Cristiano picchiato a morte dal datore di lavoro islamico
Un altro terribile episodio di violenza contro un giovane cristiano è emerso ieri in Pakistan proprio mentre il rimpasto governativo in corso rischia di abolire il ministero per le Minoranze, finora baluardo almeno simbolico della tutela di fedi diverse da quella islamica.
Il 6 febbraio Imran Masih, 24enne cristiano del Punjab, è stato torturato e ucciso dal suo datore di lavoro, un ricco proprietario terriero musulmano della città di Gujranwala. Una vicenda incredibile, motivata da un giorno d’assenza sul lavoro, perché indisposto, del giovane che da due anni era autista di Mohammad Masood e della sua famiglia. Il giorno dopo, rientrato al lavoro, è stato picchiato e torturato fino alla morte. Il cadavere è stato poi impiccato per simulare il suicidio. Il padre della vittima, anch’egli alle dipendenze di Masood, insospettito dai segni di percosse sul corpo del figlio ha deciso di denunciare il datore di lavoro alla polizia locale, che si è inizialmente rifiutata di accogliere la richiesta. Soltanto dopo una pubblica protesta nelle strade di Gujranwala, organizzata da gruppi di attivisti della società civile, la polizia ha registrato ufficialmente le accuse di omicidio contro Mohammad Masood e due complici.
Imran Masih è stato sepolto l’8 febbraio nel suo villaggio di Nut Kallan, con grande partecipazione di cristiani e rabbia contenuta a stento, ma la sua vicenda ha riacceso i riflettori sulla condizione delle minoranze religiose. Non solo per i rischi cui sono spesso sottoposti i loro membri, ma anche per la difficoltà di fare luce sulle vicende e di ottenere giustizia. La vicenda di Imran non è in fondo molto diversa da quella di Arshed Masih, anch’egli alle dipendenze di un notabile musulmano, bruciato vivo un anno fa davanti alla famiglia per avere rifiutato la conversione. La moglie era stata violentata dagli stessi assalitori e poi molestata nel posto di polizia dove era andata per denunciare l’assassinio del marito. La memoria corre però anche alla dodicenne cattolica Shazia Bashir, massacrata poche settimane prima di Arshed, dopo avere subito maltrattamenti e forse violenza sessuale dal datore di lavoro, un avvocato musulmano di Lahore, capoluogo del Punjab, difeso successivamente dagli stessi colleghi e scagionato da indagini opportunamente guidate. Ultimo caso del genere, registrato nel marzo 2010, è quello di Kiran George, giovane cristiana, domestica in una facoltosa famiglia di fede islamica, stuprata dal figlio del datore di lavoro e poi uccisa con il fuoco dallo stesso giovane e dalla sorella affinché non potesse denunciare la violenza. Solo la punta dell’iceberg di una impressionante casistica, in buona parte nascosta per vergogna o per paura.
Come commenta una dichiarazione rilasciata all’agenzia Fides della All Pakistan minorities alliance (Alleanza delle minoranze di tutto il Pakistan): “Tali episodi si susseguono in un contesto di discriminazione sociale e religiosa, in cui i ricchi musulmani pensano di poter disporre della vita dei cristiani, che sono ultimi nella scala sociale e sono vittime indifese delle violenze”.
Con il rimpasto ministeriale che dovrebbe completarsi entro domani è pressoché certa la scomparsa del dicastero per le Minoranze di cui è stato responsabile dall’aprile 2008 il cattolico Shahbaz Bhatti. Le attribuzioni del ministero dovrebbero essere rilevate da un dipartimento all’interno del ministero delle Religioni. Bhatti ha ringraziato quanti lo hanno sostenuto “in questa battaglia” e ha assicurato che continuerà a impegnarsi per la protezione e la dignità delle minoranze “secondo gli incarichi che mi verranno affidati dal partito”.
Un partito, quello del Popolo pachistano cui appartengono anche il presidente Zardari e il premier Gilani, che negli ultimi mesi lo ha praticamente lasciato solo, sotto la crescente pressione degli integralisti che sono arrivati a minacciarlo di morte.
Rassegna Stampa
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