Il Papa: risvegliamo la passione educativa nelle nostre comunità
La priorità, oggi, è di risvegliare nelle comunità cristiane “la passione educativa”. Senza mai “perdere la fiducia nei giovani”, dunque, e senza cedere “cedere alla sfiducia e alla rassegnazione” che possono derivare dalla sfida dello “scetticismo” e del “relativismo”, così come dalla “falsa idea di autonomia di se stessi”. Educare, dunque, come elemento essenziale di quella “volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizzazione” che se non vuole né può nascondere “le ferite da cui la comunità ecclesiale è segnata, per la debolezza e il peccato di alcuni suoi membri”, neppure può ignorare “il servizio appassionato” di tanti sacerdoti.
È stato un discorso tutto proiettato in avanti, a confortare la scelta degli Orientamenti pastorali approvati ieri dai vescovi italiani, quello che Benedetto XVI ha rivolto loro ieri mattina nell’Aula nuova del Sinodo, in Vaticano, in occasione dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Accolto dal lunghissimo applauso dei presenti, e dopo il saluto rivoltogli dal cardinale Angelo Bagnasco, papa Ratzinger ha voluto subito mettere l’accento, andando a braccio, su quelle che sono due le sfide culturali di fronte alle quali si pongono oggi gli educatori. La prima, ha detto, è “la falsa idea di autonomia di se stessi” che si fa strada soprattutto nelle nuove generazioni, quando invece è “essenziale” per la persona umana diventare se stessi in relazione al “tu e al noi”. L’uomo, infatti, ha posto in evidenza Benedetto XVI, “è creato per il dialogo” e “solo l’incontro con il Tu e il noi apre l’io a se stesso”.
Seconda sfida è quella che “lo scetticismo e il relativismo” pone oggi a chi voglia ‘educare’, che non è “imporre” ma, ha detto il Papa, “aprire” la persona “al Tu di Dio”. Pertanto, “pur consapevoli del peso di queste difficoltà – ha detto ancora il Pontefice – non possiamo cedere alla sfiducia e alla rassegnazione. Educare non è mai stato facile, ma non dobbiamo arrenderci”. Piuttosto, “risvegliamo nelle nostre comunità quella passione educativa”, “che non si risolve in una didattica”, in quanto “educare è formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa”.
È in questo senso dunque che bisogna “non perdere mai la fiducia nei giovani”, ha proseguito Benedetto XVI. La “sete” che infatti essi “portano nel cuore” è “una domanda di significato e di rapporti umani autentici, che aiutino a non sentirsi soli davanti alle sfide della vita”. I giovani hanno bisogno di “una compagnia sicura e affidabile”, ed ecco perché la proposta cristiana passa “attraverso relazioni di vicinanza, lealtà e fiducia”. Di qui l’invito ai vescovi ad andare “incontro” ai giovani, “a frequentarne gli ambienti di vita, compreso quello costituito dalle nuove tecnologie di comunicazione, che ormai permeano la cultura in ogni sua espressione. Non si tratta di adeguare il Vangelo al mondo – ha spiegato – ma di attingere dal Vangelo quella perenne novità, che consente in ogni tempo di trovare le forme adatte per annunciare la Parola che non passa, fecondando e servendo l’umana esistenza”. Nel ricordare “la debolezza e il peccato” di alcuni membri della Chiesa, ferita dall’interno per i casi di abusi sui minori, Benedetto XVI ha osservato come “questa umile e dolorosa ammissione non deve, però, far dimenticare il servizio gratuito e appassionato di tanti credenti, a partire dai sacerdoti”, per i quali “l’anno speciale a loro dedicato ha voluto costituire un’opportunità per promuoverne il rinnovamento interiore”. Parlando poi della “crisi culturale e spirituale” in atto nel nostro Paese, che è “altrettanto seria di quella economica”, Benedetto XVI ha ricordato che alla Chiesa spetta il compito di “declinare un’agenda di speranza”, perché “le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili». In una stagione «marcata da un’incertezza sui valori”, il Papa, nel rinnovare “l’appello ai responsabili della cosa pubblica e agli imprenditori a fare quanto è nelle loro possibilità per attutire gli effetti della crisi occupazionale”, ha esortato “tutti a riflettere sui presupposti di una vita buona e significativa… Alla Chiesa, infatti, sta a cuore il bene comune, che ci impegna a condividere risorse economiche e intellettuali, morali e spirituali, imparando ad affrontare insieme, in un contesto di reciprocità, i problemi e le sfide del Paese”.
A rivolgere al Pontefice il saluto iniziale era stato, come detto, il cardinale Bagnasco, che una volta di più ha voluto ribadire che il popolo italiano “le vuole bene e si stringe a lei”. “Noi sappiamo – ha aggiunto – di dover sempre ringraziare Pietro per il suo universale ministero oltre che per il suo singolare legame con la nostra Patria, ma in questo momento ancor più per quanto lei ha fatto e sta facendo in ordine all’esemplarità della Chiesa e dei suoi ministri”. “Mentre rinnoviamo filiale obbedienza al suo magistero di pensiero e di vita – ha concluso – vogliamo confermarle la medesima vicinanza affettuosa e sincera che ha avuto modo di sperimentare lo scorso 16 maggio in piazza San Pietro”.
Rassegna Stampa
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