Un aberrante laicismo
La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è “una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni”. È quanto ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti dell’uomo su istanza presentata il 27 luglio del 2006 da Solie Lautsi, moglie finlandese di un cittadino italiano. La sentenza prevede che il governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. Secondo quanto pubblicato sul quotidiano La Repubblica la donna è socia dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti). L’Unione precisa di aver “promosso, sostenuto, curato tecnicamente l’iter giuridico, che era già passato da Tar del Veneto, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato”. Soile Lautsi, infatti, nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale “Vittorino da Feltre” di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. A nulla erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia.
I sette componenti della Corte europea hanno sentenziato che la presenza dei crocifissi nelle aule può facilmente essere interpretata dai ragazzi di ogni età come un evidente “segno religioso” e, dunque, potrebbe condizionarli. E se questo condizionamento può essere di “incoraggiamento” per i bambini già cattolici, può invece “disturbare” quelli di altre religioni o gli atei. Su un articolo di Avvenire si riporta un ulteriore tratto della sentenza in cui si afferma che la Corte “non è in grado di comprendere come l’esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana”. “L’esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni – concludono i giudici della Corte europea dei diritti umani – e il diritto dei bambini di credere o non credere. La Corte, all’unanimità, ha stabilito che c’è stata una violazione dell’articolo 2 del Protocollo 1 insieme all’articolo 9 della Convenzione”.
In attesa che vengano depositate le motivazioni della sentenza, il governo italiano ha già presentato ricorso e, in caso di accoglimento, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera. Altrimenti la sentenza diventerà definitiva fra tre mesi.
Riportiamo il comunicato stampa della Conferenza Episcopale italiana
La decisione della Corte di Strasburgo suscita amarezza e non poche perplessità. Fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica. Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale. Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come “parte del patrimonio storico del popolo italiano”, ribadito dal Concordato del 1984.
In tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre “non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche. … ” (Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al 56° Convegno nazionale dei Giuristi cattolici italiani, in Iustitia, 1/2007, pp. 6-7).