La morale Laika: “tutto sarà lecito, e basta”?
1. Ecco la novità. Questa volta arriva dalla Francia, la patria della neutralità religiosa che si è ora pericolosamente unita alle istanze del governo di Francois Holland, che ben unisce le caratteristiche del laicismo francese con la tradizione del partito socialista.
Il Ministro dell’Educazione, Peillon, alla ripresa dell’anno scolastico, ha annunciato la bella notizia: “voglio che nelle scuole francesi si insegni la morale laica”. Evidentemente il termine “laica” nelle intenzioni del ministro significa un’etica comune, che prescinda da una scelta religiosa. Egli vuole un insegnamento, che faccia capo allo stato, “su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sui doveri, oltre che sui diritti, soprattutto sui valori”. Dice: “sogno per la scuola francese un insegnamento che inculchi agli studenti le nozioni di morale universale, fondata sulle idee d’umanità e di ragione”. E quali sarebbero questi valori universali? Qui, parte un’apoteosi di frasi fatte e belle parole “la conoscenza, lo sviluppo, la solidarietà, piuttosto che i valori del mercato, della concorrenza, dell’egoismo”, “l’eguaglianza tra ragazzi e ragazze”, “la tolleranza”, “le regole di coesistenza”. Bene, chi vorrà mai negare la bontà dell’iniziativa e dire che è meglio il denaro, l’avidità, la discriminazione, l’intolleranza?
Nonostante il tono rassicurante usato dal ministro, la finalità è chiara: “se questi valori non sono insegnati a scuola, sono appannaggio dei mercanti e degli integralisti di tutte le specie. Se la repubblica non dice qual è la sua visione su quelli che sono le virtù e i vizi, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, altri lo faranno al suo posto”. In sostanza, la morale di stato sostituisce Dio. L’unica definizione di bene e di male che può trovare ingresso nella società deve essere quella “istituzionale”, deve prescindere completamente da Dio, da qualunque fede o religiosità.
Credo che non vi sia nulla di più pericoloso, per la stessa democrazia, di una morale laica di stato.
2. Prima considerazione. Si tratta di una religiosità tutta immanente all’uomo, che si crea lui stesso, che esclude completamente la dimensione trascendente dell’uomo.
Ha un bel dire – il ministro – che non intende morale laica come morale atea. Infatti – precisa il sito UAAR che ha positivamente salutato la notizia – “il suo punto di forza starebbe nel non caratterizzarsi religiosamente”. Questo insegnamento punterebbe “a contribuire alla crescita di persone che da adulte siano in grado di effettuare scelte consapevoli”.
Va bene, la chiameremo morale agnostica, se preferiscono. Ma il risultato non cambia. E’ un’etica che l’uomo si dovrebbe dare da solo, mediante scelte consapevoli e non condizionate (ovviamente dalla religione). E lo stato dovrebbe appunto insegnare agli studenti ad acquisire questa consapevolezza. Vorrei chiedere al ministro: chi decide che cosa condiziona l’uomo e cosa è invece in grado di far emergere una corretta consapevolezza nell’uomo? La neutralità – intesa in questo senso – non può essere dell’educazione, che infatti trasmette l’esperienza di persone (filosofi, poeti, scrittori, pensatori) che più di altri hanno saputo cogliere l’umano, nel concreto della loro storia e tradizione religiosa e quindi profondamente condizionati (si pensi a Dante): così hanno arricchito l’umanità. Altro che neutralità. O eliminiamo Dante dagli studi (come è già stato proposto)?
Chi dovrebbe rilasciare il titolo di insegnamento non condizionato? Mi sa che tutta questa storia e il diritto alla neutralità educativa non sia altro che un bel pretesto per escludere l’esperienza religiosa (e poiché parliamo di Europa, l’esperienza cattolica) dal panorama dell’umano. Tutti sarebbero alla fin fine abilitati a impartire insegnamenti neutrali, tranne chi si professa religioso e specie cattolico.
3. Seconda considerazione. Chi decide il nuovo bene e male dell’umanità prescindendo da Dio? A meno che la Francia non pensi a una materia assolutamente inutile e propagandistica, che rimescoli nell’astratto e nell’ovvio, chi declina la nuova etica laica? Lo stato. Oddio, mi vien da dire! Si potrà ritenere facilone chi affida la propria vita a Cristo, ma Dio ci scampi e liberi da chi si faccia guidare nella vita affidandosi ciecamente allo stato! E in uno stato che abbia come obiettivo l’educazione neutrale, ossia priva di ogni riferimento religioso!
Non hanno insegnato nulla le esperienze dei totalitarismi di stato? Proprio per evitare di ripetere le esperienze disumane di una morale coincidente con le volontà di stato, la società internazionale si è interrogata sull’esistenza di un diritto che prescinda da quello dei singoli stati. La costituzione italiana “riconosce” i diritti fondamentali dell’uomo. Non li crea, li riconosce come già appartenenti all’uomo, prima dello stato, prima del diritto. Così le carte internazionali. Ora, torniamo all’etica laica della repubblica, da insegnare nelle scuole?
4. Terza considerazione. L’aspetto più negativo, però è l’insieme delle due parole “etica pubblica”.
Questa nuova religiosità laica non si pone sullo stesso piano delle altre, ma diventa l’unica “ufficiale”, l’unica ammessa nello stato, l’unica manifestabile ed esprimibile pubblicamente perché corretta, tollerante e non invasiva delle coscienze altrui. Le altre dovranno essere confinate nel privato, nel chiuso delle coscienze e ovviamente non potranno aderire ad un’etica diversa da quella laica e universale. E’ questa, a ben vedere, la portata dell’intemperante uscita estiva del governo socialista francese. L’etica pubblica laica diventa l’unico credo ammesso pubblicamente, che esclude qualunque altro e che si impone come unico ed esclusivo criterio di comportamento non sociale, ma addirittura umano! Alla faccia di anni di lotte contro la commistione tra stato e chiesa. Lo stato si allea inscindibilmente e fa propria la nuova chiesa del laicismo, la nuova religione dell’umanità senza Dio.
5. Vorrei concludere con un brano tratto da I fratelli Karamazov di Dostoevskij [I fratelli Karamazov, Garzanti, Milano, 1979, vol. II, pagg. 680-681], che – per quanto detto sopra – appare del tutto parziale, intollerante e condizionante e ben poco laico (speriamo continuino a insegnarlo nelle scuole francesi, mah!):
“Secondo me, non c’è nulla da distruggere, fuorché l’idea di Dio nell’umanità; ecco di dove occorre cominciare! È di qui, di qui che si deve partire, o ciechi, che non capite nulla! Una volta che l’umanità intera abbia rinnegato Dio (e io credo che tale epoca, a somiglianza delle epoche geologiche, verrà un giorno), tutta la vecchia concezione cadrà da sé, senza bisogno di antropofagia, e soprattutto cadrà la vecchia morale, e tutto si rinnoverà. Gli uomini si uniranno per prendere alla vita tutto ciò che essa può dare, ma unicamente per la gioia e la felicità di questo mondo. L’uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e apparirà l’uomo-dio. Trionfando senza posa e senza limiti della natura, mercé la sua volontà e la sua scienza, l’uomo per ciò solo proverà ad ogni istante un godimento così alto da tenere per lui il posto di tutte le vecchie speranze di gioie celesti. Ognuno saprà di essere per intero mortale, senza resurrezione possibile, e accoglierà la morte con tranquilla fierezza, come un dio. Per fierezza comprenderà di non dover mormorare perché la vita è solo un attimo, e amerà il fratello suo senza ricompensa. L’amore non riempirà che un attimo di vita, ma la stessa consapevolezza di questa sua fugacità ne rinforzerà altrettanto l’ardore quanto prima esso si disperdeva nelle speranze di un amore d’oltre tomba e infinito…”, e via di questo passo. Delizioso!
Ivàn se ne stava seduto, tappandosi gli orecchi con le mani e guardando a terra, ma prese a tremare in tutto il corpo. L’ospite proseguì.
La questione, diceva il mio giovane pensatore, ora sta in questo: è possibile che una simile epoca abbia un giorno a spuntare? Se spunterà, tutto sarà deciso e l’umanità si darà il suo assetto definitivo. Ma siccome, data l’inveterata stoltezza umana, a tale assetto non si verrà nemmeno in un migliaio d’anni, così a chiunque già oggi abbia coscienza della verità è lecito regolarsi come più gli fa comodo, in base ai nuovi principi. In questo senso “tutto gli è permesso”. Non basta: se anche quell’epoca non dovesse venir mai, poiché a ogni modo Dio e l’immortalità non esistono, all’uomo nuovo è lecito diventare un uomo-dio (dovesse pur esser l’unico al mondo) e poi, s’intende, nella sua nuova qualità, scavalcare a cuor leggero tutte le vecchie barriere morali dell’uomo-schiavo, se sarà necessario. Per Dio non c’è legge! Ovunque Iddio si metta, quello è il suo posto! Ovunque io mi metta, quello diventa subito il primo posto… “tutto è lecito” e basta!
Il brano è profetico. Se lo scopo della nuova etica laica di stato è formare coscienze non condizionate dalla religione, non è che alla fine l’esito sarà che ciascuno avrà la sua bella morale e che quindi “tutto sarà lecito, e basta”?
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