“La buona scuola” vista da una studentessa
E’ stupefacente la chiarezza di giudizio di una studentessa dell’ultimo anno di liceo, soprattutto la capacità di evidenziare il problema del soggetto vero, del protagonista della scuola: colui che ha la capacità di aiutare i ragazzi a entrare nella vita e a sentirsi protagonisti del cammino verso il proprio destino, colui che è appassionato al fatto che attraverso il sapere, attraverso quello che comunica i giovani diventino se stessi; e questo è lo scopo primario della scuola.
Io ho passato sia i cinque anni di elementari e tre di medie, che i cinque di liceo scientifico in scuole private, paritarie, con un numero ristretto di alunni per classe e nella maggioranza dei casi ho avuto insegnanti competenti e ben preparati. Devo ammettere che della scuola io ho bellissimi ricordi di esperienze e persone.
Ho letto i dieci punti principali della riforma “La Buona Scuola”; sono convinta che gli obiettivi per la scuola italiana descritti nel documento possano anche essere positivi, ma non ne ho visto uno che trattasse il vero problema di ogni mattina trascorso da un alunno e da un insegnante in classe; ora mi spiego.
Ho avuto professori di tutti i tipi; ho avuto insegnanti estremamente competenti ed appassionati alla propria materia, al lavoro dell’insegnamento e interessati ai loro alunni; ho avuto poi professori molto preparati e qualificati, ma privi di interesse nei confronti del proprio lavoro educativo o di particolare attenzione ai propri ragazzi; infine ho passato ore di lezione confuse e sprecate insieme ad alcuni insegnanti che non avevano idea del motivo per cui insegnassero, non avevano voglia, lasciavano totale libertà agli alunni di fare quello che volevano senza regole di alcun tipo. Sento dire da amici, che frequentano altre scuole, che a me tutto sommato è andata bene. Il problema è che, se non in rarissime eccezioni, indipendentemente dal professore che mi sono trovata di fronte (anche tra quelli più competenti), le ore passate in classe sono state noiose, il che purtroppo può sembrare scontato o banale nella scuola di oggi
Ma è un dramma vedere ogni mattina ragazzi sdraiati sul banco, stanchi e stufi di dover correre dietro a interrogazioni e verifiche per portare a casa il voto che salva, già “vecchi” perché senza la speranza di trovare in una mattina a scuola qualcosa di nuovo e di bello, perché spesso la sola cosa che aspettano è di finire presto per poter riposare quella mezz’ora in più, prima di dover subire il supplizio dello studio a casa. Lo vedo ogni giorno e l’ho vissuto in prima persona: la scuola diventa l’obbligo, il dovere che si vorrebbe evitare, per alcuni diventa un incubo, fonte di fallimenti e frustrazioni. Per non parlare poi di quelli che alla fine di un “percorso” di cinque anni di superiori non sanno nemmeno quale facoltà scegliere, non sanno dire cosa desiderano, cosa li appassiona.
Sembra che da anni la scuola abbia perso di vista la necessità di rendere le ore di lezione interessanti e pochi si chiedono cosa questo effettivamente comporti, significhi. Un professore rende la lezione interessante quando porta l’IO del ragazzo o della ragazza dentro la materia che sta spiegando alla classe. Questo purtroppo è rarissimo anche tra i professori più preparati e competenti, ma è il punto centrale attorno al quale dovrebbe ruotare tutta la riforma della buona scuola, il resto sono solo dei begli accessori.
Professori scelti e qualificati con stipendi in base al merito e premi in denaro, niente più supplenti, lingue straniere fin dalla scuola elementare, maggiori competenze informatiche, più alternanza scuola e lavoro, nuovi piani di integrazione per stranieri e disabili… questo si legge nella proposta di riforma. Cose positive, ma a quando la riforma che tratterà del cuore, delle domande, dei desideri e del destino dei ragazzi? A quando la riforma che farà di tutto per dare agli studenti dei professori che li porteranno dentro la propria materia, per scoprire quel centro di bellezza che anni prima ha ricordato agli insegnanti stessi il significato del loro destino e che ha fatto scaturire in loro l’esigenza di trasmettere ai nuovi giovani la stessa scoperta?
Solo questo aspettiamo! E’ la sola riforma necessaria, e leggendo i punti de “La buona scuola” aspettavo impaziente di trovare finalmente un titolo, un paragrafo che trattasse del problema del destino di ciascun ragazzo; d’altronde è di questo che dovrebbe trattare la scuola, ed è proprio su questo che si dovrebbe concentrare una buona riforma che ha a cuore le future generazioni italiane.
Così non ci sarebbero più solo dei professori, ma dei maestri, non più solo una fonte di informazioni da sapere per il voto, ma persone con a cuore il destino di ciascun alunno e che si prendono l’impegno di raccontare loro quelle volte in cui la chimica, la fisica, la letteratura o la storia ha svelato loro quel qualcosa inerente il significato di se stessi. La scuola così non sarebbe certo una noia, ma una occasione per la scoperta di se stessi; oggi, invece, le cinque ore di lezione e le ore di studio a casa rimangono un dovere e la maggior parte delle volte non offrono un suggerimento, un giudizio rispetto alla nostra persona, ma il tutto è unicamente finalizzato alla valutazione nel giro di interrogazioni. Nell’ultimo anno si parla solo dell’esame di stato e del voto che vorremo vedere sul diploma, ma tanti studenti non sanno cosa vogliono fare l’anno prossimo e chi ha scelto una facoltà universitaria non sa nemmeno spiegare la motivazione di tale scelta.
È drammatico vedere ragazzi che escono da un percorso scolastico senza sapere cosa desiderano fare della loro vita, già svogliati, annoiati in partenza perché per anni sono stati convinti che la vita fosse la scuola associata a una valutazione e alla promozione. Possibile che non ci si renda conto di come ragazzi di quasi vent’anni finiscano la scuola senza sapere cosa ci stanno a fare nella vita? Alla fine del quinto anno di liceo è questo che vedo e sento stando in classe con i miei compagni o parlando con amici che frequentano scuole diverse.
Io non sono mai stata tra le migliori come rendimento scolastico, ma ritengo che non occorra un genio per capire qual è il problema della scuola, basta una persona come me, una tra le tante, che vive ogni giorno in prima persona insieme ai compagni e ai professori le cinque ore di lezione con l’esigenza che contribuiscano all’educazione e alla conoscenza di sé, dei propri compagni e dei giovani in generale.
Questa coscienza penso che sia nata in me dal fatto che soprattutto in questo ultimo anno ho incontrato persone che, avendo ben chiaro il significato del proprio destino, ho deciso di seguire per una sana invidia, perché anch’io desideravo soprattutto conoscere me stessa e capire cosa stessi al mondo a fare. Questi amici mi hanno portato dentro la vita aiutandomi nelle situazioni di tutti i giorni con il loro giudizio e indicandomi in cosa loro, nelle circostanze che vengono proposte dalla vita, hanno riconosciuto e riconoscono il significato che li rimanda al loro destino. Da questi amici io non me ne andrò mai, desidero vivere la vita con persone così.
L’unico modo per tirare fuori l’umanità dei ragazzi – ed è solo di questo che c’è bisogno, ne sono sicura – è far loro incontrare ogni mattina un luogo in cui seguire per “invidia” e per fascino dei maestri e insieme svelare poco a poco il loro destino, perché è di questo che si tratta in ogni esperienza educativa.
Alexia, quinta liceo scientifico
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