La Religione a scuola, condizione di Laicità
Sarà pur vero che bisogna essere connessi sempre, pensavo a queste cose mentre, accendendo la radio questa mattina, mi sono accorto che stavano parlando dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
Ho cercato di mettermi in collegamento con SMS e con Twitter, ma è stato forse troppo tardi. Eppure di cose da dire ne ho veramente tante, e non solo sugli interventi che ho sentito (e ascoltato in podcast), ma sull’insieme dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola, a partire dalla mia esperienza, tenendo conto della responsabilità dell’ufficio scolastico diocesano e, soprattutto, del lavoro più che decennale attraverso il sito di CulturaCattolica.it.
Quando preparavamo, insieme a Nicola Incampo, l’azione da intraprendere con il ministero per la questione dello Stato giuridico degli IdRC, abbiamo organizzato un convegno a Milano sull’argomento in questione: abbiamo riflettuto sulle considerazioni del cardinal Martini a proposito proprio dell’insegnamento della religione nella scuola dello Stato, e abbiamo ascoltato con estremo interesse la testimonianza di Paolo Mieli, allora direttore del Corriere della Sera.
Questi due interessantissimi interventi hanno aiutato a comprendere la ragione della presenza dell’insegnamento della religione CATTOLICA nella scuola dello Stato, mostrando proprio che tale connotazione cattolica è la condizione di una autentica laicità. Cerchiamo di capire il perché.
Lo Stato non può avere anzi non deve avere alcuna ideologia. Si concepisce a servizio dei cittadini e delle loro posizioni ideali e culturali, favorendo il dialogo, in confronto, la comunicazione reciproca, nella certezza che svolgendo questo compito cresce il bene comune. In questo senso una sana laicità consente ad ogni soggetto di contribuire all’opera comune con la propria identità, senza che si compiono prevaricazioni di sorta, ma anzi facendo sì che la diversità diventi una ricchezza.
Laicità quindi come rispetto, e non laicità come laicismo, cioè come opposizione alle varie identità religiose, culturali, eccetera. Soltanto chi intende la propria presenza come egemonia si fa paladino di una laicità che cancelli la diversità, così che sia più facile che, parlando soprattutto della scuola, l’indottrinamento piuttosto che il confronto. Potremmo documentare in tutta la storia dell’istituzione scolastica e delle varie correnti ideologiche politiche questa deriva, che alla fine diventa totalitaria (basti pensare, per fare un esempio recente, alle linee programmatiche dell’organizzazione mondiale della sanità a proposito dell’educazione sessuale da imporre nelle scuole europee).
Sorge pertanto una domanda: perché in questo stato, in questa cultura che si vuole aperta alle varie posizioni, in un’epoca in cui si parla di multiculturalità, non si è capaci di comprendere che il confronto e il dialogo sono una risorsa e non un ostacolo alla convivenza civile e democratica? Perché si rimane attaccati a stereotipi del passato, quando sarebbe più opportuno riconoscere che i tempi mutati, perché sia possibile una autentica integrazione, chiedono chiarezza ideale nel rispetto di ogni persona e delle sue convinzioni?
Se davvero l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole avesse quella caratteristica di indottrinamento che tanti paventano, ci si chiede come mai proprio qui in Italia sembra che cresca l’indifferenza religiosa e l’ostilità alla chiesa? Credo che, se c’è una autentica istanza da porre, e che l’insegnamento della religione cattolica nella scuola sia maggiormente qualificato della sua identità, nei suoi strumenti didattici, nelle sue peculiarità (tra queste il nesso fondamentale con l’autorità ecclesiastica, che non costituisce una indebita ingerenza dello Stato, ma la garanzia di una qualità autentica dell’insegnamento). Certo qui il cammino è ancora lungo. Certo sarebbe estremamente interessante che la radio, quella soprattutto che si concepisce come servizio pubblico, favorisca l’incontro con esperienze autentiche di cultura religiosa cattolica, mostrando quello che nell’esperienza di molti: quando l’insegnamento, portato avanti da persone competenti e umanamente e cristianamente motivate, si pone nei confronti dei giovani come l’invito ad una conoscenza appassionata e critica della propria storia, allora diventa quella risorsa indispensabile che consente, come ricorda il cardinal Martini, alla scuola di essere scuola, appunto, cioè il luogo di educazione e di bene per tutti i giovani. Di questo c’è bisogno.
Rassegna Stampa
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