Benedetto XVI: ragazzi, non perdete l’anima per inseguire il successo
Due compiti per i giovani. E una messa in guardia. Sono quelli che Benedetto XVI consegna ai ragazzi romani, durante la celebrazione della penitenza (in cui egli stesso ascolta le confessioni di sei giovani), svoltasi ieri pomeriggio in preparazione della XXIII Giornata mondiale della gioventù di domenica prossima. I due compiti innanzitutto: «Divenite voi stessi redentori dei giovani del mondo», esorta il Pontefice, citando Giovanni Paolo II, cioè l’ideatore di questo appuntamento del giovedì precedente la Domenica delle Palme, divenuto ormai tradizionale per la Chiesa capitolina. E poi, proprio ai giovani della sua diocesi, Papa Ratzinger dice: «Questa città è nelle vostre mani. A voi il compito di renderla bella anche spiritualmente con la vostra testimonianza di vita vissuta nella grazia di Dio e nella lontananza dal peccato». Sì, perché, aggiunge il Pontefice capovolgendo le logiche del mondo, «dietro alla facciata del successo si nasconde spesso un’esistenza vuota». Ed è qui la sua messa in guardia da certi inganni, che portano l’uomo alla disumanizzazione. Benedetto XVI chiede, invece, ai diecimila giovani che gremiscono la Basilica vaticana di «fare spazio alla presenza dello Spirito Santo, che è l’ “anima” e il respiro vitale della vita cristiana». Se, infatti, l’uomo perde la sua anima, «apparentemente non ha perduto niente, ma gli manca tutto». Il vescovo di Roma parla ai suoi giovani con il cuore in mano. Fa riferimento ad alcune esperienze di quando era arcivescovo di Monaco-Frisinga. E annota: «È ovvio che l’essere umano non può gettare via letteralmente la propria anima, dal momento che è essa a renderlo persona.
Eppure ha la spaventosa possibilità di essere disumano, di rimanere persona vendendo e perdendo al tempo stesso la propria umanità».
L’azione dello Spirito Santo, al contrario, rinnova dall’interno. «Ricordate sempre che siete “tempio dello Spirito”; lasciate che Egli abiti in voi e obbedite docilmente alle sue indicazioni», dice il Papa. E questo avviene anche tramite il sacramento della riconciliazione. «Con animo contrito confessiamo i nostri peccati – esorta, dunque – proponendoci seriamente di non ripeterli più». La riconciliazione con Dio, infatti, è fonte della «vera gioia» e aiuta a discernere la propria vocazione. «Anche oggi il mondo ha necessità di sacerdoti, di uomini e donne consacrati, di coppie di sposi cristiani. Per rispondere alla vocazione attraverso una di queste vie siate generosi – sottolinea Benedetto XVI –, fatevi aiutare col ricorso al sacramento della confessione e alla pratica della direzione spirituale nel vostro cammino di cristiani coerenti. Cercate in particolare di aprire sinceramente il vostro cuore a Gesù, il Signore, per offrirgli il vostro “sì” incondizionato».
Perciò la celebrazione penitenziale prevede sia la formula della confessione generale dei peccati, sia il momento individuale della riconciliazione, grazie alla presenza di un gran numero di sacerdoti confessori. Durante la prima fase, mentre l’assemblea si inginocchia alla recita del Confiteor, e anche le luci della Basilica vengono ridotte, per favorire un’atmosfera di raccoglimento, alcuni giovani leggono invocazioni di perdono, seguendo lo schema dei sette doni dello Spirito Santo (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio). Poi, dopo ogni richiesta di perdono, viene accesa una lampada davanti al Crocifisso. «Perdonaci se non ci siamo lasciati guidare da te – dice una delle invocazioni –.
Perdonaci se abbiamo preferito alla compagnia affidabile della Chiesa il fascino effimero di tanti cattivi maestri, del relativismo e del secolarismo, che ci vogliono impedire di essere sale della terra e luce del mondo». «Perdonaci – aggiunge un altro giovane – se non sempre ci siamo aperti al tuo Spirito per cercare e praticare quotidianamente le vie della pace che passano nelle nostre famiglie, nei luoghi di studio e di lavoro, di divertimento, nella città dove abitiamo». La richiesta di perdono vale anche per le omissioni: «Quando siamo incapaci di un abbraccio che risolleva il morale di chi è sconfitto, di una visita che restituisce dignità a chi si sente solo e abbandonato». Infine l’ultima invocazione. «Perdonaci per tutte le volte che senza timore ti abbiamo offeso con il peccato, la menzogna, la vigliaccheria, la bestemmia, la slealtà, la crudeltà, il tradimento, l’uso impuro del nostro corpo e di quello altrui». Accanto al grande Crocifisso è stato posto il leggio con l’Evangeliario dal quale è stato proclamato il brano di Giovanni in cui Gesù dà agli apostoli riuniti nel cenacolo il potere di rimettere i peccati. E anche questa collocazione ha un suo preciso significato: la vita di fede avviene davanti al Crocifisso e nella luce della Parola del Signore che è stata ascoltata. «La Croce prende su di sé tutta la miseria del mondo, che nasce dal peccato. Essa si rivela come segno di grazia», conclude il Pontefice. La stessa grazia che migliaia di giovani sperimentano nel segreto del confessionale, prima che la celebrazione termini.
Il Papa invita i giovani di Roma a «fare spazio» nella propria vita «alla presenza dello Spirito Santo», di fronte al rischio della «disumanità» che incombe su chi cerca solo l’affermazione mondana
Rassegna Stampa
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