggi, è un parametro che mi permette di vivere la mia vita ogni giorno. La sera stessa del rientro dalla vacanza, dopo aver cenato e pregato, la signora da cui lavoro mi ha chiamata piangendo, dicendomi che era al pronto soccorso (è già molto malata) per un problema all’occhio; era molto spaventata e mi chiedeva di pregare per lei e la sua famiglia. Il Signore subito mi chiedeva, attraverso quella richiesta, di mostrare attraverso la mia vita l’esperienza che poche ore prima avevo vissuto e visto! In questi giorni mi accompagna un canto che ho ascoltato e conosciuto in vacanza: “… Ma Tu hai preferito me (con tutti i miei limiti, le mie paure) fra tutti quelli che hai incontrato, fra tutti i figli del creato,che hanno abitato la terra, il mare e il ciel. E tutto è nuovo adesso che mi hai scelto e mi hai chiamato, prezioso agli occhi tuoi perchéhai preferito, hai preferito me. Ora siamo qui, qui su un angolo del mondo, certi che ora c’è la Tua Presenza in ogni mio passo. Dove mi vorrai tu sarai con me per sempre certo che la vita è bella, perché Tu sei, Tu sei con me”.

KATIA: In vacanza, in un tratto del Vangelo del venerdì, “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’alberodi fichi”, ho visto di più quanto vive il Padre del figliol prodigo: mentre attende che il figlio ritorni, quando ancora è lontano, è lui a corrergli incontro. È questa l’esperienza che ho vissuto: il Signore mi vede, mi attende, non solo! È sempre Lui a prendere iniziativa perché io possa tornare da Lui. In quella settimana l’ho visto in circostanze, molto quotidiane, essendo semplicemente seria con il mio umano. Un giorno mi è stato chiesto di accompagnare parte del gruppo che non viveva il cammino fino al punto in cui ci saremmo incontrati con tutti gli altri guidando la macchina di un’amica. Io mi sono bloccata per la paura di non riuscire a guidarla, mi ero proprio impuntata col pensiero che non ce l’avrei fatta. Barbara e Daniela mi hanno aiutato a rimanere nella realtà:
io guido sempre la macchina, addirittura per molte ore e in strade molto trafficate, era impossibile non riuscire a farlo! Daniela mi ha ulteriormente accompagnato venendo con me in auto, facendomi sperimentare che il blocco vissuto era una mia immagine, non la realtà. Una sera, durante la fraternità, non ho trovato più Gabriele, il mio figlio più piccolo; si era allontanato senza che io me ne accorgessi, l’ho perso di vista alcuni minuti e non l’ho trovato più. L’ho cercato ovunque, nessuno l’aveva visto. Ho pensato di tutto, mi sono agitata, ma non ho pensato subito a quello che ci aveva detto Nicolino, da ultimo in quei giorni, cioè che lo sguardo del Signore è sempre su ognuno di noi. L’ho visto poco più tardi, quando Elena lo ha ritrovato che dormiva su un divano dell’hotel. Due circostanze diverse che mi hanno fatto vedere chi sono: sono sempre e solo una creatura bisognosa di essere salvata e redenta. Se faccio entrare uno spiraglio della Sua Luce – che in questi momenti è entrata sempre attraverso il volto dei miei amici – io, sempre la stessa, affronto e attraverso situazioni che da sola  non affronterei, col guadagno continuo di ritornare a chiedere Lui, a chiamare Gesù.

ELENA M.: Sono arrivata in vacanza piena di immagini: pensavo alla fatica che avrei fatto a stare nei ritmi o alle camminate a cui avrei dovuto rinunciare per problemi di salute. Ho pensato anche che non sarei stata caposquadra ai giochi ma la sera, durante la fraternità, sento chiamare il mio nome! “Ma come, Signore? Ancora? Sai che ho bisogno di riposo e mi dai questa ‘responsabilità’”? La mia testa era già occupata da mille pensieri, mi ritrovavo chiusa come un bimbo che non vuole obbedire. Seppur a fatica, ho lasciato aperto uno spiraglio e Lui è entrato e ha fatto luce. In squadra c’erano amici che conoscevo poco, con cui non avevo mai parlato, adolescenti schivi, in apparenza disinteressati, avvertivo tutta la fatica di tirarli dentro, come se avessi dovuto fare tutto da sola. “Gesù, perché non molli con me? Io mi defilerei, che cerchi da me?”. Eppure, in una piccola apertura, cedevo a Lui lasciandomi prendere e sorprendere proprio da quei ragazzi, da quegli amici, scoprendone un gusto infinito! E’ stato un crescendo. Una sera, per rappresentare il tema della vacanza, mi sembrava un arduo compito coinvolgerli. E invece, anche lì, Signore mi ha sorpresa! Abbiamo lavorato insieme, adulti e ragazzi, stupiti dalla bellezza con cui il Signore ci stava raggiungendo e parlando. Ci siamo ritrovati ad attraversare un tratto di un sermone di S. Agostino, citato nel volantino di Pasqua del 1996, stupendoci di aver ricevuto tale perla già vent’anni fa, nel quale un medico si rapporta con un paziente cieco. Ad un tratto si dice: “«Ti prego: lasciati curare. (…) Risplenderà per te quella luce di cui senti parlare coloro che hanno la vista (…). Quelli che vedono sono più felici di te. Sopporta quindi un po’ di dolore a fronte di tanta gioia». Se quello acconsentirà sarà curato e vedrà, se invece, come un folle nemico della propria salute, non acconsentirà, volendo vedere prima di esser curato, abbandonerà il medico”. Sono un’oculista, quest’esperienza la vivo da medico: spesso mi trovo a dover far ragionare alcuni pazienti, resi ciechi dalla paura di affrontare delle cure che, rimandate per anni, aggravano la loro condizione.
Il Signore mi chiedeva di ribaltare lo sguardo e vedere me in quel paziente, vedendo quanto io resisto al Signore occupando il cuore con il deleterio “già saputo”. Lui desidera entrare per aiutarmi, guarirmi. Lui mi invita liberamente, ragionevolmente: “Vieni, seguimi! Accogli ciò che ti dico, quello che ti propongo, sii coinvolto con tutto il tuo umano e verifica, giudica, vedi se c’è qualcosa di più grande, di più pieno, di più compiuto, di più bello, di più umano, di più corrispondente alle esigenze del tuo cuore, al tuo più profondo bisogno, di più capace per affrontare tutto, della Mia presenza, di Me”. Eccola l’esperienza del “Vieni e Vedi”: accadeva proprio lì, grazie a quel lavoro e a quegli amici! Che meraviglia! Mi sentivo finalmente ribaltata! Ancora oggi ogni tanto vado a rigustarmi un tratto donato in quei giorni, come “tesoro” dei giochi vissuti una mattina: “Come è facile sbagliare, tradire, strapparci dal bene… noi sappiamo quanto è facile… e sentiamo impossibile questo ritornare alla vita e al bene. È infatti impossibile, se non perché è il Sommo Bene che nella sua misericordia ci viene incontro e ci riammette continuamente a Lui nella presenza di Cristo… Ma se già nella mendicanza e nel desiderio la vita è investita e risollevata dalla Sua pietà che è Misericordia, che sarà quella di chi lo trova, lo riconosce e lo lascia entrare?” (Nicolino Pompei, La bocca non sa dire…).