Missionario ucciso a Manaus
Dopo la veglia della comunità locale, le spoglie del missionario “Fidei donum” Ruggero Ruvoletto, ucciso Sabato a Manaus, capitale dello stato brasiliano di Amazonas, con un colpo d’arma da fuoco alla testa – a quanto pare da rapinatori che si sono impossessati di un misero bottino – verranno portate in Italia per la tumulazione. Si sono susseguiti intanto al di qua e al di là dell’oceano incontri di preghiera e testimonianze. Il mondo missionario padovano e molti che hanno conosciuto don Ruvoletto si sono ritrovati ieri in preghiera al seminario Minore di Rubano (Pd), dove era prevista l’Assemblea missionaria diocesana. “Un incontro convertito in ricordo e preghiera – scrive in una nota il Centro missionario diocesano di Padova – ma anche vicinanza ai familiari, ai missionari, a quanti dedicano la vita per il Vangelo. Aprendo l’incontro don Valentino Sguotti, direttore del Centro, in partenza per il Brasile con le sorelle di don Ruggero, in un messaggio rivolto a tutta la Chiesa diocesana, ha detto tra l’altro: “L’esperienza di fede di don Ruggero, giunta fino al dono totale della vita, è testimonianza reale di quel ‘vangelo senza confini’ su cui proprio quest’anno invita a riflettere l’Ottobre missionario.Don Ruggero è testimone e martire di questo proclamare il vangelo ai confini del mondo, senza confini di sorta”. Lo testimoniano anche le parole di monsignor Francesco Biasin, prete diocesano di Padova, missionario fidei donum, in Brasile dagli anni ’70, vescovo della diocesi di Pesqueira, nello stato del Pernambuco (Nordest del Brasile): “Non ho potuto trattenere le lacrime perché è un dolore grande quello che provo per quanto è accaduto a don Ruggero. Un uomo che ho sempre considerato un fratello e un amico. Proprio ultimamente l’ho sentito sereno e gioioso come non lo sentivo da tempo. Gli inizi non erano stati facili: si doveva inserire in un ambiente difficile di grande degrado, con occupazione disordinate di nuovi terreni ai margini della foresta. Ultimamente la criminalità si era fatta molto aggressiva: un vescovo locale era stato sequestrato per alcuni giorni dai banditi mentre altre cinque case di religiosi della diocesi erano state assalite e derubate… Le periferie stanno raccogliendo il disagio sociale di quanti cercano un futuro migliore nella città. Don Ruggero nonostante tutto questo stava intravvedendo del prospettive per il suo lavoro. Ora tutto si è interrotto in modo crudele. È il destino che può travolgere la gente che vive in queste terre. Un destino che i missionari condividono in tutto, senza privilegi”. Da São Luis, capitale dello stato brasiliano Maranhão, Paolo Annechini ha inviato al CUM – Centro Unitario Missionario organismo della Conferenza Episcopale Italiana che si cura della formazione dei missionari italiani attraverso varie iniziative rivolte sia ai preti fidei donum, religiosi e religiose, sia ai laici – una testimonianza personale da cui la MISNA ha tratto quel che segue: “Sull’aereo per Porto Velho abbiamo avuto modo di conversare. Come sempre, era cordiale e sorridente. Ancora una volta gli chiesi la possibilità di andarlo a trovare per girare con lui un piccolo video e ancora una volta, cordialmente, rifiutò la proposta. Non amava apparire, don Ruggero. Faceva parte del suo carattere: umile. E deciso. Ma nel raccontare, a microfoni spenti, era, come sempre, appassionato. Mi ha raccontato della sua attività pastorale a Manaus, dove era stato chiamato per una collaborazione tra chiese brasiliane. Mi parlava delle fatiche di questa città che ogni giorno cresce per quelli che arrivano cercando fortuna in Amazzonia, e per quelli che se ne vanno, non avendola incontrata. E tutti si riversano negli enormi quartieri periferici di questa città nel cuore dell’Amazzonia, dove la diocesi ha istituito le zone pastorali, in una delle quali lavorava don Ruggero. Mi parlava di povertà, marginalità, senso di disorientamento, ma dai suoi occhi sprizzavano gioia e speranza. Ti alzi al mattino, mi diceva don Ruggero, “e ti metti in strada a scoprire chi è arrivato e chi se n’è andato. Ogni azione pastorale di lungo periodo trova il limite nella precarietà della gente della mia parrocchia. Quindi quello che faccio è soprattutto incontrare le persone, andare a casa loro, stare con loro. Seguirle nei loro problemi”. E’ stato ucciso stamattina in modo cruento, per futili motivi, durante una rapina nella sua casa, in parrocchia. Una rapina che, probabilmente, ha preso la piega sbagliata, magari per l’agitazione di quei poveracci entrati in casa sua. Si, poveracci, perché prima di essere assassini sono povera gente, con una pistola in mano, che si trovano in situazioni più grandi di loro. Povera gente: di quelli che don Ruggero ascoltava tutti i giorni, di quelli che don Ruggero amava tanto da camminare con loro. Quanti casi come questo succedono ogni giorno in questo Brasile che viaggia a due velocità: quello che Lula promuove all’estero con i grandi della terra, e quello dei milioni di esclusi, che la disperazione traghetta inesorabilmente verso la violenza. La morte di don Ruggero dice quali rischi corre il missionario coraggioso che decide di rimboccarsi le maniche, di vivere tra la gente e come la gente, per affrontare situazioni di frontiera”. Per la Giornata missionaria mondiale del 2008, don Ruvoletto da Manaus aveva scritto tra l’altro: “Anche noi qui viviamo l’Ottobre Missionario, preghiamo e sosteniamo i missionari brasiliani che lavorano in Africa, negli Stati Uniti con gli emigranti, in Asia e Oceania. Non esiste una Chiesa o una comunità cristiana che non sia missionaria. Lo slogan quest’anno è “Vita per tutti i popoli”. Il tema della “VITA”, lungo questo 2008 è motivo di riflessione, azione, sensibilizzazione e partecipazione civile e politica. Perché la vita, dal primo istante, fino alle situazioni di malattia o solitudine e di chi è in prigione, esige il rispetto, la lotta, la coscienza matura dei cittadini e dei cristiani mescolati con tutti, in ogni luogo dell’America latina e del mondo”.
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