Il dolore del Vaticano per i nuovi martiri
«Non ci resta che pregare per le loro anime, essere solidali con le loro famiglie e affidare a Dio questi nostri fratelli martiri, uccisi senza colpe mentre erano al servizio dei poveri tra i più poveri dell’ Afghanistan». Parla senza esitazione di “nuovi martiri” morti per la fede cristiana, monsignor Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry (Guinea Bissau) e segretario di Propaganda Fide, il dicastero per le missioni estere della Santa Sede. Pur con una certa prudenza («Perché- spiega – non ho notizie dirette su quanto è successo»), per l’ arcivescovo Sarah il sacrificio dei nove medici volontari «fucilati perché avevano con sé delle Bibbie» è una tragedia che non può non richiamare alla mente la lunga catena di persecuzioni anticristiane avvenute negli ultimi tempi in terre d’ Oriente, in Asia, Africa, America Latina.
Una lunga, quasi interminabile, lista di religiosi, uomini e donne caduti in nome del Vangelo e di un modo di essere missionari oggi che sarà inevitabilmente uno dei temi portanti che caratterizzeranno l’ ormai prossimo Sinodo speciale dei vescovi del Medio Oriente indetto da papa Benedetto XVI in Vaticano dal 10 al 24 ottobre prossimi.
Data delicatissima per il futuro della pastorale missionaria della Chiesa cattolica che sarà chiamata per forza a fare i conti anche con le persecuzioni anticristiane del terzo millennio. Una piaga difficilmente quantificabile anche se secondo la Fides, l’ agenzia stampa di Propaganda Fide (la congregazione vaticana per l’ evangelizzazione dei popoli) per tutto il ventesimo secolo i martiri “certificati” dalla Chiesa sono stati circa 12 mila. Ma dal 2000 fino ad oggi questa cifra è stata abbondantemente superata a causa di una lunga striscia di violenze che hanno colpito centinaia e centinaia di missionari appartenenti alle varie confessioni cristiane, come loro malgrado stanno a dimostrare i 9 medici volontari assassinati in Afghanistan, preceduti da altri episodi simili in aree a rischio come il Pakistan dove solo qualche giorno fa – il 3 agosto scorso – sono stati uccisi fuori da una chiesa di Sukkur 5 cristiani per mano di estremisti islamici. La stessa furia omicida che nei mesi passati ha portato alla morte7 fedeli cristiani crocifissi agli alberi a Tombura Yambio, in Sudan, da miliziani vicini ad Al Qaeda o figure di primo piano del movimento missionario italiano come il vescovo Luigi Padovesee don Andrea Santoro, martirizzati in Turchia. Nomi ormai noti al grande pubblico ai quali vanno doverosamente affiancati anche tanti anonimi cristiani oppressi in Iraq, in Cambogia, nello Zimbawe, in Somalia, Cina, Corea del Nord, India – specialmente nella regione dell’ Orissa dove non a caso martedì prossimo si celebrerà una giornata contro le persecuzioni antireligiose – ma anche in paesi sudamericani come Messico, Guatemala, Colombia, El Salvador, dove non di rado sacerdoti e missionari vengono ammazzati dai narcotrafficanti. Stando alle stime dell’ agenzia Fides, attualmente sono circa 60 i paesi dove i cristiani sono a rischio di persecuzioni e di martirii. I missionari uccisi “sono martiri delle fede e della giustizia”, è solito ricordare padre Giulio Albanese, missionario comboniano ed editorialista del quotidiano cattolico Avvenire, secondo il quale spesso i religiosi vengono violentemente messi a tacere perchè difendono la vita ed i diritti dei più deboli, ma anche perchè sono gli unici che vanno a fare “scudo” tra gli eserciti e la gente comune come spesso accade in zone del Sudan meridionale e della Repubblica del Congo. Ma a preoccupare ancora di più la Santa Sede e i dicasteri missionariè la presa d’ atto che il numero dei mariti tende a crescere col passare degli ultimi anni: nel 2009- riporta Fides – sono stati 37 contro i 20 nel 2008. Cifre che nel 2010 sono destinate ad essere superate.
Rassegna Stampa
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