India pacifica. Ma non con i cristiani
ROMA, 19 maggio 2008 – Mentre gli occhi severi del mondo sono puntati sulla Cina, in India violazioni altrettanto gravi della libertà e dei diritti umani avvengono nel disinteresse generale. Con i cristiani come vittime.
L’epicentro delle violenze è l’Orissa, uno Stato che si affaccia sul Golfo del Bengala, a sud di Calcutta. Qui, da Natale a oggi, si sono contati 6 morti, 5 mila senza tetto, 70 chiese, 600 case, 6 conventi, 3 seminari distrutti.
“Una distesa di cenere, questo è ciò che rimane”, ha esclamato il cardinale Telesphore Toppo, arcivescovo di Ranchi, dopo una visita nelle zone colpite dalle violenze anticristiane.
Ma anche da altri luoghi dell’India arrivano notizie allarmanti.
Nel Maharashtra, lo Stato con capitale Mumbai, nel mese di marzo due suore carmelitane che da tredici anni svolgono il loro ministero tra le tribù fuori casta sono state aggredite da estremisti indù . “Gridavano accusandole di operare conversioni”, hanno raccontato alcuni testimoni.
Nel Madhya Pradesh, a Pasqua, il governo ha dovuto schierare le forze dell’ordine a difesa delle chiese: una misura presa dopo oltre cento aggressioni dal dicembre 2003, cioè da quando il BJP, il partito nazionalista indù, ha conquistato questo governo locale.
Negli stessi giorni, il parlamento di un altro Stato indiano, il Rajasthan, ha approvato una legge anti-conversione che infligge una pena di cinque anni di carcere e una multa di 50 mila rupie (circa 1250 dollari) a chi opera conversioni “tramite forza, coercizione o frode”. Con il Rajasthan, sono ora sei gli Stati indiani dove è in vigore questo tipo di normativa, di fatto puntata contro i missionari cristiani.
Ma il peggio avviene nell’Orissa, lo Stato indiano con quasi metà dei suoi 36 milioni di abitanti fatta di tribali e dalit, cioè i gruppi sociali più svantaggiati dal rigido sistema delle caste. Nell’Orissa povertà, arretratezza e modernizzazione convivono e producono una miscela esplosiva.
Ed è su questo sfondo che si scatena la violenza anticristiana. Nel disinteresse di un Occidente tutto assorbito dal boom economico di questo gigante asiatico.
A rompere il silenzio sulla tragedia c’è il reportage, pubblicato sul numero di maggio 2008 del mensile “Mondo e Missione” del Pontificio Istituto Missioni Estere.
Rassegna Stampa
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