Da Milano e Roma l’acqua per la vita
«Io vi ho cercati, adesso voi siete venuti da me e vi ringrazio ». Andrea arriva da Torino e, insieme alla bottiglia d’acqua per Eluana, porta con sé lo stesso messaggio che Papa Giovanni Paolo II aveva dedicato ai giovani che lo vegliavano durante i giorni della sua agonia. Parole di speranza stampate sulla maglietta che indossa. «Ero a Roma allora, sono qui oggi per dire quello che Eluana non può dire». È lo stesso sì alla vita pronunciato ieri in piazza Duomo da circa trecento persone, accorse a portare acqua sul sagrato: un migliaio di bottiglie per aderire all’iniziativa promossa dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara . «Acqua per Eluana Englaro. Da oggi, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua» aveva chiesto il giornalista. Alle 18.40 arriva anche lui a deporre la sua, insieme al direttore di Avvenire Dino Boffo e al direttore di Tempi Luigi Amicone.
«Non è notizia di tutti i giorni che per decreto di un collegio giudiziario, si sopprima una vita negando cibo e acqua» esordisce Ferrara , che parla di «decisione folle». Intorno, sul sagrato, la folla dei curiosi si mischia agli indifferenti, mentre chi ha aderito all’iniziativa applaude e invita i promotori ad andare avanti. Insieme alle bottiglie, c’è chi ha lasciato bigliettini con foto della giovane, orsetti di peluche e piccoli nastri colorati. Oppure frasi come quella scritta da Giorgio, «Far morire di fame e di sete un essere umano, non è amore». Un po’ quello che ha ricordato la diocesi di Milano sul suo sito, quando ricorda che «Eluana è una persona viva; non dipende da nessuna macchina, né riceve cure straordinarie. Ha soltanto necessità di alcuni aiuti per alimentarsi ed essere accudita». Di qui l’invito ad «attuare concretamente il comando evangelico di ‘dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati’ ». In piazza Duomo, intanto, arriva una donna che reca con sé un cartello. Dice semplicemente: «Ce la lasci, Eluana». Lo stesso invito fatto dalle suore, che da sedici anni la accudiscono, al padre. «L’hanno spiegato proprio loro: è nostra sorella – ricorda Ferrara –. La notte dorme, di giorno apre gli occhi». Certo, è una disabile grave e non è in grado di intendere e di volere. «È una vita con il più grande degli handicap, l’assenza di una coscienza vigile. Però è una vita», chiude il discorso Ferrara . «Però» qui, adesso, sono in diversi a chiedere che le venga garantito ancora il diritto all’esistenza, «pur rispettando le affermazioni fatte dal padre e la sua sofferenza. Ma non c’è nelle leggi e nella nostra civiltà – aggiunge Ferrara – l’idea di acconsentire a un suicidio, anche se ci fosse una volontà testamentaria. Puoi rifiutare una cura, non puoi chiedere di essere lasciato morire di fame e di sete».
È quel che pensano i trecento di piazza Duomo, dai volontari del Movimento per la vita del Piemonte ai giovani che arrivano dal Veneto. «Da Verona diciamo sì alla vita» è lo striscione che appendono a fianco delle bottiglie. Una signora che ha saputo adesso dell’iniziativa si ferma e chiede, «Ma adesso c’è un momento di preghiera?… », un’altra discute animatamente con chi contesta il significato di questa piccola mobilitazione. «Ci deve essere spazio per i sentimenti di vicinanza e di solidarietà espressi da chi ha portato la sua personale bottiglia d’acqua per Eluana » dice Ferrara , che non accetta il riferimento all’articolo 32 della Costituzione, citato nel decreto della Corte d’Appello che finisce per condannare Eluana alla morte. «L’articolo 32 della Costituzione riguarda la libertà di cura e qui non si tratta di cure ma di alimentazione». Poi anche la legge dovrebbe fare un passo indietro quando è in gioco la vita di una persona. «Che cos’è, di fronte al diritto, il fatto che ci sia chi vuole prendersi cura di Eluana? Questo distrugge il diritto, lo straccia ».Come fu allora per Terri Schiavo negli Stati Uniti, anche oggi per Eluana siamo di fronte a «un caso di carità e non di legge».
A discutere sul sagrato alla fine restano due ragazze, che parlano animatamente di Eluana, di suo padre e di quella sentenza. «Quando senti che c’è un’intera comunità di persone che, con affetto, amore e carità, sono disposte a conservare il calore del corpo di tua figlia» aveva detto pochi minuti prima Ferrara , diventa più difficile dire di no a chi vuole garantire ad Eluana ancora cibo e ancora acqua. Ancora vita.
Rassegna Stampa
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