Baghdad, cristiani nel mirino. Ucciso prete siro-ortodosso
Lavorava in una scuola «mista» che ospitava anche studenti musulmani
Di nuovo nel mirino. Sotto il tiro di chi considera la fede e l’opera di riconciliazione colpe da punire con la morte. Il corpo di padre Youssef Adel ieri a mezzogiorno era a terra per strada nel quartiere Hai al-Wahda, nel centro di Baghdad: una pozza di sangue a poche centinaia di metri dalla sua chiesa, dalla sua casa, dalla sua scuola: un complesso di edifici molto vicini dove cristiani e musulmani hanno imparato a convivere, nonostante tutto, e dunque un facile bersaglio per chi punta a uccidere anche la speranza. L’hanno aspettato, i suoi assassini, progettando un’esecuzione in piena regola che rende questa morte ancora più difficile da sopportare. Era appena uscito dalla Chiesa di San Pietro e Paolo, padre Adel. Quarant’anni, ortodosso di rito siriaco, era salito in macchina con la moglie per tornare a casa. Solo un breve viaggio, in una zona una volta abbastanza tranquilla, signorile, a maggioranza cristiana. Il sacerdote ha percorso un tratto di strada, poi due auto gli hanno bloccato il passaggio. Alcuni uomini armati hanno tirato giù dalla macchina lui e la moglie. Li hanno spintonati, strattonati. Poi, il sibilo di un silenziatore: padre Adel è stato colpito una volta alla testa con una pistola. E poi ancora, e ancora. Sette, otto spari, raccontano i testimoni. Tutti al capo. Il prete si è accasciato tra le grida della moglie, che il commando ha lasciato lì, disperata, prima di fuggire via. Hanno scelto di uccidere un prete e hanno scelto di uccidere un simbolo. Il sacerdote prestava la sua opera nella basilica principale della comunità siriaco-ordodossa, dove si trova l’arcivescovo Hawa, e nella scuola superiore che era aperta a tutti. Un istituto privato che era stato nazionalizzato da Saddam Hussein ma che era poi sempre rimasto, in qualche modo, sotto l’egida della Chiesa siriana, che lo gestiva. Quasi tutti cristiani gli amministratori, quasi tutti cristiani gli insegnanti.
Padre Adel aveva l’incarico di coordinatore ed era forte sostenitore del dialogo interreligioso. Nessuna discriminazione tra razze e religione nella sua “isola” di pace nel centro di Baghdad. Un’“isola”, però, già troppe volte raggiunta dalla follia del fondamentalismo. «Vogliono prendersela, quella scuola», spiegano fonti nella capitale. «Non possono tollerare che cristiani e musulmani frequentino le stesse aule». E di minacce ne aveva ricevute eccome, in passato, padre Adel, accusato, come monsignor Faraj Rahho, l’arcivescovo caldeo di Mosul sequestrato e assassinato da un gruppo terrorista il 29 febbraio, e come tutti gli altri preti cristiani uccisi negli ultimi anni, di essere un «sostenitore del crociato invasore». La condanna, «Miscredenti», era già stata scritta su una busta trovata sul portone della chiesa un anno fa. Dentro, due proiettili. Padre Adel non si era arreso. Neanche quando ha visto il cerchio stringersi sempre di più. Neanche quando la cecità criminale degli estremisti, solo dieci giorni fa, si è fermata davanti alla porta di un’altra chiesa cristiana, vicinissima alla sua: quella caldea di San Giuseppe, nel centralissimo quartiere di Karrada. Stesso schema: i terroristi, a bordo di due auto, si sono piazzati davanti al portone e hanno cominciato a sparare, terrorizzando i fedeli. «Cercavano padre Louis Shade», commentano a Baghdad. E solo per un caso il sacerdote può continuare la sua missione: perché due giovani guardiani della chiesa, armati, come tocca essere a Baghad, anche su un sagrato, hanno avuto la prontezza di reagire, costringendo i terroristi alla fuga. La comunità cristiana locale, ormai ridotta al lumicino (fino agli anni Novanta i fedeli erano circa un milione, ora ne sono rimasti meno di 400mila) è profondamente addolorata per la perdita di padre Adel. I suoi funerali si svolgeranno oggi, a Baghdad. Una città che non riesce più a rialzarsi. E che anche ieri, insieme a un sacerdote, ha perso altri tre civili innocenti, uccisi da un attentato su un autobus in una zona centrale.
(Ha collaborato Anderios Oraha)
Rassegna Stampa
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