Quei bambini come cavie
Sperimentazione illegale di farmaco su 200 bambini: 11 deceduti durante la somministrazione del medicinale, gli altri colpiti da forme invalidanti permanenti. Il tutto condotto in gran segreto, occultando i fatti per 11 anni. Un vero giallo, con tanto di lettere di autorizzazione alla sperimentazione contraffatte e di un rapporto scomparso nel nulla per cinque anni.
Non è il nuovo thriller di John Le Carré, ma somiglia alla storia raccontata nel suo romanzo Il giardiniere tenace. Quella di cui parliamo è una vicenda reale, che oggi vede il Governo federale nigeriano e quello dello Stato di Kano (dov’è avvenuta la sperimentazione) accusare davanti alla magistratura il colosso americano Pfizer, con la prossima celebrazione (le prime udienze dei giorni scorsi, li hanno rinviati a ottobre) di quattro processi – due penali e due civili – e richieste di risarcimento per 10 miliardi di dollari (circa 7 miliardi di euro).
Va detto che, se la notizia sta facendo il giro del mondo, il merito principale è del Washington Post, che non solo ne parlò nel 2000 quando 30 famiglie nigeriane fecero causa negli Usa alla Pfizer (inutilmente, perché il giudice federale si dichiarò incompetente), ma anche ora, perché il giornale è entrato in possesso di un fantomatico rapporto del 2001, commissionato dal ministero della Sanità nigeriano, rimasto occultato per cinque anni; e di alcuni documenti interni alla casa farmaceutica, dai quali risulta che 11 bambini morirono nel corso della sperimentazione (il dossier, tuttavia, non indica un legame fra la causa del decesso e il farmaco).
Ebbene, la vicenda inizia nel 1996. Nello Stato di Kano (Nord Nigeria) è in corso un’epidemia di meningite. Colpirà, in tutto, oltre 15.000 persone, tra cui molti bambini. L’Organizzazione mondiale della sanità lancia l’allarme. I primi a giungere in soccorso sono i volontari di Medici senza frontiere (Msf), che cominciano a curare i pazienti con i medicinali normalmente usati all’epoca per la meningite. Di lì a poco giunge un team di medici della Pfizer, che si offre di dare un aiuto a fronteggiare l’epidemia.
Che cosa accade? Secondo l’accusa, ossia l’avvocatura dello Stato di Kano e della Nigeria, la squadra medica della Pfizer seleziona 200 bambini per provare il Trovan, un antibiotico ancora sperimentale, mai testato su esseri umani, ritenuto efficace nella cura della malattia. A 99 di questi bambini viene somministrato il Trovan e ad altri 101 il Ceftriaxone, un farmaco già in commercio che permettesse di avere un confronto sull’efficacia di quello sperimentale, come si fa in tutti i protocolli. Sempre secondo l’accusa, il farmaco di controllo viene somministrato in dosaggio inferiore al necessario, per enfatizzare l’efficacia del Trovan. Risultato? Gli avvocati dello Stato sostengono che cinque bambini trattati col Trovan e altri sei trattati con l’altro medicinale sono morti. Inoltre, accusano la Pfizer di non aver ottenuto alcuna autorizzazione dalle autorità nigeriane e di non aver informato genitori e parenti dei bambini.
Accuse gravissime. Che l’azienda farmaceutica statunitense rigetta totalmente. I legali della Pfizer (che finora non si sono mai presentati in tribunale) hanno fatto sapere, tramite comunicati, che il Trovan era in fase avanzata di sperimentazione – già testato, dicono, su 5.000 pazienti – e che le autorità governative erano a conoscenza di tutto, al punto che c’era l’autorizzazione della Nafdac, l’agenzia nigeriana per i medicinali. Aggiungono di aver ottenuto consenso verbale dai familiari, non potendolo ottenere scritto perché analfabeti.
Così, se l’accusa imputa alla Pfizer (sul banco degli imputati è la succursale nigeriana, la Pfizer international limited) 23 reati, tra cui omicidio, condotta non etica, circonvenzione, frode e falsificazione, e insiste sul fatto che l’intervento in occasione della crisi sanitaria non era per «scopi umanitari né filantropici, ma meramente commerciali», l’azienda farmaceutica si dichiara del tutto innocente «avendo agito in maniera responsabile, coerentemente con la legge nigeriana e con il consueto impegno per la sicurezza dei pazienti».
Perché se ne parla oggi, 11 anni dopo i fatti? Perché solo l’anno scorso una fonte anonima ha fatto avere il resoconto dell’inchiesta governativa condotta nel 2000 e misteriosamente mai reso noto. L’indagine era stata realizzata dopo che il Washington Post aveva pubblicato la notizia della causa intentata negli Usa da 30 famiglie nigeriane che avevano perduto i figli. In quel testo già erano state evidenziate le accuse, finite oggi in tribunale. Non tutte. Si è aggiunta quella di falsificazione della lettera di autorizzazione alla sperimentazione: risulta che fu creata dopo, e retrodatata, da un medico nigeriano. Così come è emerso solo ora che l’esperto di malattie infantili della Pfizer, che aveva espresso parere contrario alla sperimentazione in Nigeria, era stato licenziato.
Quanto al Trovan, l’Fda (l’agenzia statunitense di controllo dei farmaci) ne approvò la vendita nel 1997, ma solo per gli adulti, e nel 1999 diramò un avviso a tutti i farmacisti sul rischio di tossicità per il fegato legato all’uso del farmaco. In Europa non ne è mai stata autorizzata la commercializzazione.
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