La Corte costituzionale: non si tocca la legge 194 sull’aborto
«Ognuno di noi confonde i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo».
(Arthur Schopenhauer)
«“La 194 è salva”… Vorrei poter dire lo stesso per le innumerevoli innocenti creature precocemente strappate alla vita». Sono parole di Claudio Bargna, postate in un blog a commento dell’intervento di Cinzia Sciuto su Micromega. Sottoscrivo.
Non entrerò nel merito della decisione della Consulta, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 194, sollevata dal giudice tutelare del tribunale di Spoleto per il caso di una minorenne che voleva abortire senza coinvolgere i genitori.
Altri rifletteranno su questo, con maggiore competenza della sottoscritta. Ma siccome i quotidiani e i siti pro-choice si sono immediatamente scatenati con i loro hip hip hurrà, tirando fuori dalle soffitte – se non ora quando? – i soliti slogan, sarà bene ricordare che le parole non raccontano solo «pensieri», ma, nel caso dell’aborto, sottintendono e coinvolgono esseri umani: i figli, ai quali si dà o meno il permesso di venire al mondo. «Dettaglio», questo, che oggi dai media sopra citati mai è stato menzionato, ma che «dettaglio» non è. E’ carne, sangue, e un cuore che pulsa.
Concita De Gregorio, nell’articolo «Aborto, la legge 194 non si tocca. Battaglia infinita», così scrive: «Si fa fatica a credere che 34 anni dopo, cioè cinque generazioni dopo quella che ha battuto la battaglia finale e ha portato a casa il risultato, ci sia ancora chi si alza una mattina e senza avere, si crede, altri più diffusi e cogenti problemi da affrontare si chieda: ma non sarà mica troppa per caso tutta questa libertà?».
Sono parole che si commentano da sole, ma è intellettualmente onesto che chi si pre-occupa di riflettere sull’aborto venga liquidato come uno che si alza la mattina e non ha altri più diffusi e cogenti problemi da affrontare? C’è forse qualcosa di più serio, per un essere umano, che interrogarsi sulla vita e sulla morte? Vengono prima lavoro, politica, economia… o magari anche ferie, hobby, shopping…? Sono «problemi più diffusi e più cogenti» questi? Per voi, forse.
Per noi la vita è e resta al primo posto. Nasci (se tua madre – bontà sua – ha deciso di concedertelo) e solo «dopo» studi se ti va, maggiorenne sceglierai che partito votare, cercherai un lavoro, ti interesserai dei problemi dell’ambiente e del mondo, eccetera… Dopo. Prima bisogna che tua mamma ti abbia dato il permesso di venire al mondo.
Tornando agli aggettivi «diffuso e cogente»: «diffusa» è, in età fertile, la possibilità di trovarsi ad aspettare un bambino e diventa «cogente», a quel punto, (possibilmente anche prima!) interrogarsi sul valore della vita che si ha in grembo (ciascuno libero di rispondere come crede) e assumersi le responsabilità del caso (che non è accaduto «per caso», ma a seguito di un atto che, la stragrande maggioranza delle volte, è stato un atto consapevolmente deciso in due).
Ancora la De Gregorio: «Come nella canzone dove muoiono gli uomini e si salvano gli scoiattoli il tema è ancora quello: la tutela di un’ipotesi di vita a spese e a danno della vita in atto. Pazienza per la sorte della donna, tuteliamo l’embrione. Solo un uomo, solo chi non sappia con la sapienza della carne ciò di cui sta parlando può inalberare posizioni così. Ma accade spesso anche questo: che le discussioni teoriche le cui conseguenze pratiche si dispiegano sul corpo delle donne siano portate avanti da chi non sa di cosa parla o non vuole saperlo». Vero. «Le discussioni teoriche» spesso vengono disgiunte dalle «conseguenze pratiche». Ad esempio: si blatera tanto, è tutto un andare di slogan sull’autodeterminazione, sul «corpo è mio e tu, maschio fallocrate, non puoi decidere per me, che mi autodetermino e non sono contenitrice di embrioni parassiti…», e pazienza se, dopo tutte queste chiacchiere, ci scappa il morto. Sì, perché ci sarà anche chi non sa di «cosa» parla la 194, ma ciò che davvero inquieta è scoprire che la maggior parte non sa di «chi» parla la 194 e – ha ragione la De Gregorio – evidentemente «non vuole saperlo». Il guaio dei guai è proprio questo. Si parla sempre e solo del testo della 194 o della donna e si dimentica suo figlio. Che però… c’è.
Fanno poi pensare, tra i tanti commenti letti oggi, le parole e il tono dell’intervento di Cinzia Sciuto: «L’allerta… va mantenuta molto alta, perché ordinanze come quella del giudice di Spoleto – che per inciso ha costretto la ragazza a rivelare la gravidanza ai genitori, che per fortuna hanno acconsentito all’interruzione – rivelano un clima sempre più pesante». Il corsivo è mio. Sono parole su cui occorre riflettere, perché il messaggio è chiarissimo: l’autodeterminazione deve valere anche per le minorenni ed è un bene se le famiglie vengono bypassate.
Ottimo! Lasciamo soli i nostri figli minorenni, che ad educarli (?) come si conviene (e, soprattutto, come gli conviene) ci pensa lo Stato.
E così, “salva la 194”, i siti pro-choice, presi dall’euforia, si stanno ora scatenando a spingere per la distribuzione facilitata della Ru486, a chiedere «che quel giudice sia sollevato dall’incarico di giudice tutelare» (ipse dixit Mario Piatti, che così motiva: «E’ emblematico che questo attacco alla legge sia giunto da un giudice tutelare “militante”, strumentalizzando una ragazza minorenne che si è rivolta a lui, nel rispetto della legge, per chiedere l’autorizzazione ad esercitare la propria libera scelta»), a far pressione affinché i medici obiettori vengano rimossi dai reparti di ostetricia. Intralciano.
Il motivo vero per cui i medici obiettano lo sa solo Augias che oggi, statistiche alla mano, è arrivato alla sua personalissima conclusione. Siccome il numero degli obiettori è più alto del numero dei cattolici praticanti, non può essere che i medici si rifiutino di praticare aborti per convinzioni religiose. Ecco il trucco (secondo lui): «Mi ha spiegato un primario ginecologo che l’aborto, dal punto di vista della tecnica chirurgica, è un intervento semplice e ripetitivo, dà poche soddisfazioni e rischia di confinare a lungo chi lo attua in una posizione defilata».
Siccome non si parla dell’asportazione di un fibroma, ma dell’uccisione di un essere umano, non voglio nemmeno commentare. Penso però che abbia proprio ragione Schopenhauer: «Ognuno di noi confonde i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo». Come è infatti possibile che – statistiche alla mano – ad Augias non passi neanche per l’anticamera del cervello che tanti medici, anche non credenti, vedano qualcosa che dovrebbe essere a tutti evidente e cioè la presenza di una nuova vita, dentro la vita della donna che hanno di fronte? e riconoscano il valore indiscutibile e inviolabile di quella nuova vita? e non vogliano macchiarsi di omicidio? E’ così semplice…
Comunque, «la 194 è salva» perché – come scrive Concita De Gregorio, soddisfatta per aver «portato a casa il risultato» (ma buttato via un altro bambino) – «la Corte Costituzionale ha respinto la tentazione… di far fare macchina indietro al tempo». E aggiunge: «Sono le donne di solito (e i vecchi, e i bambini, e chi ha meno forza fisica) a farne le spese». Infatti…
Infatti, Concita, se tra la kermesse bolognese, gli interventi alle feste del Pd e gli inviti in tivù le capitasse di dare un’occhiata al nostro sito, vedrebbe che è proprio alle storie di «vecchi, bambini e chi ha meno forza fisica» che diamo maggiore risalto. Le donne e gli uomini hanno voce e possono reclamare tutti i diritti che vogliono. I più deboli non li ascolta nessuno. Come non esistessero.
Noi cattolici abbiamo imparato questo: che la vita di tutti è un dono, ed è indisponibile. E che la vita di tutti vale, sempre, la pena. Per questo e non per la 194 sarà… battaglia infinita.
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