Ma i diritti umani partono dal concepito. Amnesty international e la proposta di aborto per le donne stuprate
Nessuno può certo ignorare la gravità della situazione, ma l’aborto, in caso di violenza sessuale, finisce per aggiungere un nuovo crimine a un altro già perpetrato.
La violenza, lo stupro alle donne usate come arma contro il nemico è la nuova dimensione drammatica di recenti conflitti bellici, del resto abbastanza dimenticati dai mass media.
Tra le voci di forte denuncia si distingue quella di Amnesty, associazione internazionale di grande prestigio (premiata nel 1977 con il Nobel per la pace), impegnata nella lotta per i diritti umani nel mondo. Consistente è la partecipazione di cattolici, sia come singoli che come organismi.
Amnesty ha fatto propria la causa delle donne umiliate nella loro dignità e nei loro diritti. Tuttavia, la proposta di ricorrere all’aborto come via di uscita da simili tragiche condizioni, è un errore e causa di nuova ingiustizia.
È vero – come è stato chiarito successivamente – che non sostiene l’aborto come diritto, ma si limita a sostenere i diritti umani delle donne di “accedere a servizi legali e sicuri di aborto”. In questo senso – si legge nella Direttiva approvata in Messico il 17 agosto 2007 – Amnesty si impegnerà nei prossimi anni presso i diversi Stati.
Nessuno può ignorare la gravità della situazione, ma è impossibile sostenere la consistenza di un diritto (della donna) che coincide e si raggiunge con la soppressione del diritto alla vita (del nascituro). L’aborto, in caso di stupro e di violenza, aggiunge un crimine a un altro crimine; rimane all’interno della spirale della violenza alla donna prima e successivamente al nascituro e ancora alla donna.
Un’associazione umanitaria, quale è Amnesty, si dimostra, così, gravemente parziale e selettiva nella lotta per i diritti umani. Il diritto alla vita di ogni essere umano è il primo diritto, radice e fondamento di tutti gli altri.
Non basta preferire l’aborto legale a quello clandestino, anche quello legale è aborto, cioè soppressione di un essere umano in formazione. È necessario mettere in campo iniziative concrete in ordine alla prevenzione e alla responsabilità.
La questione su “quando inizia la vita umana” conduce a riconoscere, anche in base alle conoscenze biologiche e genetiche, che a partire dalla fecondazione si verifica uno sviluppo unico, coordinato e progressivo: quanto succede nelle tappe successive alla fecondazione è programmato fin dall’inizio.
Detto più chiaramente, l’embrione è, fin dalla fecondazione, un essere umano reale (non potenziale); soggetto e non appendice della madre; e, come ogni altro soggetto, ha diritto alla vita. Rispettare la persona significa rispettarla in tutte le sue fasi, a cominciare da quella iniziale.
La Direttiva che impegna Amnesty International a sostenere il diritto della donna all’eventuale aborto, oltre che ingiusta, trasmette un messaggio sociale negativo: induce a pensare che l’aborto, in casi estremi, possa essere lecito, anzi obbligatorio; abbassa le risorse di solidarietà alle donne che meritano ben altri accessi e altri aiuti; in realtà, procura alle donne un altro affronto, nuova offesa e violenza.
La Direttiva di Amnesty è sbagliata, il problema è vero e domanda coinvolgimento nelle tragedie di Paesi lontani, che sono ormai vicini. I mass media, le istituzioni pubbliche, le comunità cristiane in primo luogo, sono chiamate a testimoniare vicinanza e partecipazione effettiva alle donne umiliate nella loro dignità e nei loro diritti.
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