Siamo state salvate dalla fede!
All’Angelus del 26 dicembre scorso il Santo Padre ci invitava a pregare per la liberazione di due suore missionarie rapite in Kenya dicendo: “Nell’atmosfera natalizia si avverte più forte la preoccupazione per quanti si trovano in situazioni di sofferenza e di grave difficoltà. Il mio pensiero va, tra gli altri, alle due consacrate italiane: Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo, appartenenti al Movimento contemplativo missionario «Padre de Foucauld», sequestrate, da più di un mese e mezzo, insieme a un gruppo di loro collaboratori locali, nel villaggio di El Waq, al nord del Kenya. Vorrei che in questo momento sentissero la solidarietà del Papa e di tutta la Chiesa. Il Signore, che nascendo è venuto a farci dono del suo amore, tocchi il cuore dei rapitori e conceda quanto prima a queste nostre sorelle di essere liberate per poter riprendere il loro disinteressato servizio ai fratelli più poveri. Per questo, cari fratelli e sorelle, vi invito tutti a pregare, senza dimenticare i numerosi sequestri di persone in altre parti del mondo di cui non sempre si ha chiara notizia: penso ai sequestrati sia per motivi politici che per altri motivi in America Latina, in Medio Oriente, in Africa”.
Ed ecco la bella notizia è arrivata in questi giorni con una sorprendente ma attesa telefonata: “Libere, siamo libere…”. Un grido soffocato in gola da 102 giorni. La voce rotta dall’emozione, affievolita dalla fatica e dall’angoscia: “Siamo in macchina, qui a Nairobi. Ci stanno portando all’ambasciata italiana”. Secondo quanto rende noto l’agenzia missionaria Misna la prima chiamata è per suor Gianna, la responsabile del movimento missionario Congregazione contemplativa delle Piccole Sorelle di Gesù di Charles de Foucauld: l’incubo del sequestro – iniziato la notte del 9 novembre nel villaggio di ElWak in Kenya – è finito solo il 18 febbraio scorso per Maria Teresa Olivero e Caterina Girando, da tempo in Africa, con quel volo da Mogadiscio all’ambasciata italiana a Nairobi.Ma cosa era effettivamente accaduto? Il 9 novembre un commando aveva fatto irruzione nel villaggio di ElWak, vicino al confine con la Somalia. Probabilmente cercavano due americani, ufficialmente operatori di un’agenzia umanitaria ma sospettati di essere agenti della Cia o dell’Fbi, che però erano fuggiti il giorno prima. I guerriglieri avevano così sfogato la loro rabbia assaltando la missione, alla periferia del villaggio. “Con i fucili hanno spaccato le porte di casa. Poi ci hanno costrette a seguirli”, raccontano ora le due suore.
Il loro viaggio è stato molto duro: un primo lungo spostamento a piedi con un gruppo di una decina di guerriglieri, somali e keniani, che di notte le circondavano per impedire la fuga. Poi un secondo tragitto in macchina, probabilmente usando un traghetto, fino al nascondiglio definitivo, forse a una decina di chilometri da Mogadiscio.
E mentre partivano le mediazioni diplomatiche, per suor Caterina e suor Maria Teresa iniziavano i tre mesi più lunghi della loro vita: “Ci davano cibo pronto, buono. Non mancava nemmeno l’acqua. Abbiamo sempre vissuto vicino a un gruppetto di loro che ci custodiva. Non ci hanno mancato di rispetto, non ci hanno trattato male. Sempre chiuse in una stanza, è stato molto duro, ma era logico che fosse così”, racconta suor Caterina. Ed inoltre “Sono stati mesi molto duri, abbiamo vissuto tanta, tanta angoscia. Però siamo state salvate dalla fede, dalla preghiera: abbiamo sempre pregato, giorno e notte, e pregando ci distoglievamo da tutti gli incubi. Paure, però, che non potevamo non vivere. Non sapere nulla è stata una angoscia molto grande”.
Poi qualche segnale, la percezione dei primi contatti, la notizia degli appelli del Papa e delle veglie di preghiera in Italia: una luce in fondo al tunnel!
Dopo tre mesi, finalmente l’abbraccio alla loro comunità e a chi ha sempre pregato per loro: “Diciamo solo grazie, siamo state unite immensamente: sapevamo che molti pensavano a noi. Noi pregavamo e dal di fuori si pregava per noi, in grande unità. È stata una catena di solidarietà”. Parole di ringraziamento anche a Benedetto XVI: “Lo abbiamo sentito tanto vicino, Grazie!”.
Nessun riscatto pagato e nessun blitz per liberarle, precisa dalla Farnesina il ministro degli Esteri Frattini. Si parla di matrice islamista per il gruppo dei sequestratori, ma le due rapite non sanno dare motivazioni.
Per la loro liberazione si è mossa l’intera comunità locale di ElWak, musulmani e cristiani, dimostrando così un grande riconoscimento, che va oltre le divisioni religiose, per l’opera missionaria condotta con amore da queste suore nelle terre dilaniate dalla guerra.
La buona notizia è dilagata velocemente, in tanti, tantissimi si stringono intorno a loro per condividerne la gioia. Tra di loro c’è anche il cardinale di Torino Severino Poletto che a nome di tutta la comunità torinese, oltre alla riconoscenza al Signore per la buona notizia, sottolinea che continuerà “a sostenere con la preghiera i missionari e le missionarie che, rischiando la vita, si dedicano all’evangelizzazione e al servizio dei bisognosi in tante parti del mondo”.
Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha affermato che la notizia della liberazione delle due suore italiane “dà grandissima gioia”. “Erano mesi che speravamo e pregavamo per la loro liberazione, eravamo anche preoccupati per l’assenza di notizie e lo stesso Papa aveva ricordato la loro situazione più di una volta”, ha ricordato. “Continuiamo a pensare che i sequestri di persona che avvengono in tante parti del mondo siano una cosa inaccettabile, ci rallegriamo per le due suore ma continuiamo a pensare a tutti coloro che ancora si trovano in questa situazione, in Colombia come in altri Paesi”, ha aggiunto.
Portiamo nella nostra quotidiana preghiera non solo tutte le condizioni di dolore vissute da tanti uomini costretti a subire il dramma della guerra, ma anche la testimonianza di amore gratuito delle due suore italiane, che insieme a tanti missionari nel mondo ci manifestano nella vita cosa vuol dire amare Gesù.