Al carcere di Modena 7 morti, continua la rivolta a Foggia e Milano
Il coronavirus infiamma anche la carceri, già in tensione per il preoccupante ritorno del sovraffollamento. E la protesta si trasforma in dramma. Sei detenuti morti e quattro ricoverati in rianimazione a Modena, probabilmente per ingestione di farmaci rubati in infermeria, e due agenti penitenziari sequestrati e picchiati a Pavia, sono i fatti più gravi di due giorni di protesta sfociata in vere e proprie rivolte. Mentre questa mattina ci sono stati due tentativi di evasione dai penitenziari di Foggia e Palermo Ucciardone, il primo in parte riuscito, ed è in corso una dura protesta a San Vittore a Milano coi detenuti del reparto “La nave” saliti sul tetto, ma anche con devastazioni in vari reparti e dell’infermeria col rischio che si ripeta quanto accaduto a Modena. Fuori dal carcere milanese hanno manifestato alcuni gruppi anarchici, con momenti di tensione con le forze dell’ordine che hanno effettuato una carica.
Tutto nasce dalle limitazioni ai contatti coi familiari e, più in generale, dalle preoccupazioni per il contagio, aggravate, appunto, da condizioni di grave sovraffollamento, che di fatto impediscono tra l’altro di rispettare le distanze precauzionali. Tensioni diventate poi gesti violenti, ripetuti in tanti istituti, sostenuti anche da proteste esterne da parte di familiari e amici. Quasi un tam tam che fa sospettare una qualche regia comune. Sabato la prima iniziativa a Salerno, domenica a Modena, Pavia, Napoli Poggioreale, Frosinone, e ancora Padova, Vercelli, Alessandria, Bari, Foggia, Genova Marassi, Palermo Pagliarelli.
Stoviglie sbattute sulle inferriate, lenzuola e materassi bruciati, ma anche vere e proprie rivolte con l’occupazione di alcuni settori degli edifici carcerari, e il lancio di oggetti verso gli uomini delle forze dell’ordine accorsi per sostenere la polizia penitenziaria. Le situazioni più gravi a Modena e Pavia. Nel pomeriggio i detenuti si erano barricati nell’istituto della città emiliana.
Due agenti sono rimasti lievemente feriti nelle fasi più concitate, prima che il personale del carcere – una ventina tra poliziotti e sanitari – fosse fatto uscire. Sul posto è arrivato anche il prefetto, assieme alle forze di polizia che si sono schierate di fronte alla struttura da cui è stato visto uscire del fumo, probabilmente a causa di un incendio di materassi. In tarda serata la notizia della morte dei tre detenuti che, secondo le autorità, non sarebbe direttamente riconducibile alla rivolta, anche se gli accertamenti sono appena cominciati. Le verifiche sono in fase preliminare e, sempre secondo le stesse fonti penitenziarie, avrebbero evidenziato che uno dei tre è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, sostanze che evidentemente non dovevano avere, mentre il terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato.
Tre morti comunque favorite dalla grave situazione di tensione. La procura di Modena ha aperto un’inchiesta sulla rivolta dei detenuti e per chiarire le cause della morte dei sette detenuti. Una prima ipotesi, ancora da confermare dall’esito dell’autopsia, collega i decessi all’abuso di farmaci. Alcuni detenuti, infatti, si erano appropriati di medicinali dalla farmacia interna alla struttura. Una conferma è arrivata questa mattina con purtroppo l’aumento dei decessi. Sono 6 in totale i detenuti morti dopo il caos nel carcere di Modena. Lo ha riferito il capo del Dap Francesco Basentini. “Tre sono morti prima del trasferimento, nel carcere di Modena e altri 3 nelle carceri dove erano stati trasferiti”. Nel pomeriggio è deceduto anche il settimo detenuto che era stato trasferito nel carcere di Marino del Tronto.
La casa circondariale modenese è stata seriamente danneggiata. In corso il trasferimento della maggior parte dei detenuti, 530 quelli totali, in altre strutture.
E in serata la rivolta è scattata nella casa circondariale di Pavia Torre del Gallo dove i detenuti hanno preso in ostaggio due agenti di polizia penitenziaria, hanno rubato le chiavi delle celle agli agenti e liberato decine carcerati. Lo si è appreso dai sindacati Uilpa e Sappe, che hanno parlato di “devastazione” con i detenuti che si stanno picchiando tra di loro. Nella notte i detenuti, che si erano asserragliati sui tetti e nei camminamenti, sono rientrati nelle celle dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti che all’Ansa ha però smentito il sequestro dei due agenti.
“C’è stata una gran confusione e alcuni atteggiamenti che sono stati equivocati” e che hanno fatto credere a chi del personale del carcere era presente per sedare la rivolta, a un sequestro e al pestaggio di due agenti. Fatto, quest’ultimo, che il procuratore ha smentito: “Nessun atto di violenza, nessun sequestro” ha spiegato, aggiungendo che non si è trattato nemmeno di “un regolamento di conti tra detenuti”.
Comunque saranno le indagini ad accertare la dinamica di quanto accaduto e ad appurare se i due agenti siano stati tenuti in ostaggio e malmenati o se la concitazione e la confusione del momento abbiano generato un equivoco. E di equivoco parla anche il garante per i diritti dei detenuti, Mauro Palma a proposito delle motivazioni delle rivolte. “In troppi istituti sta passando un messaggio che non corrisponde alla realtà dei provvedimenti presi. Si parla di blocco dei colloqui mentre nel decreto sono solo sospesi i colloqui diretti fino al 22 marzo, sostituiti se possibile dai colloqui via Skype e dall’aumento delle telefonate. E se passa il messaggio della chiusura totale si crea una situazione che può sfociare in rabbia e violenza”. Cosa che in effetti c’è stata favorita dal sovraffollamento che registra un indice di 129,40%. Vale a dire che a fronte dei 50.692 posti a disposizione negli istituti penitenziari italiani, sono presenti 60.885 detenuti.
“L’interesse è la salvaguardia della salute dei detenuti – ha spiegato ancora Palma – si tratta di una sospensione temporanea perché ci sia il tempo di attrezzare gli istituti in modo diverso, con sale che consentano colloqui nel rispetto delle norme previste”.
Ma oggi la tensione non si è placata. A Foggia alcuni detenuti al grido “indulto, indulto” sono riusciti a evadere abbattendo un cancello della “block house”, la zona che li separa dalla strada, venendo bloccati poco dopo all’esterno dell’istituto penitenziario dalle forze dell’ordine. Ma alcuni, dopo aver rapinato delle auto, sono riusciti a fuggire. Quelli sicuramente bloccati sono 32, alcuni dei quali sono stati rintracciati a Bari e Cerignola. Ma per avere dei numeri certi bisognerà attendere altri controlli anche dentro l’istituto che è stato in parte devastato. Tentativo di evasione anche dal carcere Ucciardone a Palermo. Alcuni detenuti hanno tentato di scavalcare la recinzione dell’istituto di pena ma sono stati bloccati dalla polizia penitenziaria.
Un appello a mantenere la calma, a cessare le violente rivolte in atto in molte carceri e capire che le misure che limitano i contatti con i familiari sono state adottate solo per tutelare la loro salute rispetto ai rischi di contagio da coronavirus. A rivolgersi ai detenuti chiedendo loro un “atto di responsabilità” è don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri, che lancia anche un appello alla politica perché affronti con coraggio la situazione drammatica che si è creata nelle carceri, anche pensando a un indulto. “Comprendo che la situazione è grave è che i detenuti si sentono ancora più isolati – spiega -. Ma se i contatti con l’esterno, i colloqui con i familiari sono stati temporaneamente sospesi è stato fatto per tutelare loro, la loro salute. Come succede anche fuori dalle carceri, il contagio avanza anche per l’irresponsabilità delle persone. Io chiedo ai detenuti di sentirsi responsabili perché nessuno li priva di un diritto ma sono decisioni necessarie e molto difficili anche per chi ha dovuto prenderle. Se all’interno di un carcere ci fossero contagi, sarebbe una situazione ingestibile, le violenze aumenterebbero”. Poi l’appello alla politica.
“Indulto o amnistia sono decisioni politiche, non posso essere io a suggerire una soluzione di questo tipo, ma se si arrivasse in questo momento a decidere di fare uscire quelli che possono farlo, che sono quasi a conclusione della loro pena, con un indulto, io consiglierei una scelta coraggiosa”. Don Grimaldi ha anche inviato un messaggio al personale delle carceri, cappellani e operatori che, scrive, si trovano “in prima linea a fronteggiare questa crisi con coraggio. Le criticità in atto – aggiunge -, se non affrontate con scelte mirate, rischiano di far diventare le nostre carceri “polveriere” di rabbia e di violenza. Il mio auspicio è che il Signore possa illuminare e guidare coloro che hanno la responsabilità di offrire risposte urgenti, senza essere ostaggio di prepotenze e di ricatti, affinché si possano ristabilire la tranquillità e il dialogo per un lavoro sereno per tutti. Che il Signore vi accompagni in questo delicato momento”.
Un messaggio di dialogo arriva dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. “Nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri” e i provvedimenti presi hanno “la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria”, ma “deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”. Il Guardasigilli, che mercoledì al Senato terrà un’informativa urgente, assicura: “Manterremo un dialogo costante. Nei dipartimenti di competenza sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture per la popolazione detenuta e i lavoratori”.
Intanto nel corso della giornata si sono aggiunte le proteste a Prato, Bologna, Roma Rebibbia e Regina Coeli, con occupazione di reparti e incendi. Mentre per strada alcuni familiari dei detenuti si aggiungono alla protesta, in particolare a Rebibbia dove hanno bloccato il traffico su via Tiburtina.
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