Chi studia, muore. Perché Boko Haram ha distrutto più di mille scuole in Nigeria
Nel 2014 Boko Haram ha ucciso più persone dell’Isis (oltre seimila), guadagnandosi lo scettro di gruppo terroristico più mortifero del mondo. Ma c’è un’altra vittima illustre dei jihadisti in Nigeria: l’educazione. Solo nel 2015, infatti, e solo nella regione del lago Chad, attorno al quale Boko Haram combatte senza sosta nel nord della Nigeria, sono state chiuse o distrutte più di 1.100 scuole.
600 INSEGNANTI UCCISI. Secondo Irin, tra il 2009 e l’ottobre di quest’anno i terroristi islamici hanno ucciso più di 600 insegnanti. Boko Haram letteralmente significa “l’educazione occidentale è peccato” e dal 2009 tempesta il nord del paese per cacciare tutti i cristiani e fondare uno Stato islamico. Uno dei primi obiettivi dei jihadisti sono le scuole, colpevoli di insegnare altre materie oltre al Corano e di essere plagiate dai successori dei colonizzatori occidentali.
DOCENTI IN FUGA. Oltre a quelli uccisi, altri 19 mila professori sono scappati dalle scuole dove insegnavano a causa della violenza. Migliaia di altri sono stati minacciati, feriti o rapiti. «È da 20 anni che insegno», racconta Ahmadu Abba, 42 anni, docente in una scuola della capitale dello Stato di Borno, Maiduguri, dove gli attentati si susseguono da anni. «Sono sempre spaventato di entrare in classe. La maggior parte dei miei colleghi è stata uccisa o ferita». In città le lezioni si tengono solo due giorni a settimana e quand’è periodo di esami contingenti dell’esercito vengono schierati a protezione degli edifici. «Un sacco di volte ho pensato di cambiare lavoro a causa dell’insicurezza», continua.
«CHIUNQUE PUÒ PIAZZARE UNA BOMBA». Il governo assicura di aver già aumentato al massimo la protezione, ma Hadiza Bashir, vedova con sette figli, insegnante in una scuola elementare di Maiduguri, non è d’accordo: «Non c’è un cancello a bloccare l’entrata e nessuna guardia a vedere chi entra e chi esce. Chiunque potrebbe venire dentro e piazzare una bomba». Molti nigeriani risolvono il problema della sicurezza rifiutando le proposte di lavoro che vengono dal nord-est del paese: «Di recente ho rifiutato una proposta a Gashua, presso l’università federale dello Stato di Yobe (uno dei più colpiti da Boko Haram, ndr)», spiega il docente Shehu Ahmed. «Ho pensato che fosse troppo rischioso per me andare a lavorare là».
Rassegna Stampa
Gallagher: Ho incontrato un popolo ferito e coraggioso, serve dialogo per la pace
Intervista con l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati a conclusione della sua missione in Ucraina
Kiev, anche sotto le bombe di Putin la «fabbrica dei bambini» fa affari
«Questa guerra non ha fermato Biotexcom»