Omnia vincit amor
La puntata di Porta a Porta di qualche giorno fa, precisamente di martedì 30 novembre, ci ha sbalordito. Cambiando totalmente il proprio formato per la prima volta dopo 15 anni, la trasmissione condotta da Bruno Vespa ha ospitato 10 storie di speranza e d’amore.
“Dieci storie che vanno nella stessa direzione”, ha chiarito il conduttore. Dieci storie di persone dalle origini, dalle condizioni, dalla collocazione geografica più diverse che, da qualche anno alcune, da qualche decennio altre, hanno deciso di sconvolgere completamente la propria vita per stare accanto a familiari gravemente ammalati e assisterli fino all’ultimo giorno. “Abbiamo fatto questo perché altrove, davanti a un pubblico tanto più vasto del nostro, si è deciso di dare la voce soltanto a chi, con una scelta naturalmente rispettabile, ha deciso invece di avviare la conclusione della vita dei loro familiari, diciamo in maniera guidata”, sono state le parole di Vespa per rendere ragione di una tale scelta, dopodiché la trasmissione è proseguita immediatamente con la narrazione e la testimonianza inequivocabile di storie di vita e di amore, che giustificavano il titolo della puntata “la vita è bella”.
Storie certamente drammatiche di una vita dedita all’amore e al servizio di un famigliare ammalato, storie che reclamano risposte certe e chiare a degli interrogativi inevitabili, all’impossibilità di andare avanti nonostante tutto l’amore e la determinazione possibili senza un necessario e quotidiano aiuto, senza un aiuto specialistico per l’affronto di questo tipo di inabilità. Diversi sono stati, infatti, anche gli appelli che giustamente e urgentemente lo stesso Bruno Vespa, nell’arco della puntata, ha lanciato alle Regioni perché si prendano cura di queste situazioni così drammatiche; ma ciò che è stato più evidente in questa ora e mezza, in cui siamo stati rapiti dall’incontro con queste storie, è stata l’attrattiva dell’amore testimoniato, che supera anche quei momenti o quelle frasi di grosso sconforto derivate dalla stanchezza o dalla solitudine in cui purtroppo alcune di queste famiglie si ritrovano, nella manifestazione di una vita che continua ad assumere su di sé un tale sacrificio solo per amore e che continua a donarsi in ogni istante.
Dieci storie di vita che desideriamo ritratteggiare così:
“Vado a dormire dicendo: Grazie Signore che mi hai dato questa giornata. (…) posso dire che risorgo ogni mattina”. È stata la testimonianza della signora Rosa il cui marito è morto nel 2001 dopo una lunghissima malattia genetica e che ora assiste, accudisce e cura con non poche difficoltà i suoi 2 figli, Giorgio e Alberto, che hanno manifestato entrambi la stessa malattia genetica del padre.
“Forte come una roccia, dolce, premurosa e simpatica” è stata definita invece la signora Maria Luisa, affetta da SLA dal 2006 e oggi in grado di muovere e comunicare solo con gli occhi. “Si è mai sentita stanca di lottare contro questa malattia?” le chiede la giornalista. “No”, risponde tramite il movimento degli occhi con cui attiva un computer. “Vuole dire qualcosa alle persone che sono nella sua stessa situazione?”, insiste la giornalista. “Devono essere fortunati visto che possono ancora vivere”, risponde con un viso raggiante Maria Luisa. “È ancora innamorata della vita?”. “Innamoratissima, ora più di prima!”, è la risposta che esprime tramite il pc ma che traspare dalla sua serenità.
Cristina il 18 novembre 1981 fu investita da un’automobile quando aveva 15 anni. Oggi ha 44 anni ed è assistita da 29 anni dal suo papà che la chiama “la mia bambina”, “il mio angelo”. Da 17 anni il suo papà è solo ad accudirla e a prendersi cura di lei ogni giorno. Il signor Romano ha 77 anni e pone un interrogativo chiaro e diretto: “Mia figlia che fine farà? Quelli che sono per la vita cosa fanno? Solo chiacchiere?”. Un interrogativo che nasce dalla preoccupazione chiara e reale del fatto che quando lui non ci sarà più, chi si prenderà cura di Cristina mettendo in pratica i suggerimenti che solo lui può dare e che consentono a Cristina di essere in perfetta salute, pur dentro lo stato di coma vegetativo, e senza una piaga dopo 29 anni?
La notte tra il 12 e il 13 aprile 1997 Marcella ha avuto un incidente d’auto insieme alla sua famiglia. Aveva 8 anni, fu catapultata fuori dall’auto e cadde per 28 metri nel viadotto sottostante. Stette in coma per 10 giorni e quando si risvegliò le venne fatta questa diagnosi: tetra paresi spastica. Oggi ha 22 anni, e da 1 anno vive sola sotto l’appartamento della mamma e ha conseguito la laurea in psicologia. È abbastanza autonoma e ha intorno a lei una gran rete di amici e parenti che l’aiutano… La famiglia di Marcella prima dell’incidente aveva in affido quattro bambini e altri quattro ne ha presi dopo quella tragica notte. “Dopo l’incidente non avrebbe voluto avere la sua mamma e il suo papà solo per sé?” le chiede la giornalista. “Non ho mai vissuto così il mio rapporto con i miei genitori. Anzi più eravamo più era divertente” ha risposto con un evidente desiderio di vita Marcella.
Alessandro invece vive in uno stato vegetativo di minima coscienza e la mamma Loredana si avvicina e gli parla con la stessa tenerezza di una mamma che si avvicina alla culla del suo bambino. Alessandro ha avuto un incidente 5 anni fa, e oggi ha 25 anni. “Ci è caduto il mondo addosso, non riuscivamo a connettere” ha detto la mamma. Alessandro è stato in coma per 1 mese e 1/ 2 e poi ha cominciato un risveglio graduale.”Provateci, provate a mettervi in gioco e dare tutto l’amore possibile! Guardiamolo negli occhi… come si fa a dire a lui: «non ti faccio più mangiare e bere perché mi sei scomodo, mi dai fastidio? »”, ha con disarmante semplicità affermato la mamma di fronte alle telecamere.
Anche Emanuela ha avuto un incidente d’auto nella notte tra il ‘92 e il ‘93 ed è rimasta in uno stato vegetativo. Per la lesione che ha i medici avevano escluso qualsiasi miglioramento, anzi le avevano detto che sarebbe morta da lì a breve per una infezione.. “Invece lei, -dice la mamma,- ha fatto dei piccoli passi, perché da una totale assenza e uno sguardo perso nel vuoto adesso sorride, guarda la tv, non ha più la PEG, non ha più la tracheotomia”. Continua sempre la sua mamma: “Qualcuno dice che ci vuole coraggio a far morire una persona. Forse ci vuole più coraggio a farla vivere ogni giorno”.
E poi ancora la storia di Gianluca che ha avuto un incidente 4 anni fa e che ora è in stato vegetativo ed è amorevolmente accompagnato dalla sua famiglia e dalla tenacia e dell’amore di sua cognata. La storia di Luca che 6 anni fa è entrato in “stato vegetativo di veglia relazionale” durante un semplice intervento alle vie biliari Eppure Luca si innervosisce se sente la mamma piangere in un angolino, sorride se la mamma gli parla… E ancora Roberta che sebbene in stato vegetativo vigile da 9 anni comunica con i genitori con gli occhi e con altri piccoli segni percepibili a chi vive in famigliarità e in un continuo sguardo e servizio d’amore con lei.
Infine la storia del risveglio di Massimiliano dopo che i medici, a 8 mesi dall’incidente avvenuto il 15 agosto 1992, avevano sentenziato che altro non era che un tronco morto, escludendo in questo modo qualsiasi possibilità di comunicazione con l’esterno. Da lì non sarebbe più uscito, secondo loro. Fino al Natale del 2000, per 8 lunghissimi anni, nessun segno in effetti. Poi nel Natale di 10 anni fa la mamma, in un momento di crollo gli dice: “Massimiliano, io stasera non ho intenzione di fare più niente”. E lui ha alzato il braccio e ha fatto il segno della croce. E poi l’ha abbracciata. Da quel momento un lento e progressivo miglioramento. “L’uscita dal suo stato di buio è dovuta certamente dalla forza dell’amore” dice il papà, e Massimiliano conferma alle telecamere facendo il segno ok con la mano. “Non c’è medicina migliore dell’amore” afferma allo stesso modo la sua mamma… La scienza invece non riesce a dare tuttora una spiegazione. “La mia vita è cambiata. Io sono felice perché sono circondato dall’amore della mia famiglia e dei miei amici. Ciao, Max” è il biglietto scritto da Massimiliano a Bruno Vespa con cui il conduttore ha dato la buonanotte al suo pubblico.
Anche se abbiamo tentato di far emergere il cuore di questa trasmissione, vale veramente la pena poterla seguire interamente cliccando sul link sottostante:
Porta a Porta: puntata del 30 novembre
In questi giorni in cui abbiamo seguito con dolore la morte del grande regista Mario Monicelli, avvenuta in maniera così tragica, e a cui sono seguite proprio per tale motivo anche polemiche, commenti, e affermazioni veramente poco condivisibili del tipo “è stato uno scatto di volontà da rispettare”, crediamo che non ci sia “commento” migliore che la disarmante e semplice testimonianza dell’amore che abbiamo ricevuto da queste 10 famiglie. Le accompagnamo certamente con la nostra preghiera e alle braccia del Padre affidiamo l’anima del grande artista Monicelli chiedendo per lui l’eterno riposo.