Darfur, tragedia senza fine e senza ascolto
Sono oltre trecentomila, secondo le stime delle Nazioni Unite, i morti provocati dal conflitto civile che si protrae da oltre cinque anni nella regione occidentale sudanese del Darfur. Lo ha detto ieri il vice Segretario generale dell’Onu responsabile degli affari umanitari, John Holmes, in un rapporto al Consiglio di sicurezza. Le precedenti stime delle Nazioni Unite, basate su uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), indicavano che le vittime degli scontri e degli stenti causati dalle razzie dei villaggi erano centomila in meno.
Holmes ha spiegato che gli scontri armati, i bombardamenti aerei e le violenze sistematiche contro le donne non si sono mai interrotti nel Darfur, neppure negli ultimi mesi, nonostante le crescenti pressioni internazionali e l’avvio del dispiegamento dell’Unamid, la missione congiunta dell’Onu e dell’Unione africana. “Particolarmente preoccupante – ha precisato Holmes – è l’alto livello di violenza sessuale, verificatosi durante gli ultimi due mesi, nel corridoio settentrionale del Darfur dell’ovest”.
Holmes ha aggiunto che negli ultimi mesi si è ulteriormente aggravata l’emergenza umanitaria, in particolare per quanto riguarda la spaventosa condizione dei profughi. Dall’inizio dell’anno, almeno altre centomila persone sono state costrette a lasciare le loro case per sfuggire alle sistematiche violenze. Quella dei profughi del Darfur – stimati dai rapporti dell’Onu a oltre trecentomila rifugiati all’estero, in particolare nel confinante Ciad, e a più di due milioni di sfollati interni – è considerata dalle Nazioni Unite la maggiore emergenza umanitaria oggi in atto nel mondo.
Holmes ha concluso il suo intervento ricordando che dall’inizio dell’anno sei addetti agli aiuti umanitari sono stati uccisi, le loro basi sono state attaccate 42 volte, mentre 106 veicoli, alcuni dell’Onu e alcuni delle Organizzazioni non governative, sono finiti in mano ai gruppi armati, in qualche caso ritenuti appoggiati dal Governo di Khartoum.
Da parte sua, Rodolphe Adada, il rappresentante speciale dell’Onu e dell’Unione africana per il Darfur, ha indicato che la capacità dell’Unamid “non è aumentata di molto (…) e rimane sotto il 40 per cento dell’obiettivo previsto, cioè 19.555 uomini”. Negli ultimi mesi, più volte il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha reiterato gli appelli a fornire uomini e soprattutto mezzi (in particolare elicotteri) alla missione Unamid, ma finora senza esito. Al tempo stesso, la ripresa nei mesi scorsi degli scontri nel confinante Ciad tra forze governative e milizie ribelli ha ritardato, se non compromesso, anche il dispiegamento della parallela missione Eufor dell’Unione europea, decisa per fornire protezione ai rifugiati del Darfur nello stesso Ciad e nella Repubblica Centroafricana.
La relazione presentata ieri da Holmes al Consiglio di sicurezza è stata contestata dall’ambasciatore del Sudan all’Onu, Abdalmahmoud Abdalhaleem, secondo il quale i dati “non sono corretti, non sono credibili” e i morti provocati dal conflitto non sarebbero più di diecimila. La posizione del Governo di Khartoum non è nuova. Da oltre cinque anni le autorità sudanesi negano la veridicità dei rapporti internazionali sul Darfur.
Rassegna Stampa
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