Kabul, gli afghani della lista di Selene Biffi in volo per l’Italia
In Afghanistan la volontaria italiana ha creato la “scuola per cantastorie”. “Gli studenti mi scrivevano: ‘Miss Selene ho paura, portami via di qui’. Come potevo non farlo?”. Così ha mosso contatti e militari svegliandosi ogni notte alle 2
Ha lavorato in silenzio notte e giorno per due settimane ma alla fine Selene Biffi ce l’ha fatta. La “maestra di Kabul”, l’italiana che per sette anni ha tenuto aperta la “Qessa Academy” nella capitale afghana, ha imbarcato una ventina di afghani, (ragazzi, ragazze e le loro famiglie) su un aereo per l’Italia. Probabilmente ha salvato loro la vita. Nell’inferno dell’aeroporto minacciato anche dall’Isis due ex allievi della scuola per cantastorie si sono salvati mostrando ai militari italiani una “esse” scritta sul palmo di una mano o su un foglio. La “esse” di Selene, appunto.
Era quello infatti il segno distintivo concordato “con gli eroi”, come chiama lei chi ha permesso la riuscita di questa missione quasi impossibile. “Dica loro di avere una “esse” addosso. Dica loro di gridare “Selene” per farsi riconoscere nel canale d’acqua di fronte a noi all’aeroporto. Così sapremo che sono le persone della lista di Selene”. Era questo l’accordo intrecciato tra Kabul, Roma e Mezzago (Monza) dopo un lungo incrocio di telefonate, carte bollate e tanta buona volontà.
In un lungo post su Facebook (che sembra un primo sospiro di sollievo) Biffi rivela cosa ha provato in questo mese. Dalla capitale afghana ha ricevuto richieste drammatiche. “Sorella, in nome di quanto hai di più caro e per Allah, ti prego, aiutami”. “Miss Selene, ho paura, portami via di qui”. E ancora: “Sono stato un tuo studente, non abbandonarmi”.
Tornata dall’Afghanistan poco più un mese fa, Selene Biffi si è alzata ogni notte alle due per coordinare una difficilissima macchina fatta di contatti, messaggi e disperazione. “Mi sono rifiutata di stare con le mani in mano mentre il Paese che amo e che tanto mi ha dato sembrava tornare indietro alla parte più oscura della sua storia”. E quindi via a un giro senza fine di telefonate, nomi e mail tra Roma e Kabul. “Tutto è nato su Facebook con un’offerta d’aiuto di Andrea Pignataro – racconta – che mi ha fatto un gancio con Giovanni Lattanzi di AOI (Associazione Ong Italiane) per provare ad aiutare i ragazzi e le loro famiglie. Giovanni e AOI hanno smosso per me mari e monti, rendendosi reperibili h24″.
Rassegna Stampa
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