«Penso a Santa Sofia, sono molto addolorato»
«Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato». Papa Francesco rompe a sorpresa il silenzio e (finalmente) condanna la decisione della Turchia di trasformare in moschea Aghia Sophia, un tempo basilica bizantina e poi moschea dopo la conquista ottomana e poi ancora, dal 1934 museo. Una decisione controversa e tanto criticata dalla comunità internazionale, dalle chiese ortodosse e dall’Unesco ma finora non dal Vaticano. L’organismo dell’Onu che tutela i siti d’arte nei giorni scorsi aveva diffuso un comunicato in cui lamentava la decisione unilaterale e inaccettabile della Turchia (per i metodi) di ripristinare il luogo di culto islamico.
La ex basilica bizantina è un sito simbolico, patrimonio dell’umanità e da oggi, probabilmente, non più visitabile nella sua interezza. Quasi certamente verranno oscurati con panneggi anche tanti mosaici inerenti alla iconografia cristiana come il grande Cristo Pantocrator.
Papa Francesco ha aggiunto al testo domenicale una breve frase a braccio durante la fine dell’Angelus, rispetto al documento di lavoro distribuito ai giornalisti. «Il mio pensiero ora va un po’ lontano e va ad Istanbul. Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato». Pochissime parole ma sufficienti a fermare le critiche che gli erano piovute addosso da mezzo mondo cristiano (dalle chiese ortodosse, a quelle orientali e da molti fedeli disorientati per il silenzio del Pontefice anche sulle mosse internazionali di Erdogan in Siria, nelle acque territoriali di Cipro o in Libia).
Finora l’annuncio della trasformazione in moschea di Santa Sofia aveva registrato tantissime prese di posizioni contrarie, con un’assenza clamorosa: quella del Vaticano. C’erano persino stati due siti ortodossi, orthodoxia.info e Orthodox Times che avevano condannato il “triste silenzio” di Papa Francesco riguardante la vicenda dell’ormai ex-museo di Santa Sofia dopo la decisione della Corte suprema turca.
Le Chiese cristiane che aderiscono al World Council of Churches (350 Chiese in più di 110 Paesi, rappresentanti di mezzo miliardo di fedeli) hanno inviato al presidente turco una lettera di fuoco. «Nell’interesse della promozione del rispetto reciproco, del dialogo e dela cooperazione, e al fine di evitare di coltivare animosità e divisioni, noi con urgenza le lanciamo un appello di riconsiderare la sua decisione e di ripristinare la situazione di prima».
Rassegna Stampa
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