Udienza sulla questione del crocifisso
Il 30 giugno la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, composta da 17 giudici, presieduti da Jean-Paul Costa, ha tenuto un’udienza straordinaria sul “Caso Italiano del Crocifisso”, Lautsi v. Italia (domanda n. 30814/06), riguardante il diritto dell’Italia di esporre i Crocifissi nelle aule delle scuole pubbliche.
Durante il procedimento davanti alla “Grande Chambre”, il rappresentante legale di Soile Lautsi, l’avvocato italiano Paoletti, ha esposto le proprie argomentazioni a favore del “secolarismo”, mentre il governo italiano si è pronunciato in difesa della libertà religiosa e del suo diritto di esprimere il suo patrimonio esclusivo e la sua identità attraverso l’esposizione dei crocifissi nelle scuole statali.
Il governo italiano ha considerato che la mera presenza di un simbolo non può essere in alcun modo interpretata come proselitismo o indottrinamento e non ha infranto il diritto di libertà di coscienza dei bambini né quello dei loro genitori. Il magistrato italiano, Nicola Lettieri, rappresentante il Governo, ha affermato che «l’unico punto d’incontro in Europa riguardante la relazione tra Stato e Chiesa è la distinzione e l’autonomia nelle questioni temporali e spirituali». Ciò significa che l’Italia, come l’Inghilterra, la Francia e altri Stati membri, ha la libertà di scegliere se privilegiare una determinata religione, come il Cristianesimo, purché tutti i cittadini abbiano il diritto di libertà di religione, di credere o non credere. Il legale della signora Lautsi, dal canto suo, ha citato Voltaire, presentando la sua visione del secolarismo totale, e ha affermato che egli considerava la presenza del crocifisso come un’espressione della «tirannia della maggioranza».
Rilevante nell’udienza è stato l’intervento di Joseph Weiler, professore di Diritto presso la New York University School of Law, che ha rappresentato numerosi Stati membri intervenuti nella questione come Amicus curiae in difesa del Crocifisso. Il prof. Weiler ha affermato: «Il messaggio di tolleranza verso l’altro non dovrebbe essere tradotto in un messaggio di intolleranza verso la propria identità».
Weiler ha fatto notare che viviamo in un periodo in cui, proprio a causa di una forte tolleranza e di modelli di migrazione all’interno e all’esterno dell’Europa, la coesione democratica della società dipende dalla capacità di difendere i simboli nazionali attorno ai quali può unirsi tutta la società. Sarebbe uno strano risultato se, in questo scenario, come conseguenza della tolleranza dello Stato ospitante che apre le proprie porte a tale migrazione, nel pieno rispetto della libertà di religione della società e della sua libertà dalla religione, lo Stato abbandonasse i simboli nazionali e togliesse dalla propria identità culturale ogni simbolo che ha anche un significato religioso.
Sarebbe strano anche in circostanze in cui la maggioranza della popolazione, che potrebbe essere secolare, accettasse questo comportamento a causa del suo significato storico. Weiler ha insistito sul fatto che la tolleranza verso una determinata visione non dovrebbe portare all’intolleranza contro l’altro. Ha anche spiegato che parte di ciò che rende l’Europa così ricca e unica è la sua capacità, da un lato, di avere rispetto per la libertà religiosa di tutti e, dall’altro, di saper coltivare le sue diverse identità. Soile Lautsi, ha insistito perché la Corte affermi che la “laicité” (il secolarismo è previsto dalla legge nella sfera pubblica) è necessaria per rispettare la libertà religiosa.
La decisione non verrà resa nota prima dell’autunno, se non alla fine dell’anno.
È interessante notare che in totale sono stati 14 gli Stati membri del Consiglio d’Europa che si sono opposti alla decisione iniziale difendendo l’Italia.
Il professor Weiler si è espresso in rappresentanza dell’Armenia, della Bulgaria, di Cipro, della Grecia, della Lituania, di Malta, del Principato di Monaco, della Romania, della Federazione Russa e di San Marino. Oltre a questi dieci Paesi, che hanno ufficialmente preso parte al caso, altri hanno dato il loro ufficiale sostegno al Crocifisso.
Tra questi l’Ucraina, la Moldavia, l’Albania e la Serbia. Una partecipazione così ampia è senza precedenti, a dimostrazione dell’importanza della questione per tutta l’Europa, anche se è da lamentare che si tratti per la maggior parte di Stati di religione ortodossa e che le principali nazioni cattoliche, dall’Irlanda alla Polonia, dalla Francia al Portogallo, non abbiano sentito il dovere di sostenere il diritto all’esposizione pubblica del Crocifisso.
L’udienza è disponibile sul sito della Corte (http://www.echr.coe.int). A Strasburgo, lo European Centre for Law and Justice (ECLJ), che ha seguito tutta la vicenda, è uno studio legale internazionale affiliato all’American Center for Law and Justice (ACLJ), che si dedica alla difesa dei diritti umani e alla libertà religiosa in Europa e nel resto del mondo.
Rassegna Stampa
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