L’embrione chimera cosa sia nessun lo sa, nemmeno in Gran Bretagna
Davvero tutto è pronto e chiarito, in Gran Bretagna, in vista della creazione di
embrioni misti uomo-animale? Oppure gli inglesi si sono infilati in un vero e proprio cul de sac? Gli embrioni-chimera, infatti, aspettano ancora di essere definiti, sia dal punto di vista scientifico sia da quello legislativo.
Da mesi si sta girando a vuoto nel
tentativo di definire compiutamente cosa è umano e cosa non lo è, e non se ne uscirà, finché si continuerà a negare un dato di fatto: non si può definire l’umano a prescindere dalla sua evidenza, dal fatto che l’essere umano esiste ed è ciascuno di noi. Il dibattito ha coinvolto e coinvolge il governo, varie commissioni parlamentari e la Human fertilisation and embryology authority, che si occupa di fertilizzazione e ricerca su embrioni umani. Nel gennaio scorso, la Hfea aveva dichiarato che “probabilmente” la ricerca su questo tipo di embrioni era di sua competenza, ma è in corso una dura lotta con l’altro ente regolatore che si
occupa della sperimentazione animale, perché l’attribuzione di competenza dipende ovviamente dalla natura degli embrioni ibridi. Perché la Hfea possa autorizzarne la creazione, infatti, un embrione deve, secondo la legge, avere patrimonio genetico completamente
umano e capacità di svilupparsi.
La nuova entità uomo-animale non soddisfa né la prima né la seconda condizione, anche perché per testarne la possibilità di sviluppo bisognerebbe impiantarlo nell’utero di una donna, il che è proibito (almeno per ora). Insomma, non si può verificare uno
dei requisiti richiesti dalla legge, perché la legge stessa lo vieta. Alle audizioni parlamentari, così, si è sentito dire di tutto, con toni che non sarebbero dispiaciuti a Ionesco. Leggiamo nei resoconti delle audizioni che il professor Martin Bobrow, presidente del Gruppo di lavoro sugli embrioni ibridi dell’Accademia delle scienze mediche, sostiene: “La definizione di umanità che io conosco si applica a tutto ciò che cammina sulla terra piuttosto che a quello che vive in un disco di Petri, e non sono sicuro che ci sia una risposta netta”. Ibridi geneticamente disabili. Il reverendo Lee Rayfield, della Chiesa d’Inghilterra, invece, introduce il concetto di embrione diversamente abile – per lui un embrione interspecie è un essere umano “geneticamente disabile” – e specifica, con accenti che ricordano “una rosa è una rosa è una rosa” di Gertrude Stein, che “un umano è un umano è un umano. Quanti geni devi mettere in un umano per farne un umano?”. Mentre, al direttore del Consiglio di bioetica scozzese, Calum MacKellar, che chiede: “Qual è la definizione di persona?”, il presidente della commissione risponde: “Le domande le facciamo noi”. La Hfea ha proposto cinque definizioni di embrioni misti, a seconda delle tecniche con cui si potrebbero creare, e il governo, nella sua proposta di revisione di legge, ne ha formulate altrettante, quattro simili e una nuova, la famosa catch-all, pigliatutto”, indipendente da come si fabbricano gli embrioni: se fra breve venissero fuori nuove tecniche, infatti, bisognerebbe mettere di nuovo le mani sulla legge per aggiornarla.
“Consideriamo totalmente insoddisfacente l’approccio del governo alle definizioni di embrione interspecie, in particolare rispetto alla definizione della sottosezione (e) “pigliatutto” – definizione che nessuno dei nostri testimoni è stato capace di spiegarci” – conclude la commissione parlamentare che ha formulato una prima revisione
delle proposte governative, mentre il Medical research council dichiara : “Siamo tutti incompetenti”, e poi: “Siamo andati a consultare i nostri referenti del settore e altre figure di esperti e nessuno di loro riusciva a capire questa descrizione”.Fra i vari tipi di embrioni misti, allora, quali sono abbastanza umani da essere regolati dalla Hfea, e quali sufficientemente animali da ricadere nella normativa sulla sperimentazione animale? Ancora Bobrow, per esempio, dice che quel che rende un’entità umana piuttosto che animale non è facilmente misurabile in termini di Dna, ma visto che comunque una linea va tracciata, non vede perché non possa essere il cinquanta per cento. Ted Webb, dipartimento della Salute, pensa “quello che dobbiamo cercare di fare nella legge è identificare le entità che sono più umane che animali”. Obietta il presidente della commissione: “Dare una maggiore protezione a ualcosa che contiene solo il cinquanta per cento di umano piuttosto che il novanta per cento sembra essere illogico”, mentre al dottor Doug Naysmith, parlamentare, che chiede quale sia “la differenza fra il 50, il 25 e il 70 per cento” di umanità, il professor Robin Lovell-Badge, del MRC National Institute for Medical Research spiega, presumibilmente serissimo, che “si può iniziare con un embrione che è al venti per cento umano e finire con qualcosa che è al sessanta per cento umano o viceversa”.
Perplessa anche Caroline Flint, ministro della Salute: “Non credo sia necessario dare una maggiore protezione a un’entità che è, diciamo, 50 per cento umana e 50 animale. Lo possiamo stabilire basandoci su quanto si sa su cosa si può fare in termini di tecnologia e per quale scopo”. E non poteva mancare la star del momento, il dottor Stephen Minger, del King’s College, uno dei due scienziati che ha richiesto la licenzaper gli embrioni misti: “Cos’è il 50 per cento? E’ il 50 per cento di Dna, il 50 per cento dei geni, il 50 per cento delle sequenze codificate, il 50 per cento dei cromosomi?”. Ian Gibson, parlamentare e genetista, gli fa notare: “Vista la grande somiglianza fra i Dna, le banane e gli umani hanno una somiglianza
del 30 per cento nel Dna”. E Minger, senza fare una piega: “Esattamente”. A questo punto la commissione interparlamentare si è arresa, ha dichiarato che “l’argomento di quale proporzione dell’entità sia umana e quale animale non è chiaro”, e ha proposto un’unica nuova definizione di embrione interspecie. A novembre sapremo come andrà a finire.
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