La verità è, e basta!
È stata messa la parola fine ad una delle più dolorose vicende giudiziarie degli ultimi anni.
Mercoledì 21 maggio la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza, e quindi la condanna a 16 anni di carcere, per Anna Maria Franzoni, com’era stato stabilito dalla Corte d’assise d’appello di Torino lo scorso 27 aprile, quando i magistrati giudicarono la donna responsabile del doloroso omicidio di suo figlio Samuele perché «assillata da un disturbo psicologico di tipo ansioso ».
Per lei si chiude definitivamente la vicenda processuale e si aprono le porte del carcere.
Scriveva Lucia Bellaspiga ne Il Giornale del 22.05.08: “Della vicenda, seguita assiduamente in questi anni da giornali e tivù, ormai si conosce tutto: abbiamo ancora nelle orecchie la voce disperata di quella madre che, di fronte al corpo esanime e coperto di sangue, chiama il 118 e urla di fare presto. Abbiamo ben presente il suo sguardo perso, indecifrabile, il giorno dei funerali, quando ancora tutta Cogne soffriva con lei, prima di prendere le distanze da quella famiglia «forestiera», che col tempo aveva gettato via via i suoi sospetti e le più terribili accuse sui vicini di casa. Ma ricordiamo soprattutto le lacrime con cui una madre accettava di raccontare in tivù e ripetere all’infinito la sua innocenza: «Non sono stata io», aveva mormorato davanti alla piccola cassa bianca, «non sono stata io», non ha mai smesso di ripetere”.
La Corte di Cassazione, però, evidentemente non le ha creduto, e ha respinto il ricorso contro la condanna, perché «sono manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale sollevate».
Certo una notizia del genere, anche se da molti pronosticata, non può lasciare indifferente: è la storia di una madre che dovrà passare i prossimi sedici anni in carcere, senza poter educare e veder crescere i suoi due figli, per l’espiazione dell’omicidio di un altro suo figlio, per cui lei ha sempre gridato l’innocenza.
In questi sei anni tanti “se” hanno arrovellato le menti di giudici e avvocati difensori, e hanno toccato il cuore di tanta gente comune, ma non si è riusciti a raggiungere effettivamente ed univocamente la verità dei fatti.
Non sappiamo se è colpevole, se non lo è o se crede di non esserlo.
Eppure la verità non può essere ciò che sembra o che per forza deve essere perché non esiste un’altra spiegazione.
La verità è, e basta! E l’uomo può conoscerla, deve ardentemente desiderare di conoscerla, senza pregiudizi aprioristici, per poter parlare realmente di giustizia. E se la giustizia terrena ci lascia tanto più in questo momento, in aggiunta al dolore per la terribile morte di un piccolo innocente, anche un grande senso di incompiutezza se non di incertezza, teniamo fisso lo sguardo verso l’ora della giustizia e dell’amore eterno che il Signore Gesù ci ha promesso.