La fede in Gesù mi ha aiutato a ritrovare la speranza
In Pakistan le leggi sulla blasfemia, introdotte nel 1986 dal generale Zia-ul-haq per soddisfare le richieste della frangia estremista islamica, hanno causato sinora moltissime accuse indiscriminate. Almeno 1000 persone sono state incrominate a causa della suddetta legge e 60 di esse uccise, spesso come vittime di omicidi extra-giudiziali compiuti da folle inferocite o singoli individui.
Ma il 17 agosto scorso nell’area di Umara Jaffar, settore G-12 di Islamabad, è avvenuto un fatto ancora più preoccupante.
Una bambina cristiana di 11 anni, affetta da disabilità mentale, Rimsha, figlia di Misrak Masih, è stata arrestata con l’accusa di blasfemia rischiando fino all’ergastolo in base all’articolo 295-B del Codice penale.
Per la prima volta nella storia del Pakistan, la “legge nera” sulla blasfemia ha colpito una minore che, secondo alcuni testimoni, avrebbe bruciato 10 pagine di un libro islamico, il Noorani Qaida, usato per imparare le basi dell’arabo e del Corano, e lo avrebbe scagliato nella pattumiera, dopo averlo avvolto in un sacchetto di plastica.
La denuncia è stata presentata da Syed Muhammad Ummad, un musulmano.
Dopo l’intervento della polizia, che ha evitato un vero e proprio linciaggio della piccola e della sua famiglia per mano di una folla di estremisti islamici, Rimsha è stata rinchiusa nel carcere minorile di Rawalpindi in base a un provvedimento di custodia cautelare di 14 giorni disposto dalla magistratura.
Questo evento ha sconvolto l’intera comunità cristiana di Islamabad e per il timore di nuove violenze e per le minacce dei fondamentalisti di bruciare le case dei cristiani, almeno 300 famiglie del sobborgo cristiano hanno abbandonato le loro abitazioni.
Sulla vicenda è intervenuto immediatamente il cattolico Paul Bhatti, consigliere speciale del Primo Ministro per l’Armonia nazionale e fratello di Shahbaz, primo ministro cattolico per le Minoranze religiose nella storia del Pakistan, ucciso dagli estremisti il 2 marzo 2011 proprio per la sua opposizione alla “legge nera”, lanciando un appello ai leader islamici. Egli rivolgendosi ai capi religiosi, ha chiesto loro di collaborare per mantenere la calma e scongiurare possibili attacchi contro i cristiani della zona.
Il 31 agosto scorso i giudici del tribunale di Islamabad hanno prolungano di due settimane i termini di custodia cautelare in carcere a carico di Rimsha Masih e l’1 settembre si sono invece radunati per decidere se concedere la scarcerazione, su istanza degli avvocati della piccola e dopo che una Commissione medica indicata dal tribunale aveva stabilito che la ragazzina ha meno di 14 anni e dimostra un’età mentale inferiore a quella anagrafica.
In quest’ultima occasione, mentre il tribunale decideva di rinviare a venerdì 7 settembre l’udienza per la scarcerazione di Rimsha Masih, veniva a sorpresa arrestato Khalid Jadoon Chishti, l’imam che aveva denunciato la piccola, con l’accusa di aver orchestrato il fatto per cacciare i cristiani dalla sua zona. Un testimone, infatti, ha trovato il coraggio di presentarsi davanti agli inquirenti e di denunciare Chishti per calunnia; il leader religioso avrebbe infatti accusato ingiustamente e in maniera del tutto deliberata Rimsha Masih di aver violato la “legge nera”, montando contro di lei prove false.
In particolare l’imam avrebbe aggiunto delle pagine del Corano alle carte bruciate dalla ragazzina che un testimone gli aveva portato poco prima, accusando così la giovane con l’intento di scatenare una caccia contro i cristiani e farli fuggire dal quartiere, per impossessarsi poi dei loro beni.
Quindi l’imam è stato fermato e arrestato con la stessa accusa di blasfemia per aver profanato il Corano, per la quale era stata arrestata Rimsha.
Paul Bhatti, che si è preso molto a cuore la storia della piccola cristiana, ha subito dichiarato che l’arresto dell’imam poteva essere definito come uno sviluppo molto positivo della vicenda tale da definire la vittoria del governo pakistano e della polizia che hanno saputo garantire giustizia e, alla fine, individuare il vero responsabile. “Parlo di vittoria e sviluppo positivo per due ragioni”, ha infatti affermato il ministro cattolico, “la prima riguarda la legge stessa, a dimostrazione che le norme sulla blasfemia possono essere applicate in modo corretto e colpire chi commette un reato; la seconda è che l’imam deve essere perseguito proprio in base alle norme sulla blasfemia e andare incontro alle stesse pene previste”.
Di certo la vicenda di Rimsha Masih e l’arresto dell’imam che l’ha calunniata potrebbero però segnare una svolta per la condizione, finora terribile, dei cristiani in Pakistan, vittime delle leggi sulla blasfemia e dell’intolleranza a sfondo religioso.
Un primo immediato risultato è stato l’accoglimento del tribunale di Islamabad della richiesta di scarcerazione dietro cauzione di 500mila rupie (circa 4mila euro) per Rimsha, notizia che è stata confermata ad AsiaNews da Paul Bhatti che ha preso in custodia la piccola e si è complimentato con il governo e le forze dell’ordine per aver scoperto la verità, dichiarando che presto Rimsha verrà affidata alla tutela del ministero per l’Armonia nazionale e degli avvocati di Apma (l’associazione All Pakistan Minorities Alliance, fondata da Shahbaz Bhatti) che hanno molto lavorato per ottenere questo risultato.
Ha continuato Paul Bhatti: “è stata fatta giustizia grazie a un duro lavoro svolto dietro le quinte cercando di evitare tensioni e scontri di piazza. Per raggiungere l’obiettivo, – ha affermato il ministro-, è stata fondamentale l’opera del ministero degli Interni, del governo di Islamabad e degli ulema, le guide religiose musulmane, che hanno collaborato nel mantenere calma la situazione e nella ricerca della verità”.
Resta ora da risolvere la situazione delle centinaia di famiglie cristiane che hanno abbandonato le loro case nel timore di ritorsioni della frangia estremista. “Alcune persone sono tornate nelle loro case – ha infine affermato Paul Bhatti – e sono tranquille. In ogni caso stiamo lavorando per il reinserimento dell’intera comunità, nella zona di origine oppure con uno spostamento in un’area messa a disposizione dall’arcidiocesi di Lahore”, che si è offerta di accogliere gli sfollati.
Anche il padre di Rimsha ha espresso tutta la sua gioia per la liberazione della figlia. “Il mondo mi era crollato addosso” – ha detto – ma la fede in Gesù “mi ha fatto ritrovare la speranza… Quando ho saputo dell’accusa mi è cascato il mondo addosso. Ho avuto paura… La speranza e la fede in Cristo sono forti ed è lui che ci ha portato la salvezza attraverso il lavoro del ministro e di quanti si sono impegnati per ottenere la libertà di mia figlia… la carità di Gesù è diventata un segno visibile”.
Unendoci al prezioso operato del ministro Bhatti ed alle commoventi parole del padre di Rimsha, continuiamo a pregare perché la libertà religiosa possa finalmente essere garantita ad ogni uomo, specie nella terra percorsa da Gesù più di duemila anni fa, dove invece uomini, donne e bambini vengono accusati, torturati e uccisi sono perché sono cristiani, solo perché amano Gesù.