L’Africa sotto l’incubo delle locuste
Dal Corno d’Africa si espande la peggiore invasione dell’ultimo secolo. L’allarme della Fao in vista dell’allargamento del coronavirus.
Dove non è ancora arrivata la pandemia del Coronavirus, imperversa già la piaga delle cavallette. Sull’Africa, finora risparmiata dal morbo con poco più di 2mila contagiati e 62 morti in tutto il continente al 25 marzo, si è abbattuta la peggiore invasione di locuste da un secolo a questa parte, che potrebbe affamare 25 milioni di persone, secondo la Fao, a partire dal Corno d’Africa.
Così il coronavirus può distruggere la crescita dell’Africa
La crisi delle locuste ha già raggiunto 10 Paesi, annientando tutto quello che cresce sul terreno, e potrebbe presto dilagare in Africa centrale, secondo le stime dei meteorologi. L’emergenza climatica ha creato condizioni senza precedenti per la riproduzione delle locuste nel deserto solitamente sterile della penisola arabica e gli stormi sono poi riusciti a diffondersi in Yemen, prostrato dalla guerra civile e senza difese contro l’invasione, per passare in Africa attraverso il golfo di Aden.
L’effetto dei cicloni
È stato il ciclone Mekunu, che ha colpito lo Yemen con i suoi violentissimi rovesci di pioggia nel 2018, a creare le condizioni ideali per consentire a diverse generazioni di locuste di prosperare nel deserto tra Arabia Saudita, Yemen e Oman, riproducendosi e formando sciami enormi.
Africa, l’invasione delle locuste mette a rischio agricoltura e zootecnia
Proprio quando la prima ondata si stava esaurendo, un secondo ciclone ha spazzato la costa meridionale della penisola arabica, innescando una nuova stagione di riproduzione: invece di aumentare di 400 volte, come di consueto, nel giro di un anno le locuste del deserto sono aumentate di 8.000 volte. «Di solito un ciclone porta condizioni favorevoli alla riproduzione delle locuste per circa sei mesi. Poi l’habitat si secca e non è più adatto alla riproduzione, per cui le locuste in parte muoiono e in parte migrano», spiega Keith Cressman, esperto di migrazioni delle locuste per la Fao. Storicamente il Golfo Persico ha pochissimi cicloni. Ma nell’ultimo decennio c’è stato un aumento significativo, grazie al cosiddetto Niño indiano, un fenomeno climatico nuovo che porta la parte occidentale dell’Oceano Indiano ad avere temperature superficiali alternativamente molto più calde e molto più fredde della parte orientale dello stesso oceano, accentuando così sia le ondate di siccità nel Sud Est asiatico e in Australia, sia le piogge cicloniche sull’Africa orientale. Quest’area si è trasformata così in un paradiso per le locuste. Verso la fine del 2019 gli sciami già molto sviluppati della penisola arabica si sono trasferiti nel Corno d’Africa, trovando condizioni favorevoli quando un altro ciclone ha colpito la Somalia in dicembre. Questa lunga stagione di riproduzione ha permesso alle locuste di diffondersi nelle aree che sfuggono al controllo del governo e di riprodursi senza alcuna misura di contrasto, com’era già successo in Yemen.
Sicurezza alimentare a rischio
L’ultimo focolaio di locuste paragonabile risale alla fine degli anni ’40, ma a quell’epoca l’Africa era meno popolata e i sistemi preventivi più efficaci, per cui i danni erano stati più circoscritti. Stavolta, secondo la Fao, l’invasione sta mettendo a rischio la sicurezza alimentare di 25 milioni di persone. Negli ultimi mesi gli immensi sciami arrivati dalla penisola arabica sono stati avvistati in dieci Paesi africani. Uno sciame recentemente arrivato in Kenya copriva un’area delle dimensioni del Lussemburgo. La Fao ha lanciato una richiesta di 140 milioni di dollari di aiuti per contenere l’invasione, che potrebbe arrivare al suo picco tra aprile e giugno, ma la richiesta si scontra con la necessità enorme di risorse mobilitate per combattere la pandemia di Coronavirus, che sta arrivando anche in Africa. La rarità dei casi e l’idea che il Coronavirus fosse una “malattia dei bianchi”, come cantano alcuni musicisti africani, hanno dato l’impressione fuorviante che non ci fosse da preoccuparsi, ma in realtà il morbo si sta diffondendo anche sul continente nero e molti esperti sono convinti che porterà a una strage. Il ministro della sanità sudafricano Zweli Mkhize, un medico che ha studiato bene il dossier, ha avvertito che nei prossimi mesi “dal 60 al 70 per cento della popolazione sudafricana” potrebbe essere contagiata, esattamente come ci si aspetta in Europa.
L’espansione del coronavirus
Il Sud Africa è particolarmente esposto, a causa di una combinazione di fattori specifici. Quasi 10 milioni di persone (un sesto della popolazione) sono portatori di patologie che compromettono il sistema immunitario (incluso l’Hiv) e quindi potenzialmente più vulnerabili al virus. In più, il Paese è caratterizzato dal più alto tasso di urbanizzazione in Africa e sta per entrare nell’inverno meridionale, presumibilmente favorevole al virus, a partire da aprile. Questo non significa che altri Paesi africani saranno esenti dalla pandemia. Ruanda, Marocco e Mauritius hanno già adottato misure di contenimento. Il Senegal e la Costa d’Avorio, tra gli altri, hanno dichiarato lo stato di emergenza e si stanno muovendo verso misure comparabili. L’isolamento è stato imposto da lunedì a Lubumbashi, nella Repubblica Democratica del Congo. Al confine con lo Zambia, al centro di una regione ricchissima di rame e cobalto, Lubumbashi è il cuore dell’economia mineraria del Paese e sta già soffrendo un fortissimo impatto del blocco della produzione industriale cinese. Questo modello rischia di essere riprodotto in diversi Paesi su scala continentale. In uno studio condotto per il think tank Iss Africa, Ronak Gopaldas di Signal Risk ha sottolineato il limitato spazio di manovra degli Stati del continente: «La maggior parte dei Paesi africani ha una base imponibile molto ridotta, meccanismi di riscossione delle imposte deboli e una forte dipendenza dall’esportazione di materie prime». Questa fragilità economica rischia di portare a un disastro che potrebbe costare la vita a milioni di africani. In Africa la pandemia è solo all’inizio, ma sarà una corsa contro il tempo molto difficile da vincere.
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