Lettera vaticana sull’insegnamento della religione nella scuola
Il nuovo anno scolastico si è ormai avviato in quasi tutta la penisola. Diversi sono i dibattiti che si stanno portando avanti in questi giorni in materia, dal gravoso e orami antico problema del personale precario, al costo dei libri, ma c’è un tema che sembra assumere più degli altri connotati sfacciatamente ideologici: ci riferiamo alla questione riguardante l’ora di religione.
Già su questo sito avevamo messo in evidenza l’assurda sentenza del TAR del Lazio, che ha stabilito che l’insegnamento della religione a scuola viola il principio di pluralismo, per questo non dovrà concorrere al credito per gli esami di maturità e i docenti di religione cattolica non potranno partecipare a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento.
La settimana scorsa è stata resa nota la lettera circolare sull’insegnamento della religione nella scuola inviata dalla Congregazione vaticana per l’Educazione Cattolica ai Presidenti delle Conferenze episcopali datata 5 maggio 2009.
In questo documento, che porta la firma Card. Grocholewski, prefetto della Congregazione, e del segretario mons. Bruguès, si dichiara con forza che l’ora di religione non può e non deve essere sostituita, come avviene nelle “nuove regolamentazioni civili” di alcuni Paesi “con un insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale o di etica e cultura religiosa”.
Ma cerchiamo ora di metterne in rilievo i punti salienti.
Anzitutto la Congregazione sottolinea l’importante ruolo dell’educazione che “si presenta oggi come un compito complesso, sfidata da rapidi mutamenti sociali, economici e culturali. La sua missione specifica rimane la formazione integrale della persona umana”. I giovani hanno il diritto di “sviluppare armonicamente le proprie doti fisiche, morali, intellettuali e spirituali; ed essi vanno anche aiutati a perfezionare il senso di responsabilità, ad imparare il retto uso della libertà, e a partecipare attivamente alla vita sociale”. Per questo “un insegnamento che disconoscesse o emarginasse la dimensione morale e religiosa della persona costituirebbe un ostacolo per un’educazione completa, perché i fanciulli e i giovani hanno il diritto di essere aiutati sia a valutare con retta coscienza e ad accettare con adesione personale i valori morali, sia a conoscere e ad amare Dio più perfettamente”.
Data questa premessa, la lettera prosegue nel sottolineare come la libertà religiosa sia “il fondamento e la garanzia della presenza dell’insegnamento della religione nello spazio pubblico scolastico” e che “una concezione antropologica aperta alla dimensione trascendentale ne è la condizione culturale”. Con altrettanta chiarezza, diversamente da come alcuni vorrebbero sostenere, si afferma che nella scuola “l’insegnamento della religione è differente e complementare alla catechesi, in quanto è insegnamento scolastico che non richiede l’adesione di fede, ma trasmette le conoscenze sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana. Inoltre, esso arricchisce la Chiesa e l’umanità di laboratori di cultura e umanità”.
In sintesi dunque il diritto all’educazione e la libertà religiosa dei genitori e degli alunni si esercitano concretamente attraverso la libertà di scelta della scuola e la libertà di ricevere, nei centri scolastici, un insegnamento religioso confessionale che integri la propria tradizione religiosa nella formazione culturale e accademica propria della scuola.
Al contrario “la marginalizzazione dell’insegnamento della religione nella scuola equivale, almeno in pratica, ad assumere una posizione ideologica che può indurre all’errore o produrre un danno agli alunni”.
“La Chiesa – si conclude nel documento – è consapevole che in molti luoghi, adesso come in epoche passate, la libertà religiosa non è pienamente effettiva, nelle leggi e nella pratica. In queste condizioni, la Chiesa fa il possibile per offrire ai fedeli la formazione di cui hanno bisogno. Nello stesso tempo, d’accordo con la propria missione, non smette di denunciare l’ingiustizia che si compie quando gli alunni cattolici e le loro famiglie vengono privati dei propri diritti educativi ed è ferita la loro libertà religiosa, ed esorta tutti i fedeli ad impegnarsi perché quei diritti siano effettivi”.
In piena sintonia con la lettera, che qui pubblichiamo, non possiamo non affermare l’irrazionalità della sentenza e di quanti sono ad essa favorevoli. Declassare l’ora di religione cattolica, o addirittura cancellarla, significherebbe cercare di estirpare le radici della nostra cultura, che a dispetto di ogni tentativo di occultamento e in nome di un fantomatico laicismo, sono e rimangono cristiane.
Il testo della Lettera