La Cina sotto i riflettori
Il rispetto dei diritti umani in Cina è sotto esame in questi mesi che precedono le Olimpiadi del 2008. L’attenzione non è gradita alle autorità di Pechino e la settimana scorsa il ministro degli esteri Yang Jiechi ha intimato ai critici di non intromettersi, secondo una notizia Reuters del 12 marzo.
Il giorno precedente a tale reazione, il Dipartimento di Stato USA aveva pubblicato il “Country Reports on Human Rights Practices for 2007”. Il rapporto ammette che qualche passo in avanti è stato fatto e rimuove il Paese dalla lista dei “peggiori violatori”.
Esso tuttavia contiene forti censure sul comportamento della Cina nell’ambito dei diritti umani. La sezione dedicata alla Cina afferma che nel 2007 il comportamento del Governo è rimasto negativo e che sono aumentati ulteriormente i controlli in alcuni ambiti come quello della libertà religiosa in Tibet.
Il Dipartimento di Stato inoltre accusa le autorità di aver inasprito le restrizioni sulla libertà di parola e di stampa, e di aver aumentato gli sforzi diretti al controllo di Internet. Tra l’altro il rapporto accusa il Governo anche di continuare la sua politica coercitiva per il contenimento delle nascite, che porta in alcuni casi agli aborti forzati e alla sterilizzazione.
Come era prevedibile, la Cina ha reagito con ostilità nei confronti delle critiche del Dipartimento di Stato, secondo l’Associated Press del 13 marzo. Il Governo cinese ha emesso a sua volta un rapporto, che documenterebbe le violazioni dei diritti umani commesse dagli Stati Uniti.
Le organizzazioni per i diritti umani avrebbero voluto una posizione più fortemente critica da parte degli Stati Uniti nei confronti della Cina e sono rimasti delusi dalla sua esclusione dalla lista dei peggiori violatori, secondo il Washington Post del 13 marzo.
Preoccupazioni olimpiche
“Insieme ad altre organizzazioni abbiamo potuto verificare il brusco aumento delle violazioni dei diritti umani, direttamente connesso alle preparazioni per i Giochi olimpici”, ha affermato, al Washington Post, Phelim Kine, ricercatrice per l’Asia di Human Rights Watch – New York.
L’articolo cita anche l’organizzazione parigina Reporter Senza Frontiere, che ha dichiarato che avrebbe preferito che gli Stati Uniti avessero ottenuto qualche azione positiva da parte della Cina nell’ambito dei diritti umani, prima di cancellarla dalla lista dei peggiori violatori.
Riguardo il Tibet, il quotidiano britannico Guardian ha pubblicato un articolo, lo scorso mercoledì, sulla protesta di centinaia di monaci nelle strade della capitale Lhasa. La protesta, che rappresenta la più grande dimostrazione in quasi due decenni, è avvenuta il giorno dell’anniversario della fallita rivolta anticinese del 1959, secondo il Guardian. L’articolo riferisce inoltre dell’arresto di circa 50/60 monaci.
Le manifestazioni sono proseguite nei giorni successivi ed hanno dato luogo ai peggiori scontri dal 1989. Secondo la stampa ufficiale cinese, durante le proteste sarebbero morte 10 persone, mentre secondo i gruppi di opposizione sarebbero state 30, ha riferito la BBC lo scorso sabato.
Per quanto riguarda le Olimpiadi, aumentano le proteste delle organizzazioni per i diritti umani che denunciano un repentino aumento degli arresti a danno dei dissidenti. Esse accusano le autorità di tentare di stroncare ogni opposizione prima dell’inizio dei Giochi, secondo il New York Times del 30 gennaio.
L’articolo osserva che recentemente la Cina ha posto in detenzione 51 dissidenti che avevano protestato attraverso Internet. Inoltre, l’articolo riferisce che secondo Reporter Senza Frontiere, lo scorso anno sono stati bloccati più di 2.500 siti Internet.
Il 6 febbraio, l’organizzazione Human Rights Watch ha accusato le autorità cinesi di aver cercato, sistematicamente, di mettere a tacere i dissidenti.
“Pechino non ha dato praticamente alcun segnale di voler mantenere le promesse fatte alla comunità internazionale in cambio della possibilità di ospitare i Giochi”, ha affermato in un comunicato stampa Sophie Richardson, responsabile per l’Asia di Human Rights Watch.
Aumenta la fede
La libertà religiosa è un altro terreno di scontro. Da una serie di notizie recenti risulta che i tassi di fede religiosa in Cina sarebbero in aumento. L’8 dicembre il quotidiano Times di Londra ha riferito che è in brusco aumento la domanda di acquisto della Bibbia. L’unico editore in Cina autorizzato alla pubblicazione della Bibbia è Amity Printing, che avrebbe da poco raggiunto il record di 50 milioni di copie stampate.
Secondo un servizio apparso il 20 gennaio sul Washington Post, i leader cinesi si stanno aprendo alla religione, ma continuano a volerla relegare all’interno dei canali ufficiali. Un segnale di questa apertura è dato dalla pubblicazione, sulla prima pagina di un giornale di partito, il People’s Daily, della foto di Hu Jintao, capo del Partito comunista cinese, mentre dà la mano a Liu Bainian, segretario generale dell’Associazione patriottica cattolica cinese, durante i festeggiamenti del Capodanno.
“Dobbiamo approfittare del ruolo positivo che le figure religiose e i credenti, presenti nella popolazione, possono apportare alla promozione dello sviluppo economico e sociale”, ha affermato Jia Qinglin, membro del Comitato permanente del Politburo, durante un incontro con esponenti delle religioni ufficialmente riconosciute, secondo il Washington Post.
Pertanto, l’apertura alla religione, osserva l’articolo, è limitata a quanto potrà rivelarsi utile al perseguimento delle priorità dettate dal Governo.
Questa ipotesi trova conferma nei dati pubblicati il 6 febbraio scorso nel rapporto annuale per il 2007, di China Aid Association, un’organizzazione dedita al sostegno dei credenti perseguitati.
Secondo il documento, la persecuzione è aumentata nel corso dell’anno considerato, con un aumento degli arresti rispetto al 2006. Il rapporto si concentra sulla situazione delle cosiddette chiese domestiche: piccoli gruppi soprattutto di protestanti che si riuniscono in case private e che non seguono le direttive del Governo sulla pratica religiosa.
Il rapporto osserva che vi è stato un aumento degli arresti dei leader di questi piccoli gruppi. Inoltre, anche diversi cristiani missionari arrivati da oltre oceano sono stati arrestati e espulsi dal Paese. Secondo China Aid, il 2007 è stato l’anno in cui il Governo cinese ha esercitato le maggiori pressioni contro i missionari cristiani stranieri in molti anni.
Rapporti con il Vaticano
Anche le relazioni tra la Cina e il Vaticano continuano a presentare problemi, soprattutto su questioni come la nomina dei vescovi. Sembra tuttavia che vi siano dei tentativi in atto per cercare di migliorare la situazione, anche se è difficile avere un quadro preciso in merito.
Il 20 febbraio la Reuters ha riferito l’opinione di un anonimo esponente del Vaticano, secondo cui una visita di Benedetto XVI in Cina sarebbe “impensabile” date le carenze nella libertà religiosa.
Allo stesso tempo, secondo l’esponente del Vaticano le comunicazioni stanno migliorando grazie a entrambe le parti. Il giorno seguente, infatti, la Reuters ha pubblicato un altro articolo in cui si afferma che la Cina ha fatto una “rara ammissione pubblica” di intrattenere un dialogo con il Vaticano.
“La parte cinese ha avuto contatto con il Vaticano”, ha affermato Liu Jianchao, portavoce del Ministero degli esteri, durante una conferenza stampa, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli.
L’argomento ha continuato ad essere oggetto di interesse da parte della stampa. Il 2 marzo, il South China Morning Post ha reso noto che la Commissione del Vaticano sulle questioni della Chiesa in Cina avrebbe presto tenuto una riunione per discutere di alcuni temi tra cui il possibile ristabilimento delle relazioni diplomatiche.
Il quotidiano osserva che sarebbe il primo grande passo verso una revisione della politica del Vaticano, successivamente alla pubblicazione dello scorso maggio di una lettera del Papa indirizzata ai vescovi, sacerdoti e fedeli in Cina. Come riferito da ZENIT il 10 e 13 marzo, la riunione si è svolta dal lunedì al mercoledì della settimana scorsa.
Il cardinale Joseph Zen di Hong Kong è stato a Roma in occasione di tale riunione. In un’intervista rilasciata alla RAI, il Cardinale ha affermato che le Olimpiadi del prossimo agosto offrono alla Cina l’occasione per migliorare la sua situazione relativa ai diritti umani, secondo quanto riferito il 12 marzo da Associated Press.
Pur senza ulteriori dettagli, il cardinale Zen ha affermato nell’intervista di sperare che la Santa Sede e la Cina entrino presto in una “nuova era” delle loro relazioni, sulla base di una sorta di patto per migliorare le condizioni dei cattolici nel Paese asiatico. Resta da vedere se la Cina coglierà l’occasione per aprirsi maggiormente, o se continuerà a limitare i diritti umani e la libertà religiosa.
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