Segno d’amore e di speranza
È rimasta Lei a vegliare, appoggiata sui gradini della chiesa di Santa Caterina. Per sottrarla ad altri possibili crolli, don Ivan è rimasto sotto le macerie. Una scossa improvvisa, a cui nessuna precauzione ha potuto far fronte, se l’è preso. Ora, questa piccola statua della Vergine, è più che mai un invito alla memoria e insieme una domanda. A chi diamo la nostra vita? Nelle mani di chi la mettiamo, ogni giorno, all’inizio di ogni nostra azione? A Lei Benedetto XVI, giungendo a Rovereto di Novi, ha rivolto il suo primo saluto. La Vergine, che don Ivan si era preso amorevolmente tra le braccia, ha certamente, nell’attimo del crollo, invertito la situazione e preso tra le Sue materne braccia l’uomo che Le offriva la sua vita. Maria: non un’immagine o una statua. Bensì una Presenza viva che risponde. Le braccia della Chiesa, che oggi attraverso il Papa è giunta prossima agli abitanti delle zone terremotate, sono oggi le braccia della Madre e di Suo Figlio. “Dio è per noi rifugio e fortezza, / aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce. / Perciò non temiamo se trema la terra, / se vacillano i monti nel fondo del mare”. Le parole del salmo, ha detto Benedetto XVI, mi colpiscono “per ciò che affermano riguardo al nostro atteggiamento interiore di fronte allo sconvolgimento della natura: un atteggiamento di grande sicurezza, basata sulla roccia stabile, irremovibile che è Dio. Noi “non temiamo se trema la terra» – dice il salmista – perché “Dio è per noi rifugio e fortezza”, è “aiuto infallibile … nelle angosce. La sicurezza di cui parla è quella della fede, per cui, sì, ci può essere la paura, l’angoscia – le ha provate anche Gesù, come sappiamo – ma c’è, in tutta la paura e l’angoscia, soprattutto la certezza che Dio è con noi; come il bambino che sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà, perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada. Così siamo noi rispetto a Dio: piccoli, fragili, ma sicuri nelle sue mani, cioè affidati al suo Amore che è solido come una roccia”. La vittoria sulle apparenze è il dono della speranza e la positività di un Amore che non abbandona, anche nella prova dolorosa che pur permette. Dai primi giorni del terremoto, ha esordito il Papa, “sono stato sempre vicino a voi con la preghiera e l’interessamento . Ma quando ho visto che la prova era diventata più dura, ho sentito in modo sempre più forte il bisogno di venire di persona in mezzo a voi”. Benedetto XVI non si è accontentato della carità offerta con l’aiuto economico di 500 mila euro per le famiglie terremotate, ha voluto di persona raggiungere i luoghi della sofferenza, incontrare chi è stato colpito, vedere di persona le ferite inferte alle case, ai luoghi di lavoro, alle chiese. Colpisce il numero delle chiese distrutte. Quasi ovunque, sul territorio colpito, si celebra all’aperto. Il Papa ha assicurato che la Chiesa si impegnerà anche per la “ricostruzione del terreno comunitario delle parrocchie”. Perché sulla roccia che è Dio Amore, possano rinascere quello spirito di solidarietà, l’umanità, la socievolezza e la laboriosità unita alla giovialità che il popolo italiano ha dimostrato nel dopoguerra. “Rimanete fedeli alla vostra vocazione di gente fraterna e solidale, e affronterete ogni cosa con pazienza e determinazione, respingendo le tentazioni che purtroppo sono connesse a questi momenti di debolezza e di bisogno. Non siete e non sarete soli”. L’abbraccio della Madonna, che veglia su chi deve affrontare la fatica e il coraggio della rinascita, si riflette e continua nella condivisione, da parte di ciascuno di noi, del bisogno di chi è stato colpito dal terremoto.
Rassegna Stampa
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