La Romania piange Teoctist
La Chiesa ortodossa romena è stata colpita da un grave lutto. Il patriarca Teoctist è morto ieri pomeriggio nell’ospedale Fundeni di Bucarest, all’età di 92 anni per arresto cardiaco insorto in seguito alle complicanze di un intervento alla prostata cui si era sottoposto nello stesso giorno. Il capo del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena era entrato nell’ordine monastico a 14 anni; divenne vescovo durante il regime comunista. Eletto patriarca il 9 novembre 1986, restò in carica anche dopo la «Rivoluzione» dell’89. Durante i vent’anni alla guida della Chiesa in un Paese dove su 22 milioni di abitanti l’86,8% si dichiara ortodosso, Teoctist è riuscito a consolidare i rapporti con tutte le Chiese ortodosse e a rafforzare i legami ecumenici con la Chiesa cattolica, le Chiese protestanti e gli organismi ecumenici. La sua attività non è stata priva di difficoltà sia durante i decenni di persecuzione e terrore del comunismo, sia dopo la caduta del regime. Nonostante sia riuscito a resistere a compromessi imposti dal regime comunista, spesso gli attacchi all’indirizzo della Chiesa sono stati attacchi alla sua persona: Teoctist è stato accusato di aver collaborato col regime e in particolare con la polizia politica della Securitate. Ma il servizio romeno di informazioni ha precisato che ad essere pedinato fu il patriarca.
La persecuzione e la rinascita
Ai giornalisti presenti ai festeggiamenti dei suoi vent’anni di patriarcato aveva raccontato che la sua maggior amarezza fu vedere le chiese rase al suolo e i preti imprigionati ingiustamente nel periodo comunista: «Ne abbiamo costruite altre, nuove, di chiese, ma quelle che sono state demolite se ne sono andate…». La salma del patriarca sarà esposta oggi all’omaggio dei fedeli nella Cattedrale patriarcale di Bucarest; sempre oggi si riunirà il Sinodo Permanente della Chiesa ortodossa romena per stabilire il giorno e il luogo dei funerali. Il patriarca viene ricordato come una delle più importanti e longeve personalità della vita pubblica romena. La sua morte lascia un grande vuoto in una Chiesa da tempo – ha ricordato la stampa di Bucarest – costantemente al primo posto nella fiducia della gente. Per il presidente della Romania, Traian Basescu, resteranno legati per sempre al nome di Teoctist la prima visita di un Papa, Giovanni Paolo II, ad un Paese a maggioranza ortodossa come la Romania – era il 1999 – e gli sforzi della Chiesa ortodossa per dare una risposta costruttiva alle provocazioni del nuovo ciclo storico apertosi con la «Rivoluzione romena» del 1989. La data da ricordare è quella del 7 maggio 1999. Quando un già affaticato, ma indomito, Giovanni Paolo II sbarcò a Bucarest. E già nel discorso iniziale, spiegò l’importanza di quel giorno: «Ringrazio poi in maniera speciale Lei, Beatitudine Teoctist, patriarca della Chiesa ortodossa romena – disse subito dopo il ringraziamento al presidente della Repubblica – per le fraterne espressioni che ha voluto indirizzarmi, nonché per l’invito gentilmente rivoltomi a far visita alla Chiesa ortodossa romena, Chiesa maggioritaria nel Paese. È la prima volta che la Provvidenza divina mi offre la possibilità di compiere un viaggio apostolico in una nazione a maggioranza ortodossa, e questo certamente non avrebbe potuto realizzarsi senza la disponibile e fraterna condiscendenza del Santo Sinodo della veneranda Chiesa ortodossa romena e senza il consenso suo, signor patriarca». Furono, alla fine, più che semplici incontri, quasi il saldarsi di una simpatia che l’alto, ieratico patriarca della Chiesa romena aveva sempre dimostrato per Papa Wojtyla, fin dalla sua prima visita in Vaticano, nel 1989, prima che il regime di Ceausescu franasse, proprio alla fine di quell’anno. Quella di Teoctist è stata senza dubbio una figura discussa all’interno della stessa Chiesa ortodossa romena, dove c’era chi lo accusava di eccessiva vicinanza col dittatore. Forse non del tutto a torto. Proprio mentre il regime crollava, Teoctist acconsentì alla richiesta di un disperato Ceausescu di inviargli un telegramma di sostegno e congratulazioni per la recente affermazione nelle ultime elezioni-farsa indette dal conducator. Ma a poco a poco la burrasca passò, anche perché Teoctist, sempre più chiaramente, si mosse per smarcare la Chiesa ortodossa romena dal Patriarcato di Mosca. Un percorso che si concluse – con pochissima soddisfazione dei russi – quando, nel 1998, la visita di Giovanni Paolo II in Romania fu annunciata. Si era nel pieno degli attriti tra ortodossia e Chiesa cattolica, delle accuse di «proselitismo» lanciate contro Roma e dello «scontro» sui greco-cattolici (i cosiddetti Uniati, secondo la definizione ortodossa) usciti dalle catacombe in Ucraina e in Romania dopo decenni di persecuzioni. L’invito di Teoctist al Papa, in quella situazione, ebbe l’effetto di una bomba pacifica. E indubbiamente avrebbe segnato, in positivo, il successivo, faticoso evolversi delle relazioni tra le due Chiese. Lo stesso patriarca, che avrebbe nuovamente incontrato a Roma Wojtyla nel 2002, definì quella visita, proprio alla vigilia, come «opera dello Spirito Santo», perché «un tale evento» non avrebbe mai potuto verificarsi «unicamente attraverso gli esseri umani, per quanto grandi possano essere stati i loro sforzi». Furono i giorni dell’abbraccio, dell’appello congiunto per la pace in Kosovo, della preghiera comune per i profughi, dell’affermazione che «non c’è niente di più bello al mondo del fatto che i fratelli siano sempre assieme». Fu la prima volte, dallo scisma del 1054, che un Pontefice romano partecipò a una «Messa» ortodossa – all’aperto, nella piazza Unirii di Bucarest – conclusasi con l’abbraccio tra Papa Wojtyla e il Patriarca. «Beatitudine – disse il Papa incontrando il Santo Sinodo – sono venuto qui come pellegrino per dire quanto l’intera Chiesa cattolica sia a voi vicina con affetto… nel momento in cui un millennio sta terminando e un altro si profila all’orizzonte. Io vi sono vicino ed è con stima e ammirazione che vi sostengo nel programma di rinnovamento ecclesiale che il Santo Sinodo ha intrapreso… L’unico Vangelo attende di essere annunciato da tutti, insieme nell’amore e nella stima reciproca».
Rassegna Stampa
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