Una madre per tanti piccoli
“Essendo Gesù la misericordia per essenza, ha bisogno dei miseri su cui riversarla. Confortante pensiero! Il Signore ha bisogno di noi!”. Chi scriveva queste parole è madre Celestina della Madre di Dio, al secolo Maria Anna Donati (1848-1925) nelle sue Meditazioni sulla Passione di Gesù, raccolte a cura di padre Carlo Cremona.
Ella aveva intuito che la più grande opera di Dio non era stata la creazione, ma la redenzione. Scoprendo la misericordia divina, madre Celestina scoprì di conseguenza il prossimo. La carità non rimase in lei un concetto astratto, ma si rese tangibile nella sua vita quotidiana, orientando le sue azioni e le sue parole. Con la gioia di chi ha trovato la perla preziosa, cercò la via che la Provvidenza le aveva preparato. La realtà ben presto le offrì la possibilità di rendersi strumento di bene per i fratelli. Davanti alla tragica situazione in cui all’epoca versava l’infanzia, la religiosa scelse di assistere i bambini poveri e abbandonati, educandoli e offrendo loro la possibilità di un futuro migliore.
Per alimentare la sua via spirituale attinse alla fonte del carisma di san Giuseppe Calasanzio, guidata in questo dallo scolopio Celestino Zini, poi arcivescovo di Siena. Per dare stabilità alle sue opere fondò la Congregazione delle Figlie povere di san Giuseppe Calasanzio (Suore Calasanziane). Era il marzo 1889, quando all’insegna dell’estrema povertà e semplicità, madre Celestina riuscì a radunare intorno a sé delle giovani desiderose di servire Cristo nei più poveri. Le prime quattro compagne si sentirono interpellate dall’estremo disagio in cui versavano numerose bambine. Accadeva spesso, infatti – sia perché la famiglia non si occupava di loro, sia perché erano lasciate senza educazione – che in pratica venissero condannate a un’esistenza di espedienti e fatiche.
Consapevole che occorreva dare una testimonianza concreta al Vangelo, il 28 dicembre 1889, la religiosa volle aprire una scuola popolare esterna in Firenze. Era un primo passo, la prima opera di una lunga serie.
Il contatto con i bisogni della società e con i drammi familiari, spinsero madre Celestina a dare vita ad altre realtà caritative ed educative. Un giorno una mamma bussò alla porta di casa Donati per chiedere se poteva affidarle la figlia, oggetto di violenza da parte del padre. La religiosa accolse questa prima piccola come un segno della volontà di Dio che la sollecitava ad agire in quella direzione. E ben presto alla scuola popolare esterna affiancherà un collegio per bambine. Creò così un ambiente familiare, dove le piccole poterono trovare quell’affetto e quella dedizione materna di cui avevano immenso bisogno. Affidando delle bambine alle sue suore disse: “Ve le raccomando. Vedete? Queste povere bambine non hanno nulla, sono prive di tutto. Voi dovete vedere in loro l’immagine di Gesù. Pensate, queste creature diverranno ciò che voi le farete! Il loro avvenire è nelle vostre mani”.
Vedendo il pericolo a cui erano sottoposte le ragazze povere, che trascorrevano le giornate nelle strade della città, decise di aprire una scuola di arti e mestieri per dare loro la possibilità di imparare un lavoro. La Chiesa incoraggiò gli sforzi e i progetti di madre Celestina e, il 20 ottobre 1892, l’allora arcivescovo di Firenze, il cardinale Agostino Bausa, approvò la sua opera. La congregazione ebbe un notevole incremento, tanto che fu necessario trovare un nuovo alloggio per ospitare le sempre più numerose ragazze assistite. Nell’ottobre 1898 venne aperta una casa laboratorio, dove le bambine potevano esercitarsi e apprendere un mestiere.
Il 24 giugno 1899 madre Celestina e le prime compagne emisero la professione religiosa perpetua. In quell’anno avvenne anche la prima fondazione di una casa dell’istituto fuori Firenze. Si trattò della casa dell’Ardenza (Livorno). Questa fondazione dette inizio all’assistenza delle figlie dei carcerati, che divenne una delle missioni specifiche della Congregazione. D’altra parte, la madre stessa, figlia di un giudice, conosceva bene i problemi e le sofferenze di coloro che avevano commesso reati e avevano a che fare con la giustizia. Intanto, nel 1899 lo scolopio Alfonso Maria Mistrangelo venne nominato arcivescovo di Firenze. Con il 1900 madre Celestina dette impulso a quella che sarà una delle caratteristiche fondamentali del suo carisma: il culto eucaristico. Nella chiesa attigua alla casa di via Ghibellina, venne inaugurata l’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. L’eucaristia occuperà da quel momento in poi un posto centrale nella vita della religiosa, insieme alla spiritualità del Calasanzio. Negli anni successivi le opere promosse ebbero una notevole diffusione e la congregazione vide i suoi membri aumentare costantemente. Nel 1908 venne fondata una casa a Genova, la prima al di fuori della Toscana. Nel marzo 1910, la Santa Sede concedette il Decretum laudis per l’approvazione delle regole e l’anno seguente Pio X approvò definitivamente l’Istituto. Nel 1923 la madre fondò una casa in Roma per accogliere le bambine abbandonate, continuando senza posa la sua vita di carità fino alla morte il 18 marzo 1925. Se la sua vicenda terrena si concluse in quel giorno, la sua eredità continua a fecondare il lavoro apostolico e caritativo delle sue figlie che ne perpetuano il ricordo e l’azione.
Molti studiosi, oltre padre Cremona, si sono occupati della figura e dell’opera di madre Celestina, e molti hanno avuto contatti diretti con lei. Basti ricordare il poeta Giulio Salvadori, che nel 1923 conobbe personalmente madre Celestina. In quel periodo, il futuro servo di Dio stava trascorrendo un soggiorno al mare ad Antignano e lì incontrò la religiosa per la prima volta. Nacque una profonda amicizia, tanto che Salvadori fu molto vicino all’opera della madre Celestina. Infatti a lui è stata intitolata l’oasi calasanziana di Milano.
Rassegna Stampa
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