Aiuti del mondo fermi alle porte del dramma
Il primo aereo con gli aiuti delle Nazioni Unite, decollato da Brindisi, è atterrato ieri, ma con molto ritardo. Le lentezze e gli imbarazzi del regime birmano, che cerca disperatamente di mantenere sotto controllo anche gli aiuti, hanno ostacolato il già difficile lavoro di soccorso. Un milione e mezzo stime Onu, gli abitanti colpiti “gravemente” dal ciclone Nargis mentre, secondo la stampa birmana, le vittime sarebbero oltre 22mila. Fonti governative hanno però accreditato la morte di 80mila persone nella sola città di Labutta e si teme che la cifra potrebbe salire fino a 100mila in tutta la zona a sud del fiume Irrawaddy. John Holmes, il sottosegretario delle Nazioni Unite pere gli aiuti umanitari, si è detto “insoddisfatto” per i pochi progressi fatti per far entrare gli aiuti umanitari.
Inutile, al momento, anche l’appello di Condoleezza Rice: “Non si tratta di una questione politica, si tratta di una questione umanitaria”. Ma il cargo C-130 con gli aiuti statunitensi è rimasto sulla pista dell’aeroporto di Bangkok. L’ambasciata Usa ha smentito la notizia, circolata per qualche ora, che il regime aveva dato il via libera. “Non amano gli aiuti internazionali. Vogliono che la popolazione consideri solo loro come dei salvatori”, era l’amaro commento di Win Min, analista politico birmano rifugiato nel nord della Thailandia.
L’ipotesi di paracadutare aiuti dal cielo saltando in questo modo l’autorizzazione del governo birmano è tramontata in poche ore: il ministro alla Difesa Robert Gates lo ha escluso.
La sola speranza è che si sblocchino le frontiere che per ora si sono aperte solo per la Croce rossa internazionale: un aereo proveniente dalla Malaysia trasporterà tra le 6 e le 7 tonnellate di materiale di primo soccorso. Ed è la mancanza di aiuti concreti agli sfollati ad essere il problema principale di queste ore. “La situazione a Yangon si sta stabilizzando ma resta ancora critica. I militari passano casa per casa per accertare i danni ma la gente aspetta ancora i primi soccorsi concreti”, ha dichiarato dalla capitale birmana un missionario sotto la condizione di anonimato. Non ci sono infatti al momento distribuzioni di aiuti in larga scala: solo alcune grandi organizzazioni non governative che già erano a Yangon riescono a distribuire teloni, kit di soccorso e un po’ di riso.
Ieri mattina alle 7 all’aeroporto c’era solo un cargo cinese mentre in città si è visto circolare solo qualche camion sud coreano. “Tutto ciò che arriva viene centralizzato dai militari e ancora aspettiamo di capire chi e quando avrà il permesso o il compito di distribuire gli aiuti alla gente”, ha aggiunto la fonte di Misna. I prezzi di cibo e acqua in bottiglia intanto continuano a salire e sono ormai quadruplicati rispetto a una settimana fa; il gasolio che era venduto a 3mila chat ora ne costa 12mila. “I militari stanno allestendo delle tendopoli per gli sfollati, ma le famiglie le cui case non sono completamente rase al suolo, anche se molto danneggiate o ancora allagate, vengono rimandate via, così la gente sta riempiendo i monasteri buddisti in cerca di rifugio” prosegue il testimone. Una conferma che la situazione sia catastrofica arriva anche dal fatto che, per la prima volta, la televisione di stato sta trasmettendo immagini del disastro: “In genere in televisione ci sono solo buone notizie – dice la fonte della Misna – anche la sera di sabato, quando era passato il ciclone Nargis, in tv c’erano due comici che pubblicizzavano una marca di spaghetti di riso. Ora – conclude – si vedono le immagini degli elicotteri che volano sulle zone disastrate”.
Rassegna Stampa
Gallagher: Ho incontrato un popolo ferito e coraggioso, serve dialogo per la pace
Intervista con l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati a conclusione della sua missione in Ucraina
Kiev, anche sotto le bombe di Putin la «fabbrica dei bambini» fa affari
«Questa guerra non ha fermato Biotexcom»