San Paolo cammina con noi
Uno straordinario annuncio di Bendetto XVI ha clamorosamente chiuso le celebrazioni dell’Anno Paolino: ricerche condotte per la prima volta nel supposto sacello dell’apostolo sembrano confermare che i suoi resti mortali siano proprio lì, conservati in quella tomba. Queste le parole del Santo Padre lo scorso 28 giugno: “L’anno commemorativo della nascita di san Paolo si conclude stasera. Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. È stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione”.
Lino color della porpora, intessuto di oro: quel defunto era stato avvolto in un sudario da imperatore. Sepolto come un re, sulla strada verso Ostia, sul luogo noto per il martirio di Paolo.
È assai probabile che il corpo sia stato avvolto in quello che Margherita Guarducci non esitò a definire, in occasione della scoperta della tomba di San Pietro, “un panno riservato all’autorità imperiale”. “E un panno di questa foggia non poteva che venire utilizzato per onorare un principe della Chiesa. Dunque ciò che fu fatto per San Pietro fu ripetuto per San Paolo” (Vian: San Paolo sepolto da “imperatore”, così la scienza dà ragione alla tradizione).
Dunque Paolo è lì. È proprio lì come la tradizione da sempre afferma. Così come Pietro, in Vaticano. Era proprio il 26 giugno di 41 anni fa, quando Paolo VI, durante l’udienza generale, disse che erano state ritrovate le ossa di San Pietro. Era stato Pio XII, nel 1939, a ordinare che si scavasse sotto la basilica vaticana e a finanziare di tasca propria le ricerche. Nel 1950 l’annuncio del ritrovamento della tomba. Appariva dunque corrispondente al vero quanto affermato durante il pontificato di Papa Zefirino (199-217) dal prete romano Gaio, il quale, rivolgendosi a Proclo, seguace dell’eresia montanista, aveva scritto: “Se vorrai venire in Vaticano e sulla via Ostiense, potrai vedere i trofei (cioè le tombe, ndr) di coloro, che hanno fondato questa Chiesa”, vale a dire di Pietro e Paolo (Quando la scienza racconta la verità di 2mila anni di fede).
Ma cosa altrettanto strabiliante è che proprio qualche giorno prima, il 19 giugno, è stata ritrovata nella catacomba di Santa Tecla in via Ostiense la più antica icona dell’apostolo Paolo. Quella di Santa Tecla è una piccola catacomba, poco distante dalla basilica di San Paolo fuori le mura. È un sito noto dal 1700: si è cominciato a scavare intorno agli anni ’50 e non si è ancora finito. Una restauratrice mentre ripuliva una parete con un laser leggerissimo si è accorta che stavano emergendo i tratti di una figura coloratissima, riconoscibile in quella di Paolo.
Anche se altre immagini di San Paolo erano note nelle catacombe e nei sarcofagi romani, il busto scoperto meraviglia per la sua espressione suggestiva e ha lasciato senza fiato i restauratori che lo hanno rinvenuto. “Mentre si procede a un lento e accurato restauro della decorazione pittorica di un cubicolo delle catacombe romane di Santa Tecla sulla via Ostiense – si legge nel servizio del quotidiano vaticano – una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Nella mattinata il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di san Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell’antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell’apostolo finora conosciuta”. “Il volto, circondato da uno sfavillante clipeo giallo oro su rosso vivo, emoziona per il suo graffiante espressionismo e appare come un’icona forte ed eloquente dell’Apostolo delle genti, un volto d’epoca, che ci accompagna verso quella missione che la Chiesa di Roma, tra il IV e il V secolo, affida alla figura di Paolo nella conversione al cristianesimo degli ultimi pagani” (È la più antica icona di san Paolo).
“L’Anno Paolino si conclude, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscenza di Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana” ha aggiunto il Santo Padre in seguito all’annuncio del ritrovamento di frammenti di ossa. È come se questi due ritrovamenti così importanti, proprio a ridosso della chiusura dell’Anno Paolino, volessero dimostrarci che Paolo continua ad essere tra noi e a camminare con noi.