Viva preoccupazione per gli avvenimenti in Honduras
Alla preghiera dell’Angelus di domenica scorsa 12 luglio Benedetto XVI ha rivolto questo appello: “In questi giorni sto seguendo con viva preoccupazione gli avvenimenti dell’Honduras. Vorrei oggi invitarvi a pregare per quel caro Paese affinché, per l’intercessione materna di Nostra Signora di Suyapa, i responsabili della Nazione e tutti i suoi abitanti percorrano pazientemente la via del dialogo, della comprensione reciproca e della riconciliazione”.
Ma cosa è successo in Honduras?
L’Honduras (nome ufficiale República de Honduras) è una nazione di circa 7.326.496 abitanti, con capitale Tegucigalpa, in America Centrale. È il secondo Paese più povero delle Americhe ed è una Repubblica presidenziale.
Lo Stato dell’Honduras è stato la patria dell’antico e glorioso popolo Maya che però nel X secolo iniziò ad abbandonare la regione per trasferirsi più a nord, negli attuali Guatemala e Messico. (penisola di Yucatán). Esplorata sia da Amerigo Vespucci (1498) che da Cristoforo Colombo nel suo ultimo viaggio in America, il territorio venne definitivamente assoggettato dalla Spagna nel 1537 e due anni più tardi fu incorporato nella Capitanía general de Guatemala.
Economicamente l’Honduras è sempre stato uno dei Paesi più poveri del Centro e sud america e le varie vicissitudini storico-politiche hanno peggiorato tale situazione.
Negli ultimi anni non si è riusciti a stabilire una democrazia permanente; al contrario, l’Honduras è un Paese altamente instabile tant’è che, se il popolo elegge un Presidente e alcune potenti forze interne sono contrarie alla linea politica dello stesso con la forza dell’esercito tentano di destituirlo. Ciò è successo proprio in questi ultimi giorni.
Il 28 giugno scorso (in concomitanza con il referendum consultivo per l’elezione di un’assemblea costituente che aveva di recente disposto il Presidente) l’attuale Presidente Zelaya è stato arrestato e l’Honduras è diventato scenario di un Colpo di Stato militare ordinato dalla Corte Suprema, cioè dai giudici supremi. La Corte ha sinora descritto il golpe come un atto in difesa della Costituzione per evitare il referendum che potenzialmente l’avrebbe modificata.
Successivamente il Presidente è stato esiliato in Costa Rica. Queste le sue parole che hanno descritto ai giornalisti internazionali le ore dell’arresto e con quale violenza e occultamento esso sia stato effettuato: “. …Quello che ho subito stamane è stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa. La mia guardia d’onore ha opposto resistenza per almeno venti minuti, sono stato svegliato dagli spari e dalle urla. Sono stato portato via in pigiama”, ha raccontato. I militari, ha aggiunto, sono: “mi hanno minacciato e puntato contro le armi”.
Zelaya ha concluso il drammatico resoconto con un appello alla comunità internazionale: “Io non mi sono dimesso. Nessuno riconosca gli usurpatori. Difendete l’Honduras”.
Il congresso ha nel frattempo eletto un nuovo presidente, Roberto Micheletti, con il compromesso che, lo stesso, resterà in carica solo fino al termine di quello che doveva essere il mandato del Presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya, cioè sino al gennaio del 2010.
Nel frattempo molti si sono ribellati e le strade delle capitale sono pattugliate dalle forze dell’esercito. Dopo l’investitura del presidente di fatto Micheletti, molti settori sociali hanno indetto uno sciopero generale per richiedere l’immediato ritorno del Presidente Costituzionale Zelaya.
Questi fatti drammatici, che concorrono ancor di più a minare la centenaria instabilità politica dell’Honduras ma che influenzano negativamente anche tutti i Paesi del Centro e sud America che stanno cercando di trovare equilibri socio-politici, hanno destato preoccupazione in molte personalità politiche internazionali.
Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha condannato il colpo di stato dichiarandosi seriamente preoccupato per la situazione honduregna e chiedendo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare lo stato di diritto. Chavez ha minacciato di intervenire militarmente in appoggio al Presidente. Castro e i presidenti dei Paesi appartenenti all’ALBA (Alternativa Bolivariana per i Popoli della Nostra America) hanno richiesto la deposizione del potere dell’alto comando del Golpe.
Il 5 Luglio il Presidente Zelaya ha tentato di rientrare nel Paese con un jet privato partito da Washington insieme al Presidente dell’Assemblea dell’Onu, Miguel d’Escoto Brockmann, ma i militari hanno impedito l’atterraggio all’aeroporto di Tegucigalpa dirottandolo verso San Salvador. I manifestanti giunti sul posto per sostenere il Presidente Zelaya si sono scontrati con le forze armate che hanno aperto il fuoco sulla folla uccidendo due persone.
Dunque la situazione rimane critica e la via auspicata dal Santo Padre, la via del dialogo della comprensione reciproca e della riconciliazione è realmente l’unica possibilità per superare questo momento senza ulteriori “ferite”, nella convinzione che la condizione per assicurare una convivenza pacifica e un’autentica vita democratica, come ha aggiunto il Santo Padre, è possibile solo se “superando le tendenze particolariste, ognuno si sforza di cercare la verità e di perseguire con tenacia il bene comune”.