La pillola della morte
Molte femministe di vecchia generazione avranno senz’altro esultato alla notizia che anche in Italia la RU486, la pillola abortiva, è stata definitivamente introdotta e dunque legalizzata.
Chi vorrà assumere il “medicinale” dovrà obbligatoriamente essere ricoverato in ospedale e stare sotto osservazione per diversi giorni.. Come ha ricordato il ministro Sacconi però la Ru486 “non è una pillola anticoncezionale semplice ma un farmaco che può dare luogo a un processo abortivo che produce complicanze e quindi è necessario vigilare nel migliore dei modi”.
Ebbene sì le complicanze, quello di cui si parla poco o niente è proprio questo: forse non tutti sanno che l’assunzione della pillola può comportare un’infezione da streptococco che ha reso necessario, nel caso di una donna, ad amputarle la gamba sotto il ginocchio. La mortalità in seguito all’aborto medico (o chimico) è inoltre dieci volte più alta di quella per aborto chirurgico, a dispetto della “favola” che vuole far credere più facile e moderno il ricorso al farmaco per l’interruzione di gravidanza.
Siamo dunque proprio sicuri che si tratti di un successo, di un ulteriore passo in avanti per l’autodeterminazione sempre e comunque della donna? Se per un attimo ci fermiamo, è davvero possibile parlare di vittoria? A ben vedere questo passo sembra di più una perdita che coinvolge diversi soggetti, che semina morte e lascia l’amaro in bocca: una sconfitta per la donna, anche quella più emancipata e senza scrupoli, perché l’aborto è un gesto orribile, che lascia segni profondi non solo nel fisico, ma anche e soprattutto nell’anima, come testimoniano quelle persone che hanno sperimentato sulla propria pelle questa esperienza.
Una sconfitta per la vita, per la donna, per la società e prima di tutto per ogni bambino che non vedrà mai la luce, che non avrà diritto di assaporare le gioie e i dolori della realtà.
“La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato»(Ger 1, 5)” (dal Catechismo della Chiesa Cattolica).