Attenti all’ideologia del vuoto: qualcuno rischia di crederci
Onorificenze alla laicità e uova lanciate a Ferrara.
C’è un filo direttissimo che collega certi discorsi “accademici” alle uova tirate in piazza, con intolleranza, come accaduto ieri a Bologna. Per esempio in Italia esiste il Premio “il laico dell’anno”. Con tanto di premiazione nell’austera aula magna dell’Università di Torino.
Per chi come me conosce la pittoresca fauna dei premi di poesia, animati dalle più bizzarre congreghe o da ineffabili assessorati e proloco, ormai nessun premio sorprende. Ma questo de “il laico dell’anno” è veramente sublime.
Come si deve sentire il professor Rusconi che a questa tornata ne è stato insignito, rispetto alla schiera degli architetti, dei medici dell’anno, dell’auto dell’anno, dei giardinieri, dei baristi e dei parrucchieri dell’anno? Tutta gente che fa bene una professione utile a tutti, e che attaccheranno l’attestato in negozio, in officina, in studio. A chi gli chiede: buongiorno, Professore, io sono il piastrellista dell’anno, e lei cosa è? lui che fa, risponde: piacere, laico dell’anno? Fuori il petto, il Professore raccoglie le idee, e con la medaglia fresca sul bavero elabora una lectio magistralis, che La Stampa di Torino rilancia. La quale lectio, stringi stringi, dice un concetto solo ma in bella forma per ritirare la medaglia: il valore più caro al laico in democrazia è la democrazia stessa. Ovvero, la possibilità di discutere le proprie opinioni liberamente. E in nome di questa idea il laico dell’anno da subito se la piglia con la Chiesa poiché si permette di proporre alcuni “valori non negoziabili”. Per il laico dell’anno questa stessa proposizione, “valori non negoziabili” è un attentato alla laicità e al suo unico valore, ovvero la democrazia, intesa come libero negoziato. Ergo, mica tanto implicitamente, il laico dell’anno suggerisce che l’esistenza e l’espressione della Chiesa è un attentato alla convivenza democratica.
Complimenti. Mio nonno era un vecchio liberale, romagnolo e anticlericale, non aveva letto i tanti libri del Professore, e non ne aveva scritti. Ma un’idea di laicità così misera (e intollerante) l’avrebbe mandata a quel paese. Perché pensare che la laicità si realizzi in questa specie di vuoto, di assenza di alcune poche cose care, non negoziabili, insomma di valori che, spesso diversi e a volte comuni, rappresentano però qualcosa che si afferma come ciò per cui val la pena vivere, non è un’idea laica, ma è un’idea da delusi della vita.
Un’idea da sacerdoti di un idolo, scelto tra quelli meno ingombranti e però pervasivi, e perciò neo-ideologici. Un’idea da patiti dell’idolo di questa epoca: il formalismo. Che è sempre l’arma usata da chi ha il potere per non essere disturbato.
In questa posizione di (finta) laicità sembra quasi che emerga una strana rabbia: come quella di chi, avendo perso qualcosa di caro, esiga che nessuno ce l’abbia. E se qualcuno si azzarda a dire, ad esempio, che la vita di un uomo vale di più di una conversazione democratica, o che se non ci si prende cura dei giovani e delle nuove vite la democrazia diviene un camposanto governato a maggioranza, il laico dell’anno reagisce accusando di essere nemici della libera convivenza.
Ma cosa è questa laicità procedurale e livorosa, parruccona e tristolina, che pensa che il valore del calcio siano le regole con cui si gioca e non la bellezza del goal, la eleganza dell’azione?
Cos’ha di laico dell’anno qualcuno che usa l’idea di laicità in modo così clericale, formalista e contundente? Le uova, le urla, il ritorno di vecchie formule in bocca ai ragazzi che hanno contestato Giuliano Ferrara sono figli diretti e non figliastri di chi ritiene che la proposta – avanzata in modo democratico – di un valore non negoziabile sia pericoloso. E dunque da cacciare dalla pubblica piazza.
Pensare che la laicità si realizzi in questa specie di vuoto, non è un’idea laica, ma da delusi della vita
Rassegna Stampa
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