Madre Teresa dieci anni dopo. «L’amore ha vinto l’oscurità»
Huart: «Sfruttava ogni momento per comunicare con Dio. Anche per strada, con il rosario in mano»
Dieci anni fa, il 5 settembre 1997, moriva Madre Teresa di Calcutta. Da allora la memoria della suora d’origine albanese dichiarata beata da Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003 non si è affievolita, tutt’altro. Tra quanti l’hanno conosciuta – e le sono stati spiritualmente vicini – c’è padre Albert Huart, da oltre cinquant’anni a Calcutta. Dopo avere predicato più volte gli esercizi spirituali in ritiri cui partecipò anche la Madre, il gesuita belga è stato confessore e predicatore presso la prima comunità delle suore nella Casa madre, con frequenti contatti con la fondatrice. Netto il suo giudizio sul controverso volume Come Be My Light: The Private Writings of the «Saint of Calcutta» («Vieni e sii la mia luce: Gli scritti privati della Santa di Calcutta») ora in uscita: l’oscurità dell’anima, il senso d’abbandono provato da Madre Teresa ed espresso nelle lettere raccolte nel libro non è nuovo, né deve scandalizzare: «Tanti faticano a comprendere che Dio può comunicare a un’anima la sua presenza nella luce come nell’oscurità».
Padre Huart, può darci un suo ricordo personale di Madre Teresa?
«Caratteristica era la sua dedizione totale e gioiosa per i più poveri tra i poveri, ma aveva sempre energie – testimonia il gesuita – per rispondere con cortesia e attenzione personale ai tanti, dai più umili alle celebrità, che l’assediavano costantemente, singolarmente o in gruppi. Era difficile che facesse mancare una risata o una battuta di spirito. Benché Madre Teresa fosse una risoluta cattolica romana – a quei tempi “più cattolica del Papa”, si diceva… – sono più volte rimasto colpito dalla sua capacità di instaurare un rapporto spirituale con persone di altre fedi – hindu, musulmani e così via. Aveva un senso profondo del fatto che tutti siamo figli di Dio. Conosco famiglie hindu dove è considerata un vero e proprio guru. La maggior parte dei suoi collaboratori e benefattori in India sono non cristiani. Osservarla assorta in preghiera era un’esperienza forte, difficile da definire. Forse per un riflesso di quella notte dello spirito che, ora sappiamo, l’ha accompagnata per una buona parte della sua vita. Solo in alcuni momenti si poteva rilevare un’espressione di profonda tristezza».
Dieci anni dopo la sua morte, Madre Teresa resta più conosciuta per le opere di carità che per la sua spiritualità. Può dirci qualcosa a questo proposito?
«Considerare l’opera di Madre Teresa solo come impegno sociale non le rende giustizia. Anzitutto perché dietro c’era una motivazione profonda. Come lei stessa ha sempre sostenuto: “Non siamo operatori sociali. Quello che facciamo lo facciamo per Gesù”. E con Gesù. Poi c’erano le sue prolungate e intense preghiere. La Madre approfittava di qualsiasi momento per entrare in comunicazione con Dio. Ed esortava le suore a fare lo stesso: un’ora sacra ogni giorno, il rosario camminando per strada, lo sforzo costante di incontrare Gesù nei poveri e negli altri».
Ora si parla tanto delle «rivelazioni» contenute nelle lettere della beata ai suoi direttori spirituali…
«Sì, lettere nelle quali la Madre descrive la profonda oscurità in cui avrebbe vissuto buona parte della sua vita… – incalza padre Huart -. La gente si meraviglia di come abbia potuto associare questa “oscurità” con il suo instancabile e gioioso impegno per gli altri. Tanti faticano a comprendere che Dio può comunicare a un’anima la sua presenza nella luce come nell’oscurità, senza che per questo venga a mancare la tensione spirituale». Secondo alcuni, il forte carisma della Madre e la sua personalità avrebbero lasciato poco spazio a un ulteriore sviluppo del suo lavoro. Così non è stato. Come si spiega? «C’è stato certamente uno sviluppo considerevole, con la creazione di nuovi centri in nuovi Paesi. Tuttavia, dopo la rapida espansione sotto la guida della Madre, era necessario un certo consolidamento. Mi sembra che oggi v i sia una maggiore selettività nell’ammissione di nuove postulanti e una maggiore insistenza sulla loro formazione». Lei vive in questa metropoli da molti anni. Qual è il legame tra Madre Teresa e la “sua” Calcutta? «La Madre oggi è l’orgoglio della città. Come vicini di casa noi gesuiti abbiamo una piccola rivendita di tè con foto a colori appese alle pareti. Quella di Madre Teresa si trova a fianco di Kali, di Krishna e di alcune popolari star televisive. Persino dai comunisti bengalesi (soggetto politico qui molto forte e attivo, ndr) la Madre ha avuto cooperazione e persino amicizia. Il busto di Madre Teresa si trova al centro di una delle più affollate vie della città… Credo che il nome con cui tutto il mondo conosce Gonxha Agnes Bojaxhiu – Madre Teresa di Calcutta – sia appropriato».
Rassegna Stampa
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