La veste nuziale per una società veramente umana
Pochi giorni dopo la morte di Steve Jobs e la celebrazione mediatica della sua persona e del suo talento, Benedetto XVI si è recato a Lamezia Terme e alla Certosa di Serra San Bruno. Nella zona ex-Sir di Lamezia, periferia industriale, ha incontrato la popolazione non solo della città, ma di tutta la Calabria. Perché l’accostamento tra questi eventi? Può capitare, nel procedere a volte tumultuoso dei fatti, soprattutto perché l’informazione ci raggiunge in tempo reale, di sentirsi sopraffatti da accadimenti diversi tra loro, ognuno dei quali meriterebbe un adeguato tempo di considerazione e di riflessione, mentre invece veniamo trascinati da un evento all’altro, col rischio che tutto venga appiattito allo stesso livello o che prevalga l’emozione temporanea, reazione destinata a perdersi in breve tempo. Nel famoso discorso alla cerimonia di laurea a Stanford, ripreso dai media per ricordare Steve Jobs come un uomo che ha cambiato il mondo reagendo con tenacia alle sconfitte, Steve ha riletto la sua vita in 3 tappe, corrispondenti a 3 fallimenti su cui ha saputo ricominciare. È un umanesimo non cristiano quello che traspare dalle sue parole coinvolgenti, sincere, con una tristezza al fondo. Nel discorso è a tema il lavoro, la realizzazione di sé: le stesse tematiche affrontate dal Papa in Calabria, “terra sismica non solo dal punto di vista geologico, ma anche strutturale, comportamentale e sociale”, dove la disoccupazione è elevata e il fallimento un’esperienza, anche a causa della “criminalità che ferisce il tessuto sociale”. Steve Jobs può essere considerato tra coloro che hanno contribuito a quel progresso tecnico per cui lo sviluppo dei media comporta il rischio che la “virtualità domini sulla realtà. Sempre più, senza accorgersene, ha detto il Papa, le persone sono immerse in una dimensione virtuale, a causa di messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattino a sera. I più giovani, che sono nati in questa condizione, sembrano voler riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, per paura di sentire questo vuoto. Si tratta di una tendenza che è sempre esistita, ma oggi ha raggiunto un livello tale da far parlare di mutazione antropologica. Alcune persone non sono più capaci di rimanere in silenzio e in solitudine”. Non si può certo far una colpa di questo a Steve Jobs. È immediato riconoscere in tutte le sue innovazioni la ricerca della bellezza e della semplicità che sono da sempre “cifre” dell’ aspirazione nobile dell’uomo a qualcosa oltre sé che lo attrae potentemente. È sulla tecnologia che occorre riflettere. Essa non è neutrale, al contrario, veicola un’immagine di uomo. Da parte sua, Benedetto XVI ha voluto fare questo discorso, come ha dichiarato, per far comprendere il carisma della Certosa, un’esperienza monastica in cui l’uomo, “ritirandosi nel silenzio e nella solitudine si espone al reale nella sua nudità, a quell’apparente vuoto, per sperimentare invece la Pienezza, la presenza di Dio, della Realtà più reale che ci sia e che sta oltre la dimensione sensibile”. Per questo ancora oggi sono utili i monasteri. Servono a “bonificare” l’aria in una società “inquinata da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, poiché dominata dagli interessi economici, preoccupata solo delle cose terrene”, in cui si emargina Dio, ma anche il prossimo, senza impegno per il bene comune. Modello di una società improntata su un umanesimo cristiano, il monastero, invece, “pone al centro Dio e la relazione fraterna”. Per curare le ferite non basta uno sforzo di volontà o una sapienza umana, occorre indossare “la veste nuziale” di cui parla il Vangelo, intessuta dell’ “amore di Dio e del prossimo”. Così, nella Carità, si compie la vita dell’uomo.
Rassegna Stampa
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