La torcia “della pace e dell’armonia”
Lunedì 24 marzo ad Olimpia, Atene, ha avuto luogo la tradizionale accensione della fiaccola olimpica che il prossimo 8 agosto, dopo aver attraversato 20 Paesi, tra cui il Tibet, inaugurerà i giochi di Pechino 2008.
All’evento erano presenti, oltre a numerosi esponenti del governo greco, Jacques Rogge e Liu Qi, presidenti rispettivamente del Comitato Olimpico Internazionale e del Comitato organizzatore di Pechino 2008.
E c’erano anche tre giornalisti di Reporter senza frontiere, Robert Menard, Jean-François Juilliard e Vincent Brossel. I tre hanno approfittato dell’occasione per denunciare l’ipocrisia di un’Olimpiade della fratellanza pagata a prezzo di sangue dal popolo tibetano e birmano. E lo hanno fatto piazzando alle spalle di Liu Qi, che aveva appena iniziato il suo discorso con le parole «la fiamma olimpica irradierà luce e felicità, pace, amicizia e speranza…», una bandiera nera con la scritta “Pechino 2008” con sopra i cinque cerchi olimpici sostituiti da manette.
Il gesto, che è valso ai tre francesi l’arresto immediato con l’accusa di aver recato offesa ad un simbolo nazionale, non ha però sortito, almeno nell’immediato, gli effetti sperati: infatti se la televisione ellenica si è limitata a cambiare velocemente inquadratura, le “previdenti” emittenti cinesi hanno ben pensato di utilizzare i 45 secondi necessari alla ricezione satellitare del segnale televisivo per tagliare opportunamente ogni immagine sconveniente.
In Cina non hanno quindi visto nulla. L’“incidente” è stato ignorato anche dalla stampa cinese, che ha usato toni trionfalistici nel descrivere il “perfetto inizio” del “viaggio dell’armonia”.
La notizia è però ugualmente trapelata ed ha ulteriormente smascherato la repressione che si cela dietro le trionfali parate olimpiche.
Ieri, 31 marzo, la fiaccola al termine di un viaggio non senza traversie per le manifestazioni di protesta relative alla situazione in Tibet, è stata accolta dalla Grecia in piazza Tiananmen ed è stata consegnata a Liu Xiang, il campione del mondo dei 110 ostacoli, che l’ha portata sulla porta dell`antica residenza imperiale, la Città Proibita. E dopo un’ennesima cerimonia di “riaccensione” della torcia questa è ripartita oggi per il suo tour mondiale alla volta del Kazakistan.
All’interno del mondo sportivo non erano mancate le polemiche dopo l’evento del giorno 24: alcuni atleti francesi e tedeschi, tra i quali il neo primatista mondiale di nuoto Alain Bernard, lo schermitore Nicolas Lopez, il vice campione del mondo della 50km di marcia Yohann Diniz, il famoso fantino Ludger Beerbaum e la giavellottista campionessa d’Europa Christina Obergfoell, avevano proposto di boicottare la cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Per evitare altre manifestazioni di protesta indesiderate, il governo cinese aveva previsto per ieri un massiccio servizio di sicurezza, composto da migliaia di poliziotti. Proprio oggi però il capitano della nazionale di calcio dell’India, Bhaichung Bhutia, ha detto che si rifiuterà di portare la fiaccola olimpica quando questa giungerà nel suo Paese, il 17 aprile, in segno di protesta per la repressione cinese in Tibet.
Il mondo politico internazionale è invece fermamente contrario ad una diserzione che metterebbe a dura prova i rapporti socio-economici con la temuta potenza cinese… atteggiamento alquanto irresponsabile di fronte a tutte le persone che stanno da tempo soffrendo!
Una timida posizione è stata presa nei giorni scorsi dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dal ministro degli esteri indiano Pranab Kumar Mukherjee, che hanno sottolineato la necessità di un dialogo che favorisca la fine delle violenze. Anche il segretario di stato americano Condoleezza Rice ha esortato la Cina all’adozione di una politica sostenibile con il Tibet.
Queste parole sembrano però non aver fatto breccia nel fortino cinese che dal canto suo ha addirittura accusato la stampa straniera di distorcere la realtà in riferimento alle violenze nel Tibet.
Anche la dichiarazione firmata a Brdo (Slovenia) il 30 marzo dai ministri degli Esteri della Ue, riuniti per l’occasione in Consiglio informale, sembra avere avuto toni fin troppo pacati: nonostante si sia auspicata «la trasparenza delle informazioni e il libero accesso alla stampa», si sia ribadita la necessità di «un dialogo sostanziale e costruttivo che affronti le questioni principali, come il mantenimento della lingua tibetana, della cultura, della religione e delle tradizioni» e sia stato fatto «un appello per la fine della violenza in Tibet», concretamente non una parola è stata spesa riguardo alla responsabilità del governo cinese e ad eventuali prese di posizione. Anzi proprio in risposta alla dichiarazione il ministro cinese degli Esteri ha accusato nuovamente l’Unione Europea «d’interferenza» nei propri «affari interni». «La questione del Tibet è completamente un affare interno della Cina», ha affermato la portavoce Jiang Yu in una dichiarazione posta sul sito web del ministero. «Nessun paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto d’interferire», prosegue il comunicato, diffuso ieri. (cfr il Messaggero 01 aprile 2008)
Nel frattempo il Dalai Lama, dal suo esilio in India, continua a lanciare nuove richieste di aiuto: «Non abbiamo potere a parte la giustizia, la verità e la sincerità. Per questo motivo mi rivolgo alla comunità internazionale perché per favore ci aiuti».
La torcia “della pace e dell’armonia”, che sarà utilizzata per accendere il tradizionale braciere durante la cerimonia d’apertura dei Giochi, il simbolo delle Olimpiadi cinesi, parte dunque per questo viaggio di 137mila chilometri complessivi.
Ma nessun simbolo può e deve meritare la nostra attenzione se non garante dei diritti fondamentali, della giustizia, della verità, della libertà religiosa, di espressione, di vita!