Padre Pio, polemica storica
“Storici dilettanti”! “Un record di errori concentrati, di natura prettamente storica”! E’ al calor bianco la polemica che oppone il professore Sergio Luzzatto, autore di “Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento”, e Saverio Gaeta e Andrea Tornielli, autori di “Padre Pio. L’ultimo sospetto”, edito da Piemme, un testo in cui i due giornalisti analizzano criticamente l’opera dello studioso torinese. La polemica ha coinvolto anche un commentatore del calibro di Vittorio Messori, sulle pagine del Corriere della Sera. E in effetti visto il tenore delle riserve avanzate nei confronti del libro dello “storico” è difficile non nutrire delle perplessità sul metodo da lui seguito, e soprattutto sull’equilibrio dell’immagine che ha voluto dare del frate di San Giovanni Rotondo. A partire dal rievocare la vecchia, superata storia dell’origine “chimica” delle stigmate, già esaminata nel corso dei decenni, e approfonditamente sviluppata, risolta (in maniera favorevole a padre Pio) nella ponderosa “Positio” sulla causa di beatificazione e canonizzazione, di cui Luzzatto non sembra, nonostante sia ormai di dominio pubblico, a conoscenza. E’ vero che è una mole di documenti, in otto volumi; e posso garantire, avendola letta tutta qualche anno fa, per trovare il materiale su due volumi specifici su padre Pio, spesso è un cammino faticoso e impervio; ma come si fa a non prenderne visione, volendo scrivere una biografia? E avrebbe trovato cose interessanti, come i testi dei bigliettini che padre Pio si scambiava con la sua figlia spirituale Cleonice. Che le stigmate, sanguinanti per decenni, senza suppurazione o infezioni, e scomparse gradualmente nell’ultimo periodo di vita di padre Pio, senza lasciare cicatrici (come sembra confermi l’apertura della bara di queste ore) siano non un problema devozionale, ma scientifico, pare abbastanza evidente. E forse, se si fosse visto come l’indagine della Chiesa, durata decenni, e condotta in periodi in cui padre Pio a Roma era visto come il fumo negli occhi, abbia sgomberato il campo da ogni dubbio di frode o inganno, la figura di quello che Luzzatto definisce, in maniera irridente, “il piccolo chimico” sarebbe uscita ben diversa. E anche quella dell’autore. Che, come mettono in rilievo Gaeta e Tornielli, di troppi documenti o relazioni ufficiali sembra abbia preso solo quello che poteva mettere in cattiva luce il cappuccino. E’ una requisitoria molto lunga, e non se ne può dare conto in maniera esaustiva, quella condotta dai due giornalisti. Di qualche esempio però sì. Nel 1920 a San Giovanni Rotondo ci fu uno scontro fra carabinieri, soldati e un corteo di socialisti massimalisti che volevano togliere il tricolore dal municipio e sostituirlo con la bandiera rossa. L’episodio serve all’autore per dimostrare la contiguità di padre Pio con il clerico-fascismo. Undici morti: “undici caduti rossi su undici”, scrive. Dimenticando però di dire che il primo morto fu un carabiniere, e che proprio dalla sua morte nacquero gli scontri, e la reazione dei commilitoni. “Del resto – scrivono Gaeta e Tornielli – nessuna fonte relativa a quella giornata ignora la morte del militare: soltanto lo Storico si permette di farlo”. In un altro punto (ma sono numerosi, e infatti un capitolo del libro di Gaeta e Tornielli si intitola “Lo storico che racconta storie”) si legge che Pio XI “ne dispose la sospensione a divinis. A Padre Pio restò riconosciuto soltanto il diritto di dire messa”, il che, notano i critici, è “esattamente ciò che viene tolto nella sospensione a divinis”. Nella risposta polemica a Messori, Gaeta e Tornielli l’autore sostiene che “gli agiografi restano degli stranieri nel mondo della storia”. Può essere vero. Ma giornalisti e storici, se vogliono fare in maniera onesta e decente il proprio mestiere, hanno un comune dovere: lo studio delle fonti, e il loro uso non parziale o selettivo. E nella polemica di cui trattiamo ci sembra che da rimproverare non siano i giornalisti.
Rassegna Stampa
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