Bambini iracheni reclutati come kamikaze
Sin dal 2004, un numero crescente di bambini sono stati reclutati in Iraq da milizie o da gruppi di terroristi, in alcuni casi per essere impiegati come attentatori suicidi: la denuncia è stata fatta ieri da un’inviata speciale del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, al termine di una missione di sei giorni a Baghdad.
Radhika Coomaraswamy ha dichiarato: “I bambini in Iraq sono vittime silenziose della violenza, molti di loro non vanno più a scuola, vengono reclutati per attività violente o detenuti, mancano dei più basilari servizi e manifestano una vasta gamma di disturbi psicologici per la violenza nella loro vita quotidiana”.
Solo il quaranta per cento dei bambini ha accesso all’acqua potabile, mentre è possibile una diffusione del colera, ha poi sottolineato l’inviata dell’Onu in un comunicato diffuso dall’agenzia Aswat Al Iraq, in cui invita tutte le parti a fornire alle agenzie umanitarie “libero e indipendente accesso” ai bambini in varie zone del Paese.
Radhika Coomaraswamy ha quindi esortato la comunità internazionale ad assistere i Paesi vicini dell’Iraq dove circa due milioni di iracheni hanno trovato rifugio dalla guerra per far sì che i piccoli profughi iracheni possano essere protetti e possano avere accesso a servizi fondamentali come assistenza sanitaria e insegnamento.
Sul piano politico e militare si segnala, intanto, che il leader radicale degli sciiti iracheni, Moqtada Al Sadr, ha chiesto ai suoi seguaci di rispettare il cessate il fuoco e di non combattere l’esercito iracheno.
“Siete i più impegnati e i più pazienti nei confronti del cessate il fuoco e i più obbedienti al vostro leader – si legge in un messaggio di Al Sadr letto durante la preghiera del venerdì -. Mi auguro che continuerete con la vostra pazienza e fede”. Nel comunicato poi si afferma: “Quando abbiamo minacciato una guerra aperta, intendevo una guerra contro gli occupanti e non contro i fratelli iracheni”.
Il 25 marzo il premier Jawad Al Maliki ha lanciato una vasta offensiva contro le milizie sciite, e in particolare contro l’esercito del Mahdi, la milizia di Al Sadr, nella città meridionale di Bassora. Gli scontri, che hanno causato oltre mille morti, si sono poi propagati a varie città del sud e nel quartiere sciita di Sadr City, a Baghdad, dove i morti sono stati diverse centinaia.
Dopo alcuni giorni la tensione si è allentata, in seguito alla richiesta di Al Sadr ai suoi miliziani di lasciare le strade: a Sadr City, tuttavia, i combattimenti sono continuati ad intermittenza.
Ieri è stato assassinato vicino a Bassora un giornalista iracheno: lo ha reso noto l’Associazione per la protezione della libertà di stampa irachena. Il reporter, 38 anni, si chiamava Jasim Al Battat. Lavorava per l’emittente radio-tv locale Al Nakhil, del Supremo consiglio islamico iracheno (Siic).
Alla luce di questo nuovo fatto di sangue, l’Associazione per la protezione della libertà di stampa irachena ha accusato il Governo di Baghdad e le forze multinazionali di non considerare con la necessaria serietà “la questione della protezione dei giornalisti”.
Questa settimana il Parlamento iracheno ha ricevuto un progetto di legge per aumentare le misure di protezione per gli operatori dei media, che verrà esaminato dalla stessa Assemblea legislativa nei prossimi giorni.
L’organizzazione Reporters sans Frontieres (Rsf) ha riferito, in un rapporto diffuso il mese scorso, che “centinaia” di giornalisti iracheni sono stati costretti all’esilio dall’inizio della guerra. Nel documento si sottolinea che “le ultime misure prese dal Governo tradiscono la sua impotenza”: viene citata come esempio la proposta fatta a febbraio del ministero dell’Interno di “concedere il porto d’armi ai giornalisti”.
Stamane si è appreso che uno dei capi di Al Qaeda è stato ucciso in un’operazione condotta dalla truppe statunitensi a Samarra. La notizia è stata data dalla polizia irachena: Mohammed Jahim Al Harbuni, iracheno, è stato ucciso con tre complici nel quartiere di Al Jillam, nel nordest di Samarra. Harbuni era considerato il capo delle operazioni di Al Qaeda nella provincia di Saladino.
Il Pentagono continua a mettere a punto i piani per una “potenziale azione militare” contro l’Iran con l’obiettivo di eliminare “la crescente influenza negativa di Teheran in Iraq”, sebbene la soluzione diplomatica sia sempre considerata come la prima opzione. È quanto ha indicato l’ammiraglio Mike Mullen, capo di stato maggiore della Difesa uscente, che si è detto “sempre più preoccupato” per l’attività dell’Iran nell’intera regione mediorientale.
L’ammiraglio ha osservato che un eventuale conflitto con l’Iran comporterebbe “uno sforzo estremo”, ma “non impossibile” per le forze armate Usa, già impegnate in Iraq e in Afghanistan. Mullen ha comunque escluso l’ipotesi di un attacco contro Teheran “nell’immediato futuro”.
Intanto truppe statunitensi hanno localizzato in Iraq depositi di armi di recentissima produzione, confezionate in Iran: lo riferisce “The Wall Street Journal”, che cita due esponenti del comando Usa a Baghdad, sotto anonimato.
Ieri l’aviazione militare turca ha nuovamente attaccato alcune basi, nel nord dell’Iraq, dei guerriglieri curdi del Pkk. Il raid è stato diretto contro alcune postazioni situate nella zona di Khakourk, al confine con la Turchia. La stessa località era stata attaccata mercoledì scorso. Il Pkk (partito dei lavoratori del Kurdistan) è considerato un’organizzazione terroristica dalla Turchia, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea.
Rassegna Stampa
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