La giustizia si scontra con la Legge
Il Tribunale di Firenze ha accolto un ricorso presentato da una coppia di coniugi ed ha quindi sollevato il dubbio di costituzionalità sulla norma della legge sulla fecondazione artificiale (legge 40/2004) con la quale si vieta alle coppie biologicamente infertili di accedere alla fecondazione eterologa, con ovuli o seme donati da persone esterne alla coppia.
Lo hanno reso noto gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini dell’associazione Luca Coscioni, che assistono i coniugi in questa richiesta.
La coppia, dopo essersi sottoposta a delle terapie in Svizzera ed in altri centri stranieri per tentare di risolvere il problema ha chiesto l’assistenza legale all’associazione Luca Coscioni con l’obiettivo di poter effettuare le cure in Italia.
L’istanza degli avvocati Gallo e Baldini si fonda su rilievi di “manifesta irragionevolezza del divieto assoluto di Procreazione medicalmente assistita eterologa per l’evidente sproporzione mezzi-fini” e di “illegittima intromissione del legislatore in aspetti intimi e personali della vita privata”.
Il giudice fiorentino, convinto anche lui che il divieto di fecondazione eterologa sia contrario alla Costituzione non ha perso l’occasione per rimandare gli atti alla Corte affinché provveda alla relativa declaratoria di incostituzionalità.
Lo scorso 23 ottobre anche il Tribunale di Catania si è rivolto alla Corte Costituzionale per ragioni di “manifesta irragionevolezza”. “Non si può discriminare una coppia in ragione del grado di sterilità” ha affermato l’avvocato Marilisa D’Amico, uno dei legali che ha curato il ricorso della coppia siciliana.
Ma non è la prima volta che questa legge subisce “la mannaia” della giustizia.
La Corte Costituzionale si è già occupata della legge 40 nell’aprile del 2009 quando i suoi giudici hanno bocciato sia l’articolo 14, comma 2 che consente un “unico e contemporaneo impianto (di embrioni nda), comunque non superiore a tre”, sia il comma 3 che recita letteralmente: “Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile”.
La Corte, che aveva recepito le questioni sollevate dal Tar del Lazio e dal tribunale di Firenze su istanza di una coppia milanese e della World association reproductive medicine (Warm) nell’occasione aveva però dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’articolo 6 (riferite in riferimento al consenso informato) e ancora sull’articolo 14, commi 1 e 4, riferiti rispettivamente al divieto di crioconservazione di embrioni e al divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime al di fuori dei casi previsti dalla legge sull’aborto.
Premettendo che è previsto dal nostro ordinamento giuridico la possibilità per un giudice che ravvisi su una legge tratti di incostituzionalità inviare la questione alla Consulta, occorre però che ogni cittadino si ponga delle serie domande sulla funzione del Parlamento e dei referendum popolari.
Il potere legislativo viene esclusivamente riconosciuto all’organo parlamentare eletto dal volere popolare, mentre il referendum è uno strumento ad azione popolare che permette ad ogni singolo cittadino maggiorenne di esprimere la propria opinione su una questione di rilevanza non solo generale ma anche specifica, di certo riconducibile alla vita di ciascuno.
È ormai evidente che nei confronti della legge 40 c’è un attacco di alcuni tribunali e non su punti marginali, ma tesi alla struttura della legge per smontarla. Si rischia pertanto che se i giudici si muovono a partire dalla propria ideologia contraria alla legge, vanno contro la volontà popolare, visto che in occasione del referendum sul divieto dell’eterologa non era stato raggiunto il quorum.
Volendo anche tralasciare la questione decisiva in merito alla fecondazione assistita, se sia cioè realmente un percorso umanamente ed eticamente condivisibile e soprattutto a difesa e garanzia di del vero bene di tutti i soggetti coinvolti, compreso quello del nascituro, rimane che la “ratio” della legge sulla parte relativa alla fecondazione eterologa era chiara, evitare cioè di giungere ad un mercato internazionale degli ovociti anche con connotazioni razziste ed allo sfruttamento di giovani donne che a volte sono state portate anche alla morte. Inoltre la questione dell’anominato del donatore esterno è particolarmente grave perché conoscere i propri genitori biologici oltre ad essere un diritto umano è legato anche al diritto alla salute visto che in caso di gravi malattie dal patrimonio genetico dei genitori si potrebbero ottenere informazioni preziose per eventuali cure. Come si possono, pertanto, dimenticare i drammatici problemi giuridici e di speculazione economica che comporterebbe l’utilizzo di materiale genetico estraneo alla coppia che vuole concepire un figlio?
Non è mancato chi ha condivisibilmente affermato che in Italia si è all’emergenza democratica nel momento in cui una volontà popolare, espressa dal Parlamento e liberamente confermata da un referendum, viene messa in discussione da iniziative giudiziarie. Nessun altro potere può sostituirsi al Parlamento su decisioni che solo al Parlamento competono.
La cosa più grave è che non è la prima volta che la magistratura si vuole vestire da legislatore e non solo creare una legge che non c’è ma modificarne una che già c’è, il cui contenuto precettivo è chiaro e inequivocabile; essere interpreti del diritto, come deve essere la giustizia, infatti, non significa far dire alla legge ciò che non dice affatto, solo per portare avanti un’ideologia, più o meno giusta. Nulla vieta al potere giudiziario di suggerire ipotesi di legge al Parlamento o sue modifiche in presenza di esigenze che sorgono dalla realtà, ma ciò non ha niente a che fare con le decisioni che spesso troviamo sui giornali, del tutto abnormi dai nostri principi costituzionali.
Inoltre nasce un altro necessario interrogativo sul fatto che queste sentenze riguardano spesso il diritto alla vita, dal suo concepimento fino al suo ultimo respiro, con la “scusante” che il Parlamento italiano non legifera in maniera corretta su tali tematiche; dato che, però, spesso la legge esiste, e nel caso di specie è stata confermata da un referendum popolare, ci si domanda legittimamente se l’interesse maggiore del potere giudiziario sia avere uno strapotere di controllo totale, oltre quello che l’ordinamento giuridico gli consente, oppure collaborare al bene comune.
Ci si consenta il beneficio del dubbio!