La dignità e la sicurezza – Il povero mai è un intralcio per gli altri
Gli esseri umani non sono mai riducibili a cose. Né possono essere valutati solo per la loro capacità di produrre guadagno. Queste semplici verità sono ogni tanto messe in discussione in una società che dovrebbe essere quella dei diritti umani. A Londra la Camera dei Lord parla duramente degli immigrati, che non fanno crescere la ricchezza, e anzi fanno abbassare i salari dei giovani inglesi. In una città italiana si è decisa la rimozione dei mendicanti perché sono di intralcio ad altre persone. In un’altra città la eliminazione di un campo nomadi è stata realizzata con metodi che hanno suscitato perplessità e rimostranze.
Quando si fanno certe affermazioni, o si adottano determinati provvedimenti, ci sono delle ragioni da far valere. La mendicità crea indubbiamente problemi, come il nomadismo resta una contraddizione profonda in un tessuto sociale che punta alla integrazione. Ed è vero che la manodopera a basso costo può in certe condizioni provocare una più ampia diminuzione salariale. Ma queste verità parziali non devono mai far dimenticare che stiamo parlando di esseri umani, di persone, che restano ai margini della società, che sono i primi a patire solitudine, ingiustizie, ad essere oggetto di sfruttamento e di mercato nero. Se non ci si muove da queste considerazioni, si può rovesciare lo specchio e vedere tutto sfalsato. La mendicità esiste, è in aumento per tante ragioni, ed è un ostacolo al realizzarsi della giustizia e al rispetto dei diritti umani. Ma non si dica mai che il mendicante è un intralcio per gli altri che passano per la strada. Si faccia la guerra a chi sfrutta i mendicanti, questo sì, si facciano intervenire i servizi sociali, si attui un programma di aiuto per i più poveri perché non siano più tali. Tutto questo è giusto e doveroso, ma cancellare semplicemente ciò che non piace, o ci disturba, pensando che così si elimina la povertà, questo no, questo è qualcosa che non dobbiamo più sentir dire dopo tante brutte esperienze del passato. Sull’immigrazione l’atteggiamento oscillante è ancora più grave e deve far riflettere. Per un malinteso multiculturalismo si accettano qua e là in Occidente tradizioni e pratiche che violano i diritti della persona, che sono contrari all’eguaglianza tra uomo e donna, che confliggono con principi e valori sanciti universalmente, e si giunge a tacere su fatti gravi per paura di ritorsioni. Poi, però, si torna a parlare degli immigrati come fossero delle merci, come forza lavoro da considerare secondo una concezione del mercato risalente ad Adam Smith, o con criteri brutalmente maltusiani. In questa maniera si crea una miscela esplosiva, perché si favoriscono da un lato le comunità chiuse governate in modo autoritario, e dall’altro si negano agli immigrati quei diritti e quelle provvidenze sociali che spettano loro non per concessione ma per il fatto stesso di essere persone.
Dobbiamo uscire da questo circolo vizioso perché le questioni dell’immigrazione e della povertà sono ormai decisive e devono essere affrontate da una società che non è più sicura del proprio benessere, del progresso economico continuo, e non è capace di dare risposte ad una globalizzazione irreversibile. Per farlo dobbiamo attingere ai valori della solidarietà, del rispetto della dignità della persona, seguire una strategia convincente che sappia coniugare la promozione dei diritti umani con il rispetto delle leggi. Dobbiamo saperlo fare con un tratto di umanità che non può essere mai abbandonato anche perché fa sentire le leggi meritevoli di essere rispettate e i diritti sociali come un bene prezioso disponibile per tutti.
Negli ultimi anni le questioni dell’immigrazione e della povertà sono divenute strategiche e se non sapremo affrontarle con lungimiranza ne subiremo noi per primi le conseguenze disgreganti. Una impostazione cristiana dei rapporti tra gli uomini chiede a tutti un impegno serio nel lavoro, per la propria famiglia e le proprie aspettative, ma anche una attenzione agli altri, a chi ha avuto di meno e a chi non ha niente, a chi viene da lontano e deve costruire tutto ciò che occorre ad un essere umano per realizzarsi. A guidarci non deve essere una concezione del mercato che resta indifferente al destino degli uomini, ma la volontà di crescere insieme con benefici per tutti. Non dobbiamo dimenticarcelo mai, perché si tratta di un patrimonio ideale che, se realizzato, renderà cento volte tanto nel futuro.
Rassegna Stampa
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