«Se dice no al crocifisso l’Europa sbaglia direzione»
Un messaggio all’Italia e uno all’Europa. Quello rivolto al Paese ricalca l’appello a «disarmare la politica dai veleni della continua contrapposizione», già lanciato nella prolusione di apertura. Quello al vecchio continente è l’invito a pronunciarsi a livello istituzionale con chiarezza sulla questione del crocifisso nelle aule. Perché nella recente sentenza «c’è una direzione sbagliata ». Il cardinale Angelo Bagnasco conclude l’assemblea dei vescovi sottoponendosi alle domande dei giornalisti. Un confronto sui temi più caldi dell’attualità, al quale il porporato non si sottrae, rispondendo con argomentazioni precise e stile pacato. Gli chiedono, ad esempio, se non ritenga utile una legge sul crocifisso in aula, visto che la Corte di Strasburgo ha rigettato all’unanimità le argomentazioni proposte dal governo italiano. «Io spero – è la sua risposta – che sia veramente l’Europa, nei suoi organismi, a fare una riflessione seria, perché questo è un segnale di una direzione sbagliata sul suo cammino, se l’Europa dovesse fare propria la sentenza di Strasburgo». Quanto alla sentenza in sé, il presidente della Cei ricorda di averla definita nella prolusione «surreale» , cioè « fuori della realtà; in parte – ha spiegato – perché sinceramente ideologica, in parte perché chi ha sentenziato non conosce niente della nostra storia ». «Sentenziare in modo così astratto a prescindere cioè dall’éthos di un popolo, non è un buon servizio a quel cammino europeo in cui noi vescovi crediamo profondamente, ma che deve avere un’anima spirituale».
Si passa quindi all’attualità politica italiana. «Non è compito nostro dare giudizi o valutazioni particolari di merito » , dice Bagnasco quando gli chiedono dei nuovi raggruppamenti politici sorti negli ultimi giorni (Alleanza per l’Italia di Rutelli, ad esempio). «Auspichiamo – aggiunge, però –, che i cattolici, ovunque siano, possano esprimere con libertà ed efficacia nel processo democratico le loro convinzioni e valori, per essere a servizio del Paese con coerenza». Interpellato, poi, sul notevole afflusso di votanti alle primarie del Pd, il cardinale commenta: «Tutte le forme di partecipazione democratica, in forme rispettose e civili sono le benvenute, perché fanno parte di quella antropologia relazionale che dobbiamo semmai favorire. A volte il clima urlato di contrapposizione sistematica non favorisce».
E a questo proposito il presidente della Cei ribadisce che «il desiderio di un clima più costruttivo mi sembra di coglierlo dappertutto», perché è «un’esigenza a tutti i livelli istituzionali, quella di calare il tono e la tensione dell’attuale dialettica politico-democratica per salire ad un piano superiore, cioè quello del bene del Paese». La Chiesa, da parte sua, «continuerà a fare la sua parte» per svelenire il clima politico, «a prescindere dall’ascolto e dall’immediata efficacia dei suoi appelli». Anche perché «il cristianesimo non è una religione civile », cioè solo un’insieme di valori condivisi. «Noi sempre ne ricordiamo il fondamento che è Cristo», pur non potendo essere in disaccordo con chiunque professa tali valori.
Anche i media possono contribuire a un clima più sereno. Non certo «ignorando o nascondendo » i fatti, ma «discernendo il più possibile il vero dal falso e mantenendo il vero nella giusta misura». Infatti, ha aggiunto Bagnasco, «si può dire il vero, ma anche enfatizzare e colorare. Dobbiamo chiederci se è onesto, giusto, costruttivo, non per il bene di un giornale, ma di un popolo del quale si è a servizio». E su recenti «tristissimi casi di cronaca » ha fatto notare: «Metterci il coltello dentro non so quanto arricchisca la notizia». «Questo significa responsabilità, non autocensura ». Diversi problemi concreti hanno fatto capolino durante la conferenza stampa. Politiche familiari: «La famiglia non si aiuterà mai abbastanza, favorendone la sua centralità, che è emersa anche in tempi di crisi come il nostro». Ricostruzione delle chiese terremotate in Abruzzo: «Nonostante alcune difficoltà, le collaborazioni con le istituzioni e le autorità preposte alla fase della ricostruzione hanno avuto buoni esiti». Infine, in riferimento alla proposta di un’ora di islam a scuola il cardinale nota: «Il problema non è quello della libertà religiosa. Bisogna invece chiedersi a che titolo si insegna religione all’interno di una scuola pubblica e laica» L’Irc, infatti, «non è catechismo, perché se lo fosse non avrebbe titolarità. Il catechismo si fa in parrocchia». L’Irc, invece, si giustifica in quanto «senza la conoscenza della religione cattolica è difficile comprendere la nostra storia e la nostra cultura».
Rassegna Stampa
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