La lezione delle atomiche sul Giappone e quelle dei tempi che viviamo
Diamo un orizzonte d’umanità alla straordinaria e tragica scienza
Era il mattino del 9 agosto 1945 quando un bombardiere B-29 sganciò su Nagasaki una bomba nucleare, come quella già lanciata il 6 agosto su Hiroshima. Le due bombe ebbero effetti devastanti e produssero ovunque distruzione e morte: morirono, all’istante o in seguito, per le radiazioni, tra sofferenze atroci, circa 150.000-200.000 persone, in maggior parte civili inermi. La ricorrenza di quest’ignominiosa sconfitta dell’umanità dovrebbe fare riflettere in questi tempi in cui, per fare solo pochi esempi, in Italia è ripreso il dibattito sulla fecondazione artificiale, in Inghilterra il rapporto parlamentare per la revisione della legge circa le pratiche procreative chiede che si possano produrre embrioni umani per avere pezzi di ricambio, e in Spagna, Belgio, Svezia, Giappone, Australia, Israele, Corea, Singapore e nella stessa Inghilterra è stata già approvata la clonazione terapeutica. Se la storia è magistra vitae, l’indicazione ricavabile dalla distruzione delle due tristemente note città giapponesi è quella della necessità di una limitazione etica e legislativa della scienza. Invece, sono sempre più numerosi gli scientisti che reclamano l’immunità per la scienza e rifiutano che il suo esercizio sia disciplinato; tutt’al più, alcuni ritengono che, se una limitazione dev’esserci, non deve avvenire tramite leggi dello Stato, bensì solo mediante un’autoregolamentazione degli scienziati. Ma che tale autolimitazione sia tutt’altro che scontata lo dimostra appunto la vergognosa pagina scritta a Hiroshima e Nagasaki. La scienza è un’impresa straordinaria e bisogna ringraziarla per le grandiose possibilità che ci ha aperto e per i risultati che ci sono stati donati, o anche perché, come la filosofia, educa al rigore e allo spirito critico; nello stesso tempo, però, non è di per sé immacolata e può commettere delle mostruosità, rivoltandosi contro l’uomo e distruggendolo. Ora, l’attività degli scienziati è una forma dell’agire umano e, in quanto tale (come ha ricordato Vi ttorio Possenti domenica su queste colonne), non può pretendere di essere insindacabile e non assoggettata a principi morali. Si può obiettare che la scienza è eticamente indifferente finché resta sul piano teorico. Ma, come ha messo in luce Hans Jonas, la scienza moderna ha spesso risvolti etici già in questa fase: per esempio, per avere conoscenze teoriche sulla realizzabilità della clonazione devo appunto clonare un uomo, per sapere se un uomo si può fabbricare in provetta devo produrlo, per sapere come reagisce a certi virus devo inocularglieli, ecc. Quali possono dunque essere i principi di un’etica della scienza? Per ragioni di spazio, se ne possono menzionare qui solo due. In primo luogo, l’attività scientifica non deve mai, per nessun motivo, calpestare la dignità umana, non deve mai (come ha detto icasticamente Kant) trattare l’uomo come mezzo, non deve mai strumentalizzarlo, quali che siano i vantaggi che ne possano derivare. In secondo luogo (anche se ciò dispiace ad alcuni ecologisti), proprio per la preminenza della dignità dell’uomo su ogni altra realtà, l’attività scientifica deve rispettare una gerarchia di priorità, cioè deve ricercare principalmente (sebbene non esclusivamente) ciò che porta beneficio all’uomo (e a queste ricerche la politica deve destinare la maggior parte dei finanziamenti) e solo secondariamente ciò che concerne la natura. Ad esempio, deve cercare molto più di debellare il cancro, che non dedicarsi a qualsiasi altra realtà non umana.
Rassegna Stampa
Gallagher: Ho incontrato un popolo ferito e coraggioso, serve dialogo per la pace
Intervista con l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati a conclusione della sua missione in Ucraina
Kiev, anche sotto le bombe di Putin la «fabbrica dei bambini» fa affari
«Questa guerra non ha fermato Biotexcom»