Oltre ventimila secondo «The Times» i civili tamil uccisi dall’esercito Sri Lanka
Un’accurata inchiesta del quotidiano britannico “The Times” – che si è avvalsa di video, fotografie aeree, documenti ufficiali e testimonianze dirette – accusa senza mezzi termini il Governo dello Sri Lanka di un massacro nascosto. Secondo il giornale, sarebbero infatti oltre ventimila – tre volte le cifre ufficiali – i civili uccisi dall’esercito srilankese nell’ultima fase della vasta offensiva nel nord est dell’isola che il 18 maggio scorso ha portato alla sconfitta dei guerriglieri secessionisti delle Tigri per liberazione dell’Eelam tamil (Ltte). Una tragedia che ha spinto – forse tardivamente – le Nazioni Unite a chiedere l’apertura di un’indagine per crimini di guerra.
Per il giornale britannico, la maggior parte delle vittime sarebbero da imputare alla condotta dell’esercito governativo, che pur di eliminare le ultime sacche di resistenza dei ribelli separatisti e vincere un conflitto in atto da oltre venticinque anni – una delle pagine più buie dell’ultimo quarto di secolo di storia della Sri Lanka – ha bombardato la cosiddetta zona di non belligeranza, un’area di pochi chilometri dove avevano trovato rifugio non meno di duecentomila civili di etnia tamil. Il quotidiano londinese – che in prima pagina pubblica una fotografia di un campo profughi devastato con accanto quella che sembra essere una gigantesca fossa comune – ricorda come le autorità dello Sri Lanka abbiano sempre dichiarato di aver interrotto dalla fine di aprile l’uso di armi pesanti su quella zona. Ma le fotografie e i documenti ottenuti da “The Times” sembrano inequivocabili e non lasciano spazio a molti dubbi.
Il Governo di Colombo ha sempre respinto con forza ogni addebito, indicando invece i ribelli tamil, accusati di utilizzare i civili come scudi umani e di reclutare bambini, come unici responsabili della morte di migliaia di persone. L’ingente materiale raccolto da “The Times” smentirebbe, però, queste affermazioni. Dopo aver esaminato con attenzione le immagini del campo di battaglia, e considerate le posizioni dell’esercito governativo e quelle dei guerriglieri secessionisti, un esperto della rivista delle Forze armate britanniche, citato dal quotidiano, ha infatti escluso che l’artiglieria delle Tigri tamil abbia potuto causare un simile bagno di sangue. Secondo il militare, è quasi certo che le posizioni di fuoco dell’Ltte – uno dei gruppi terroristici più efficaci nell’intero panorama internazionale del dopoguerra – siano state individuate dai governativi tra le centinaia di migliaia di civili ammassati nel campo profughi e colpite con incessanti bombardamenti aerei e colpi di mortaio.
E sul banco degli imputati finiscono anche le Nazioni Unite. La guerra tra esercito e guerriglieri secessionisti – che hanno combattuto dal 1983 una sanguinosa lotta armata per rivendicare l’indipendenza di uno Stato federato tamil nelle regioni settentrionali e orientali dell’isola – sarebbe infatti stata sottovalutata da alcuni dirigenti del Palazzo di Vetro. È quanto emerge da un’inchiesta pubblicata su un altro autorevole quotidiano, il francese “Le Monde”, secondo il quale all’interno dell’Onu ci sarebbe stata una profonda spaccatura tra alcuni dirigenti, attenti solamente a portare avanti una propria agenda politica, e l’Alto commissariato per i rifugiati. Rapporti confidenziali dell’Onu, di cui il giornale è venuto in possesso, indicano che nel periodo tra gennaio e aprile scorsi l’offensiva militare contro l’Ltte – dichiarata organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, dall’Australia, dall’India, dal Canada e da ventisette Paesi dell’Unione Europea – ha provocato 7.750 vittime, settecento delle quali bambini, oltre a quasi ventimila feriti. Ma nelle settimane seguenti e fino al 19 maggio, giorno dell’uccisione dell’indiscusso leader delle Tigri per la liberazione dell’Elam tamil, Veluppilai Prabhakaran, la strage è drasticamente aumentata di proporzioni, con un bilancio di più di mille morti al giorno. Il massacro sarebbe rimasto nascosto anche a causa dell’impossibilità per i giornalisti e le organizzazioni umanitarie di accedere nella zona di guerra.
Nei giorni scorsi, durante la sessione speciale tenutasi a Ginevra del Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite, lo Sri Lanka è riuscito con ventinove voti a favore, dodici contrari e sei astenuti a evitare l’apertura di un’inchiesta internazionale per crimini di guerra. Ma, alla luce delle rivelazioni di “The Times” e di “Le Monde”, è quasi certo che il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e l’Alto commissariato per i Diritti umani, Navi Pillay, dispongano – anche se con grave ritardo – l’apertura di indagini per accertare le responsabilità del massacro di civili inermi nello Sri Lanka.
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