Togliere Cristo dai muri è come vergognarsi della nostra identità
Sta per passare in Spagna una legge contro i crocefissi. La vogliono i socialisti riuniti in congresso a Madrid. Josè Luis Zapatero deciderà se farla sua oppure no. Ma tutto dice che procederà per affermare l’«assoluta laicità e aconfessionalità dello Stato». L’ideologia zapaterista porta necessariamente a questo passo che ricorda tanto che religione repubblicana della Dea Ragione promossa nell’ottocento in Francia dai massoni e dai rivoluzionari. Secondo il Psoe (il Partito socialista operaio spagnolo) i giovani vanno educati a «un’etica pubblica basata sui valori costituzionali e la dichiarazione universale dei diritti umani». Si tratta di un atto simbolico. I crocefissi andranno rimossi dagli edifici pubblici, non si giurerà più avendo davanti a sé l’emblema del cristianesimo. Inoltre non potranno più esserci funerali di Stato che abbiano al loro centro la messa.
Apparentemente: poco male. La croce è appesa in luoghi dove a nessuno importa dell’insegnamento di Gesù Cristo che è stato appeso quel legno. Del resto, croce o non croce, si dice che la religione sia un fatto della coscienza individuale, e la fede una dimensione intima. E le cose interiori non hanno bisogno di parametri e cerimonie sotto le insegne dello Stato. Giusto. Non tiene conto di un piccolo particolare. Gli uomini hanno bisogno di segni, di qualcosa o di qualcuno che ricordi la loro identità profonda, la quale è insieme individuale ma anche sociale. L’identità non è apparato di forme secche o di retoriche senza profumo. L’identità è il nostro nome pronunciato da nostro padre e nostra madre. E in quel nome c’è dentro la tradizione, i suoi affetti e valori. E dalle nostre parti il cristianesimo, anzi il cattolicesimo sono qualcosa di più di una religione tra le altre. Sono la cifra della nostra identità di popolo. Nascondere i crocefissi, vergognarsene, limitarli alla privatezza, significa vergognarci del nostro volto. Alla lunga la laicità così come viene impostata da Zapatero da varie centrali laiciste in Italia diventa a sua volta religione: la religione dei diritti umani. Non si capisce bene su che cosa si fondino, per altro. Di certo somigliano tanto alla corda cui sarà impiccato l’Occidente e la sua libertà. Infatti rinunciare al riconoscimento della Croce, come chiave di lettura della nostra civiltà, significa aprire la strada all’invasione di religioni dove l’idea di libertà non esiste e neanche quella di distinzione tra potere politico e autorità religiosa. Con idee come quelle di Zapatero, rappresentate in Italia da chi ha messo in condizione Benedetto XVI di non andare all’Università La Sapienza di Roma, si finisce, in nome della libertà da ogni vincolo e tradizione, di lasciare la strada aperta all’intolleranza. Si finisce per strappare le radici positive della nostra convivenza, dove l’altro è rispettato in quanto persona singola e unica, proprio grazie alla memoria di quell’uomo appeso sulla croce, che adesso si vorrebbe, in nome dell’uguaglianza delle religioni, infilare di nuovo nelle catacombe.
Basterebbe un po’ di sano realismo per accorgersi della stupidaggine che inzuppa le mosse degli occultatori dei simboli cattolici. Ho amici i quali prima vedevano quali residui pagani la devozione per i segni religiosi quali la croce o le immagini della Madonna pitturate agli angoli delle strade. Poi si sono accorti che la croce, minacciata di essere strappata via, apparteneva alla loro intimità. Magari atei. Ma la croce pubblica era ed è segno della loro identità personale. Mi vengono in mente Vittorio Feltri e Oriana Fallaci. Non ci leveranno il crocefisso
Rassegna Stampa
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