Un embrione, tre genitori: è l’uomo «da laboratorio»
Nei laboratori dell’università di Newcastle, in Gran Bretagna, sono stati prodotti embrioni con il Dna di tre persone diverse, in particolare un uomo e due donne. Dopo sei giorni dalla produzione gli embrioni prodotti sono stati distrutti. L’ovulo della donna A è stato dapprima fecondato e poi è stato prelevato il nucleo contenente sia i cromosomi femminili sia quelli maschili e lo si è inserito in un ovulo della donna B precedentemente denucleato. In tal modo si è usato il Dna del nucleo della donna A e il Dna mitocondriale della donna B. Lo scopo dichiarato di questa operazione è quello di prevenire le patologie causate dal Dna mitocondriale della donna A, che con questa tecnica viene eliminato, dato che si usa quello della donna B. La tecnica è un misto di fecondazione artificiale e di clonazione.
La notizia dovrebbe sorprendere e anche sconvolgere per la sua evidente irrazionalità e immoralità.
Ma è già presente il rischio che si produca un’assuefazione di fronte ai continui annunci di esperimenti sugli embrioni. Infatti in Gran Bretagna la notizia non ha suscitato grande attenzione.
La giustificazione morale di questa “nascita a tre” è quella ricorrente: si tratterebbe di tentativi finalizzati a evitare gravi malattie provocate da difetti del patrimonio genetico, quindi la motivazione sarebbe quella terapeutica.
Cominciamo a osservare che gli embrioni prodotti sono stati distrutti.
Non c’era alcuna famiglia portatrice di malattie genetiche che aveva chiesto di avere un figlio sano. L’esperimento è stato fatto solo per vedere se si era capaci di compiere l’operazione dal punto di vista tecnico. Ma in tal modo sono stati creati embrioni la cui destinazione certa era la morte. Creare embrioni per poi distruggerli, dopo averne ricavato una qualche informazione, è una pratica ritenuta immorale anche dai ricercatori che non riconoscono all’embrione il valore di persona. Qui ci troviamo di fronte a un estremismo biologista, per cui non ci sono limiti morali nella ricerca sull’embrione, considerato solo come una “quantità cellulare”.
A questa prima osservazione occorre aggiungere il richiamo a un principio morale fondamentale, per cui non è lecito uccidere una persona al fine di ottenere informazioni per curare altre persone umane. La scienza stessa, poi, ha dimostrato, con le recenti scoperte sulle cellule staminali adulte, che è possibile ottenere risultati terapeutici superiori mantenendo il rispetto dell’embrione.
Quindi occorre che quella parte di ricercatori che invocano una libertà assoluta abbiano l’umiltà di sottoporsi alla valutazione etica del loro operato e che cessino con la pretesa di far digerire ogni operazione, anche la più arbitraria, sotto il pretesto della finalità terapeutica. Le finalità terapeutiche vanno perseguite nel rispetto di tutte le persone, compresi gli embrioni.
Per non cadere nella trappola di considerare inevitabile tutto ciò che ci viene proposto dai ricercatori più spregiudicati dobbiamo fare chiarezza sul meccanismo con cui opera la scienza dei laboratori di biologia.
Usiamo un’immagine facilmente comprensibile: il celebre gioco del Lego. Oggi siamo arrivati a questo punto anche nei laboratori: si possono costruire tante figure usando i «mattoncini». Con la precisazione che le figure sono embrioni umani e i mattoncini sono gli spermatozoi e gli ovuli e il loro Dna. Si gioca, si prova, si vede che succede, si ottengono i finanziamenti, perché si dimostra che si è bravi, e si distruggono gli embrioni. Per fare ciò è necessario eliminare ogni prospettiva morale sul valore della persona umana. Ma per eliminare ogni prospettiva morale bisogna dire che l’uomo è solo materia. In tal modo la scienza compie un’operazione disonesta, si trasforma in filosofia e lo fa senza dirlo e senza mettersi in discussione. Lo fa non con la forza della verità, ma con la forza brutale e menefreghista che viene alla scienza dagli imponenti finanziamenti che le permettono di procedere, comunque vada il dibattito etico. Sicuri che alla fine la politica darà ragione alle prospettive di guadagno economico.
In questo senso esiste una chiamata di assunzione di responsabilità per la politica e per i politici, che hanno l’alto compito costruire società in cui sia salvaguardata la dignità di tutti gli uomini.
Infine non possiamo tralasciare il fatto che questo approccio materialistico distrugge anche il senso della generazione umana. Infatti con questo tipo di esperimenti cellulari e genetici non esistono più i genitori, ma solo individui portatori di cellule, che vengono prelevate per i bisogni del ricercatore di turno. Essere spossessati della propria dignità di persona ed essere considerati materiale biologico significa non essere più genitore, ma riproduttore. Non è solo il figlio ad essere ridotto a oggetto, ma gli stessi eventuali genitori vengono ingannati nel profondo della loro persona, perché trattati alla stregua di cose biologiche.
Se ci chiediamo come mai i nostri contemporanei siano così condiscendenti con le pretese assurde di questi ricercatori estremisti, troviamo la risposta nella funzione ansiogena della scienza stessa. La scienza ci mette in testa e nel cuore la paura delle malattie, anche di quelle meno gravi, e l’assoluta necessità di un figlio sano. In tal modo si trova sempre la giustificazione e il sostegno per continuare anche la ricerca più aberrante.
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